Lutto di brutto

In questi giorni nelle sale, che non perdiamo di vista, una pellicola romantica nella delicata dimensione LGBT. Cinematografia desiderosa di raccontarsi, "Estranei" di Andrew Haigh (già incontrato in un weekend del 2016), ribadisce difficoltà e superamenti di un amore ancora troppo impossibile nella Società delle Fobie.

Harmony Science

Altre volte, invece, Elena pretende fast-cinema da consumare senza leggere l'etichetta. Il canale "RaiMovie" concede il palco al regista newyorkese, classe 1960, Jeffrey Nachmanoff. Una manciata di film, tra i quali il fantascientifico, nanotecnologico, "Replicas", del 2018. Le questioni etiche sottostanti le scienze del dominio, passano in cavalleria. L'egoismo riscuote baci e carezze. 

"Bisogna viverlo"

Veniamo alla nostra personale Palma, Leone, Goya e altri Orsi 2023. Meglio non ripensare ad "As Bestas" (2022) rischiando di rizzare nuovamente i peli di un corpo in estrema tensione su di una terra a scatafascio. Già da un po', per vedere un film spagnolo ho bisogno di meno carica che per un francese (gravitazioni cinematografiche), ma ringrazio la determinazione che non ci fa sedere bensì sedere-in-sala, perché il film di Rodrigo Sorogoyen ha la potenza rara di un cozzo duro tra comunità autentiche. L'integrazione ai tempi del capitale, offre le ragioni per ammazzare.

Blowing Bibbles

Elena pronuncia "Nicholas Ray" e ogni dubbio sulla visione pre-pasquale svanisce. Anche trattandosi di uno [storico], definito dal text di "Rete4", "kolossal religioso spettacolare hollywoodiano". Del 1961, "Il re dei re" è Gesù Cristo superstar, i primi concerti, l'acclamazione, la caduta per tradimento del batterista. Rido per non piangere. Ma il taglio è solenne, sul serio.

Ultima e per sempre

...ma ancora non era l'ultimo "nostro" Woody Allen. Ma giunse quel giorno. "Alice", del 1990, chiude per noi alla perfezione la visione dall'alto della preziosa e compatta filmografia di questo autore cinematografico. Ritratto di donna delicatissimo, con l'ironia in grado di accarezzare più a lungo di effimere e travolgenti emozioni.

Amori differenti

Il compleanno al TriesteFF era iniziato con la sezione "Fuori sche(r)mi", che, a detta della curatrice, "accoglie nuove prospettive di cinema, nuove forme di lunghezza, di visione, libere e originali. Si inaugura con questo film fresco": "Cherry Juice", scritto, diretto, montato, disegnato e interpretato dalla serba, classe 1989, Mersiha Husagic. Dall'aria semplice, sotto nuvole cupe, l'amore sui resti di una guerra, si rivela un complesso e fiducioso punto di partenza.

Le gioie di prima

Pudore reverenziale superato, con Elena abbiamo lasciato entrare nello Studio Negri le vivaci nudità de "I racconti di Canterbury". Da Geoffrey Chaucer a Pier Paolo Pasolini, dal 1388 al 1972, la giostra dell'eros percorre i secoli, inciampando e scartando, tra urla rabbiose e grida gioiose.

Tesoro di mamma

Leggo [Western] e Raoul Walsh, quindi mi fermo davanti a "RaiMovie". Interessante in filtro negativo, "Un re per quattro regine" (1956) racconta di pellicole che, dietro firme autorevoli e star acclamate, seppur sul boulevard declinante, furono "primo e ultimo progetto della compagnia di produzione fondata dall'attore con l'intenzione di affrancarsi dal sistema delle majors". Goffi tentativi d'emancipazione artistica. Troppo tardi, troppo presto.

Social less

A conclusione di un terzo giorno di Trieste FF a ritmo serrato, ancora in piedi in "Sala Rossetti" a vedere "Observing", dello sloveno Janez Burger. Paranormale è l'indifferenza cui il tele video ci ha assopito; sorveglianti di immagini a distanza sulla morte del vicino. Tecnologia è omissione di soccorso.

La donna del generale

Gemello minore del western visto poco prima, "El Verdugo" (t.o. "100 rifles"), diretto dall'altro buon artigiano Tom Gries, è però aizzato dai venti rivoluzionari che attraversavano il 1969. Emancipazione razziale, femminile, sociale. Molte cose da dire, confusamente, ma ancora col sorriso.

Condizione della gonna

Nello stesso anno, 1964, mentre nel Lontano Ovest, scanzonatamente, si battibeccava per tre fucili e qualche ammazzato, in Europa, Francia, Jean-Luc Godard inquadrava "Una donna sposata". Grazie ai soliti dell'"Altrove", in pellicola nei caruggi, alcuni lavori del mentore politico della Nouvelle Vague. Tra cui questa, con lo sguardo smackato sulla pelle di moglie, contesa e indecisa. Fortunatamente "Una",  anche se splendida e divisa.

