Tra la fedeltà e la testardaggine, andiamo spesso a Varigotti. A ritrovare Renato Castellani, ingegnere classe 1913, laureatosi col coetaneo Sinigaglia al Politecnico di Milano, così capace di maneggiare m.d.p., attori e soggetti. Con lui siamo giunti al 1943, quando con "La donna della montagna", fece incontrare e scontrare due cuori in due stagioni opposte.
Antro angusto
Grazie ad una proposta di "Iris Prima", ciclo ammiccante "Effetto notte", incontro Émile Couzinet (1896-1964). Più celebre come produttore, questo cineasta, nel 1956, realizzò un classico sentimentale di quegli anni: "La legge mi incolpa" (t.o. "Quai des illusions"). Passione incatenata, emancipazione femminile ancora da concepire.
Falso Facile
Alla lunga, anche Elena si è accorta di aver bisogno di Cinema. Anche in Sala Negri, ma senza pagliacciate, né réclame. Sempre grazie a "Foglio", posso sfoderare senza indugio una pellicola del Burkina Faso, del 1984: conosciamo Ouédraogo Idrissa (1954-2018), formatosi a Parigi, ben saldo ai silenzi e alle parole delle sue origini. Gioie e dolori, distanti e vicini a noi: "Nonna" (t.o. "Yaaba").
La moglie del comandante
Vulo Radev non è un nome che scorre sulle labbra dei cinefili. Nonostante il Leone d'Oro del 1964, doveroso dinanzi alla purezza ed efficacia stilistica mostrata, dal regista bulgaro (1923-2001), con "Il ladro di pesche". Ci pensa "Foglio", colla sua profonda conoscenza, a portare questa lirica pellicola, d'amore e guerra, ad abbellire la rediviva sala Negri.
Inseguire la morte
Nelle serate natalizie andalesi, un buon film chiudeva piacevolmente giornata e cena. Perciò, udendo "C'era una volta il western" e, soprattutto, leggendo Robert Aldrich, col suo fido Burt Lancaster, ho avvisato "Il Dudy", ma sono sceso giù, "da basso", in solitaria tra cavalleria e Apache. "Nessuna pietà per Ulzana" (t.o. "Ulzana's Raid"), del 1972, narra di una resa dei conti mai risolta.
Partire
L'ex indipendente Gus Vas Sant si presente nella "Negri", smaniando per il cast vario e affiatato, con una pellicola di successo sulla gamma di tempi, per nulla sublimati, ma con occhi e busto ben visibili. Se "uno dei registi più sperimentali del cinema mainstream" smette di sperimentare...ne esce "Will Hunting - Genio Ribelle" (.t.o. "Good Will Hunting"), del 1997. Peccato.
Man and...Wife
Nella riaperta sala Negri, il primo appuntamento cinematografico è stato con George Stevens. Autore da riscoprire e rispettare. Non solo perché "Il grande Capo", "L'indiano", fu determinante nel processo di autodeterminazione dei cineasti, ma anche per la sensibilità plastica, visibile, che seppe infondere nelle sue opere. Umanità che forgia pellicole complesse, pregne di tematiche ancora irrisolte: "Il gigante", del 1956, col terzo ed ultimo, ma già irraggiungibile, Jimmy Dean.
La Quarta Classe
Mezz'ora per scrivere dell'ultimo lavoro di Jean-Pierre e Luc Dardenne. I celebri Fratelli belgi, ribadiscono la denuncia di una società i cui fondanti sono prevaricazione e abuso. Lotta per la vivenza che trova in leggi e regolamentazioni la sua abominevole istituzionalizzazione. Nel silenzio assordante di tutti gli astanti. "Tori e Lokita" lottano, vivono e muoiono.
¡A la mierda!
Poi bisogna chiudere forzatamente con Ruben Östlund. Sempre di fino non si può e il regista svedese mette su celluloide senza falsi pudori e imbarazzi, lo scempio d'una società sempre più naufraga di spettacolo. "Triangle of sadness" fa così ridere che lascia una ruga impietosa. Nessun rispetto per chi non sa cosa sia.
(depa)
Autore è l'attore
Anche Frank Capra ha voluto dire addio alla "Valéry" per il suo contributo. L'ultima volta, si è presentato con "La grande sparata" (t.o. "The strong man"), film muto del 1926. Prendeva le misure, il regista emigrato e speranzoso, in mano metro e metronomo. Le interpretazioni travolgenti, slapstick, battevano il tempo.
Spack One
Domenica che, in realtà, cominciò nel segno di Clint Eastwood, o meglio, di Don Siegel. Il duo storico, cinematograficamente parlando, produsse anche il primo capitolo di una saga che risuona nelle orecchie degli ultra quarantenni: "Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo!" (t.o. "Dirty Harry"), del 1971, è un poliziesco avvincente per intreccio ed estetica, col protagonista, sì, già "vera cargona", ma che ancora non ammorbava il proscenio.
Giallo Gemonio
Quella trascorsa una decina di giorni fa è stata, sì, una giornata "Corbucci". Ma era iniziata con Bruno, fratellino minore del parente più celebre che lasciò segni in western e commedie (scomparso esattamente 32 anni fa). Infatti, il canale "Cine34" propose una delle commedie (poliziesche, si fa per ridere) più riuscite di Bruno Corbucci, così ben cucita sul fisico, sulle smorfie e sulle esclamazioni, lombarde d.o.c.g., di Renato Pozzetto: "Agenzia Riccardo Finzi...praticamente detective", del 1979, lo lecchi come un gelato.
Dollarentola
Parliamo delle ultimissime apparazioni nella significativa, storica, insostituibile sala Valéry. Folle abbraccio cinematografico, che poteva congiungere Pozzetto e Capra. Frank Capra venne a trovare Elena, mal ciapo', e me, già inscatolante, col suo "Signora per un giorno", l'originale, quello del 1933. Commedia affettuosa, ancora mollemente credulona nei rapporti di classe, dove le svettano le migliori interpretazioni.
Paura del Boom
Ieri è stato decisamente una domenica Sergio Corbucci. Regista tra il buon mestierante e l'inatteso autore, il romano diresse commedie che, nel bene e nel male, manutengono la sua vis caciarona e satirica quanto il ricordo dei migliori attori italiani del XX° secolo. "Di che segno sei?", del 1975, ricorda anche le penne notevoli di quella "stagione".
Il tempo, la terra
Il freddo nelle ossa, ci respinge verso Franco Piavoli e la sua ricerca di particelle umane, che giunge al gioioso sgomento settimanale: "Domenica sera", del 1963, ha inaugurato una serata dedicata ai corti del poetico regista di Pozzolengo. Il trascorrere del tempo e dello spazio nei versi affini della Settima Arte.
Non capire
Tutti a bere criticamente, domenica pomeriggio, tra una scatola e l'altra, ho preferito passarla con Sydney Pollack. Il regista mi ha circondato di rum, donne e tavoli da poker. "Havana", del 1990, è un romanzo d'amore al centro, con la rivoluzione cubana attorno. Bildungromance d'un americano. Giocatore, donnaiolo, fancazzista come tanti, Robert Redford vedrà l'amore e oltre attraverso gli occhi di un sentimento di giustizia inesprimibile.
Davanti a un piatto
Nella "Valéry", sere fa, si cercava una pellicola ma leggera, da tenersi addosso nel primo freddo dell'anno. Tra le ipotesi, spicca nuovamente il nome di Ettore Scola. Può andare, tessuto caldo sui casi propri che ogni animo sensibile, e non, si porta appresso, dalla trama genuina, dalle fantasie vivaci. Buon appetito, "La cena", del 1998, si può anche mangiare, coi suoi appetitosi stuzzichini.
Baby is business
All'"Ariston" per "Broker", di Hirokazu Kore'eda. Il regista giapponese, la cui filmografia è sotto la lente del fidato "Foglio", prosegue il suo viaggio fuori patria, ritornando però al tema, a lui caro, del legame di sangue. Sfruttando, non a fondo, uno dei tanti, assurdi e disumani, servizi che i moderni Stati offrono. Commedia leggera, picarescamente tra le piccole-grandi tempeste famigliari.
Falla e ti aspetta
Dopo mesi, torna Josef von Sternberg. Il raffinato quanto spregiudicato autore viennese, nel 1941, realizzò una delle sua opere più ispirate. Arte cinematografica consolidata, fatta di intensi travolgimenti, cui grandi e piccole donne e uomini inconsapevoli si uniscono. "I misteri di Shanghai" sono quelli d'ogni Babilonia.
Tra tradizione e autorità
"Gli orsi non esistono" di Jafar Panahi. "La prima del film è avvenuta il 9 settembre 2022 in occasione della 79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Il regista non ha potuto presenziare alla cerimonia perché è stato arrestato nel luglio 2022 e condannato a sei anni di reclusione per propaganda contro il governo iraniano.".
Amour au contraire
Fu Bubu di Portland a spingerci verso la filmografia di Ettore Scola. Lungo la celluloide del regista di Trevico, nella "Valéry", ci siamo imbattuti anche nella sua "Passione d'amore", del 1981. Pellicola letteraria, da "Fosca" dell'alessandrino Igino Tarchetti (1839-1869), il bello e la bestia nelle caserme del XIX° secolo: un sentimento frustrato così forte da travolgere tutto ciò che è alla vista.
Scarti d'orologio
Il Cinerofum segue i consigli di chi si imbatte nel suo tragitto. Claudio "Lumiére" ci ha segnalato "un buon film boliviano", quindi, senza farsi pregare, Elena ed io addirittura presso l'odiato "Corallo", a toccare con mano "Le terre dimenticate" di madre lingua quechua raccontate da Alejandro Loayza Grisi, trentasettenne di La Paz: "Utama".
Occhio al diavolo
Serata stanca, dopo un cinema senza mordente in zona di villeggiatura ducale, nessuna voglia di un film che offra qualcosa di più di "The Italian Job" (2003), liberamente ispirato all'originale, tutto "colpi" e motori, del 1969. Accogliamo nel 'Rofum, senza entusiamo, il regista e produttore newyorkese, 1969, Felix Gary Gray, dalla filmografia ormai contaminata (male).
Fuori è meglio
Non avevo ancora finito di parlare con Aoyama Shinji. Il talento giapponese, conosciuto nemmeno-a-dirlo grazie a "Foglio", capace di complicate, raffinate narrative psicologiche, nel 2002, film per la [TV], smorzò i toni, tenendo la m.d.p. più in bolla che mai. Nella nostalgica saga poliziesca del suo "The Private Detective", sta "Mike Yokohama: una montagna senza nome". Ironico, non troppo.
Sin gravitación
Quando la Elena dà forfait, al contrario, mi addentro tra le proposte più oscure di "Foglio". Delle due uruguaiane, la prima è "25 Watts", del 2001. Pellicola dai canoni indipendenti noti, ben rispettati, scritta e diretta a cuatro manos da Juan Pablo Rebella (1974-2006) e Pablo Stoll (stessa classe), chiacchiera del vuoto a perdere esistenziale, e generazionale, che affligge le eleganti città metropolitane.
Vetrine Stelle
Sganciatasi Elena, consuetamente refrattaria agli intimismi svolazzanti, agli esistenzialismi agonizzanti di certo cinema francese, mi ritrovo tête-à-tête con Agnès Varda. Lei, io e Cleopatra, fiore fragile della parigi sfavillante. Star in carriera, assorbirà il brutto colpo, in poche ore, nonostante o grazie al vacuo chiacchiericcio che non buca le braccia. "Cleo dalle 5 alle 7", del 1961, si aggirava crucciata tra i quartieri benestanti.
Raccontaci chi erano i Beatles
Ciao 'Rofum, com'e'? Ogni tanto ne vedo uno che risveglia in me quel vecchio piacevole istinto di scriverci su... ;) Pubblica, dai...ci tengo...ma solo dopo avervi dato un'occhiata (se non l'hai visto, non ci sono spoiler e ti suggerisco di farlo) che oramai ho difficoltà con entrambe le lingue! 😝 Un abbraccio.
E come si fa? Come si potrebbe? Ma certo che inoltriamo, al nostro enorme pubblico, le attese impressioni dell'unico Bubu che c'è:
Quando, nel 2019, è uscito "Yesterday" di Danny Boyle, ha fatto parecchio rumore e non poteva essere altrimenti, vista la popolarità dell'argomento: i 4 ragazzi di Liverpool; John, Paul, George e Ringo; i Beatles.E come si fa? Come si potrebbe? Ma certo che inoltriamo, al nostro enorme pubblico, le attese impressioni dell'unico Bubu che c'è:
Ciambelle francesi
Il 'Rofum ha già conosciuto Agnès Varda, grazie ai due recenti, ultimissimi, documentari che l'hanno vista partecipare con la sua poetica, raccontare la sua traiettoria. "La Pointe Courte", del 1955, è l'atteso, anche per il 'Rofum, esordio della regista belga, ventisettenne che mai più chiuderà il sorriso. Asprognolo racconto d'una borgata occitana mediterranea, dove le parigine soffrono non in silenzio. Fresco intenso lavoro con cui il celebre caschetto castano, poi sempre più bianco, propose la sua idea cinema, attenta ai gattini, come ai dolorini delle spose, smarriti.
Magia amara
A parte il troppo paradisiaco cinema proposto da "Foglio", lo ringraziamo ancora. Chissà se ci saremmo imbattuti nelle "Voci nel tempo", del 1996. Sì, nel pieno dell'ultima decade del disastroso secolo scorso, Franco Piavoli, Pozzolengo 1933, riusciva a scorgere lame dolci dolorose di luce naturale, ancora umana. Una scoperta così piacevole, affine ai nostri ultimi percorsi, che Elena crolla, in sala Valéry, di fronte a questo emozionante epopea dell'esistenza: struggente memoria dei luoghi vissuti, così cambiati, e degli affetti cari, per forza scollinanti, come la luna d'ogni notte.
Peccato di nulla
Ci fiondiamo in-extremis, bramosi zombie di sangue di celluloide in salsa di sala. Ma niente, sugo maccaronico con cumino. Dall'amata Corea del Sud, una pellicola per nulla elegante, nonostante, o forse proprio come, le borse Luì Witton. "Nido di vipere" (t.o. "Beasts clawing at straws") annaspa negli escamotage consunti per uscire dall'apnea.
Ririto quanto detto, Marigrade, bloccami, e non entrerò.
(depa)
Hypocrisy Island
Terza volta che mi imbatto in Alexander Payne, l'autore che alla pagina 601 di quella che chiamiamo "Bibbia" (made in U.S.A.), quindi della nuovissima generazione di cineasti, viene marchiato come "uno dei talenti più brillanti emersi recentemente a Hollywood". Il non più giovane-né prodigio regista del Nebraska, nel 2011, agguantò l'Oscar alla sceneggiatura non-originale con un cine-romanzo socio-ecologico "dem". Attento alla facciata dei piccoli sentimenti, dimentico d'ogni questione fondante. "Paradiso amaro" (t.o. "The Descendants").
Piccoli bassi
Lo scorso mese ci ha visto correre, Elena ed io, verso l'"Ariston" in San Matteo a raccogliere i brandelli della distribuzione cinematografica italiana. Serata giapponese, cena semplice, pellicola analoga, con la giusta ironia, che la strada dell'emancipazione, della protagonista e di tutti, è irta di ostacoli familiari. "Love life" è il settima od ottavo lungometraggio del tokyota, classe 1980, Kôji Fukada. I francesi nel cuore, nella mano del cineasta uno stile pulito, ironico, provocatorio.
Delitto sospeso
Sei anni che Peter Weir non metteva "piede" nella sala Valéry. A fargli compiere il passetto è stato il canale Iris che, nel ciclo "Serial Thriller", del regista australiano ha voluto inserire "Witness - Il testimone", poliziesco compassato e intimista. Religioso direi, con tanti hamish che camminano, e accorrono, sulle note di Maurice Jarre, ed Harrison Ford crucciato davanti a due occhi grandi. Bell'esercizio.
Umano affanno
Il "Foglio" indica il sentiero italico, che noi seguiamo mano nella mano con Ermanno Olmi. Il regista della bassa pianura padana coglie poetiche, metriche e sensibilità di Joseph Roth, "limitandosi" si-fa-per-dire rappresentare il narrato. Il risultato è del 1988, quando "La leggenda del santo bevitore", come i migliori romanzi, intrattiene e insegna molto sui peccati, terrenissimi, che affliggono noi uomini piccolissimi. Leone d'Oro a Venezia.
Melòria
E chi se la dimentica l'uscita dal cinema, in quel trapassato prossimo del 1988 (quindi '989 chissà!), settenne dilaniato dalla commozione più immediata, fragranze dolorose di tempi ed affetti, "Nuovo cinema paradiso" a ferire la carne attorno a tutto quel che mi pareva caro. Riguardandolo dopo 34 mostra le corde d'arpa e violino con Giuseppe Tornatore, ormai da sempre, ci tormenta. Scelta e incapacità. Tant'è che "Foglio" ne parla...
Pure apparenza
Fedeli alla ex-celluloide, perdoniamo a David Cronenberg gli ultimi blandi tentativi. Radio cinema parla di un ritorno ai temi classici dell'autore, dove i corpi diventano un problema, essendo merce come un'altra. E dice bene: visioni forti, per stomaci aperti, "Crimes of the future" è una svergognata e realistica iperbole, come ai tempi nuovi.
Ecce Civis
Torna il Cinema in Piazza, organizzato da "Alcuni ragazzi del quartiere". In quella "della Stampa", ormai un mese fa, l'occasione è stata per parlare di conseguenze del Capitale, tra avvelenamento ambientale e relazionale. Gentrificazione apocalittica, per esempio, tutt'altro che distopica: "cacciata dei poveri dai quartieri" che sta trasformando la convivenza nei centri città. "Mondocane", pellicola del 201, del romano classe 1976 Alessandro Celli, calza a pennello.
Immaginoccupazione
Da una soffiata inattesa di Claudio "Lumière", nasce un sabato pomeriggio seduti di fronte ad "un buon film da vedere anche se la tematica non è nuova". Concordiamo, Elena ed io, "200 metri", dell'esordiente palestinese (Tulkarm) Ameen Nayfeh, racconta bene fatti ormai tipici di quella cinematografia. L'assurdo diviene la norma in tempi e luoghi d'occupazione. La resistenza uno stremante quotidiano.
Sassi tritati
La "Valéry" sola e abbandonata si rifugia nelle ormai consuete atmosfere dell'Ovest Lontano, Nuovo Messico addirittura! Nel mezzo della battaglia tra Apache occupanti. Dopo quasi un anno incontro nuovamente George Sherman, ritrovando nell'esperto regista newyorkese medesime attenzione e cura. "Kociss, l'erore indiano" (t.o. "The battle at Apache Pass"), del 1952, è corretto anche politicamente.
Irruzione
Sulla lunga e appassionante colonna cinematografica proposta da "Foglio", etichettata "Italy", con Elena ci ritroviamo al centro del 1970. Anno in cui Vittorio De Sica, indossati panni d'altri, sfogliò le pagine dell'amore al tempo del nazismo. Orso d'Oro a Berlino 1971, "Il giardino dei Finzi-Contini" è un ricordo ovattato, dolce dentro, d'acciaio fuori, nella Ferrara infestata dai fascisti.
Buono rimane buono
Anche il canale "TV 2000" può farcela. A proporre pellicole che, a modo loro, hanno segnato e possono farlo ancora, quando le sale piangono. "Il miracolo della 34a strada", celebre pellicola del 1947, scritta e diretta da George Seaton (1911-1979), è cinepanettone gustoso, senza bisogno di conservanti o aggiunta di zuccheri .
Retor de Vie
Come vi ho detto, Elena scorre i nomi dei registi in TV. Sento Joel Schumacher (1939-2020) e mi chiedo se, magari (SEE, MAGARI!"), potesse valerne la P. Del 1996, "Il momento di uccidere" è un legal movie, su base razziale, con cast corale che robora le attese, che sono ancora lì...
Mente Immota
Mentre le strade di Grecia, Cile, Siria, USA, Sri Lanka, Germania e altrove brillano di fiamme sovversive contro un sistema del tutto prono alle logiche del profitto e della prevaricazione. Quando lacrime e rabbia sono ancora vivi per i morti nel carcere di Modena nel 2020 e le botte di Santa Maria Capua Vetere (105 indagati), in Italia, tramite gli attori Toni Servillo, Silvio Orlando e altri si perpetra l'anacronistica retorica dei buoni e dei cattivi, delle mele marce in mezzo a tanto ben-di-dio. "Ariaferma" arresta il tratto critico e artistico degli odierni autori italiani. Cazzi dell'ischitano Leonardo Costanzo, mannaggia a lui, che 10 anni fa mi aveva decisamente fregato.
Jessica Inguine
Elena segue la stessa strategia (di chi?) e allunga la mano nel cespuglio televisivo, sia mai (mi ripeto, con queste Sale...). Dice "Il postino suona sempre due volte", del 1981, quindi pronuncia Bob Rafelson. Quanto ho cercato un appuntamento col newyorkese? Otto anni, per ritrovarlo rimaneggiante una celebre e omicida sbandata. Come ricordavo, attento ai minimi moti, come a quelli tellurici, dello spirito.
Fuori Saturno
Balzello inatteso sul sentiero italiano tracciato da "Foglio". Colpa di RaiPlay che qualche colpo ce l'ha. Atterro nel 2013, quando Gianfranco Rosi di Asmara iniziò a stupire critiche e platee coi suoi documentari eterei e concreti, sospesi e urgenti. Lo storico Leone d'oro venne con "Sacro GRA", ode agli invisibili, frammenti differenti ma splendidamente sintetizzanti un unico GRANDE e devoto fallimento.
Fragili Fori
Domeniche d'agosto, di tosse, vermentino e Ugo Tognazzi. Diretto Oltr'Alpe (marittima) dal francese Édouard Molinaro (1928-2013), l'attore cremonese vi mise il conturbato e ironico cipiglio, lasciando al partner il ruolo di mattatore. "Il vizietto", del 1978, è una celeberrima commedia, fresca per temi, leggera per toni; si ride su tabù, stereotipi e demagogie.
Disposti a
Quasi quattro anni che non incontravo Joseph Leo Mankiewicz (dov'era, Sampierdarena?). L'autore da salotto bianconero, nel 1970, realizzò il suo penultimo brioso film con far sfoggio dei suoi "scambi di battute brillanti e buon rapporto con gli attori". "Uomini e cobra" (t.o "There Was a Crooked Man...") pellicola da vedere, rivedere, cogliere e raccogliere. Ché bastava "poco".
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