Terra di vendetta

En passant
, rincontro volentieri Gordon Douglas e i suoi western ben confezionati. Avventure del remoto e pericoloso West che intrattengono con elegante brio. In "Rio Conchos", del 1964, la violenza impazza per odii e vendette ancora ribollenti. Accecati, difficile fidarsi, di amici, commilitoni, persino se stessi.

Radici spente

Al terzo giorno di TriesteFF, la serata è incominciata con la visione di "Stepne" della regista esordiente ucraina, classe 1982, Maryna Vroda. Pellicola rigorosissima, dal taglio documentaristico, su tempo e sradicamento, anche per secolari inamovibili. Spenti sulle proprie radici.

Proteine essiccate

Mica vado all'"Ariston" col coltello tra i denti. Per il "nostro" quarto Alexander Payne, aspetto il noto "autore brillante e regista di commedie satiriche". Ammiccante nei "commenti sulla vita americana di periferia", attraverso "dialoghi brillanti e ottime interpretazioni", come in "The holdovers" (s.i. "Lezioni di vita"). Commedia degli sfigati alla riscossa, dolceamara come un college vuoto. I buoni sentimenti insegnati sulla pelle delle caricature in scena. Crescita d'un prof, sempre tardiva. Maturità d'un figlio di papà, sempre teatrale. La raffigurazione ecumenica, pacata e irascibile di Payne convince*.

Ritorno ai soprusi

Tra i film del 2023 da "recuperare", c'è anche "Io capitano", fresco di eliminazione dagli "Oscar". Quasi in semifinale, diciamo. Permettendo, comunque, a Matteo Garrone, di raggiungere il buon risultato che merita il suo lavoro di testimonianza. Tappa-buco della rotta degli emigrati subsahariani, a modo suo, senza calcare attorno alla disumanità di una piaga sociale del nostro tempo. Talmente si staglia in rilievo la responsabilità dei cosiddetti governanti.

Un amore mancato

Ieri in Sala Porty (Port Antonio, Jamaica!) io e Mateo ci siamo goduti "One Love" (2024), film biografico che narra della vita della leggenda del reggae Bob Marley, scritto e diretto da Reinaldo Marcus Green.

Scuola di potere

Il terzo film del terzo giorno, trascorso all'ultimo TriesteFF, ha previsto l'esordio della regista rumena (Cluj, 1982), cresciuta in Ungheria, Katalin Moldovai. Da lei scritto e diretto, "Senza aria" è una pellicola sociale sull'insegnamento ai tempi dei sovranisti. Pedagogia declinata coi valori cari al padronato, in una pellicola solida per tematica e realizzazione: che pena per docenti e studenti. E per genitori. E per giornalisti. E per governatori.

Spasimi all'esofago

Giunti al completamento della filmografia di Woody Allen, con un fondo di scoramento ci siamo diretti nello Studio Negri. Rimandando a fine visione tributi e rievocazioni, i toni si sono ben presto risollevati. "Tutti dicono I Love You", del 1996, è una commedia musicale, orchestrata da maestro cui non sfugge una nota delle segrete, e bizzarre, melodie dell'amore.

Lie frags

Forse causa assenza lungometraggi, alle 16 di giovedì 25 gennaio eravamo finiti al Politeama Rossetti. E' stato divertente presenziare del Concorso Cortometraggi dell'ultimo TriesteFF, curiosi spettatori della "Compilation 2". Un'ora e mezza totale, spezzettata in sei lavori diversi per durata e fattura, ma uniti dal materiale, quello dei corti, denso e compatto come pietra da scagliare.

Capital teaching

Ormai Elena trascina me nelle sale. Ieri sera, per l'altra pellicola papabile nei cinema di queste settimane. Diretto dal tedesco di origini turche, classe 1984, İlker Çatak, "La sala professori" è un buon film che, nel raffigurare il marasma d'incapacità del sistema pedagogico, alla campanella finale non chiude la lezione. Denuncia, come cuginetta Guerra, porta solo merda (l. odio (malriposto)). Sull'istigazione alle stesse si regge il nostro sistema autoritario e gerarchico.

Sembrava un cretino

Nei giorni scorsi "RaiPlay" ha messo in chiaro le doti da Oscar di Frank Capra. Il regista di Bisacquino, "tra più importanti dell'epoca d'oro di Hollywood", nel 1936 dispiegava il suo tipico ottimismo, sul limitar dell'ingenuità, attorno ai non ancora "rincretiniti". "È arrivata la felicità" (t.o. "Mr. Deeds Goes to Town") commuove come la defraudata giustizia.

Poca luce

Ma l'ultimo film visto nelle sale, nel 2023, era firmato niente pop di meno da Aki Kaurismäki. Eravamo ben in cinque al "Sivori", in pellegrinaggio verso la 18a pellicola del regista finlandese. "Foglie al vento" mostra un'altra esemplare "marcia bassa", da autore maturo. Non certo stanco, semmai capace di sfrondare ulteriormente il suo minimalismo, per risalire al sentire dei nostri tempi. Rintocchi guerreggianti dispergono particelle di angoscia nell'aria. Piccoli esseri ascoltano, tirano avanti, sfiorandosi in solitario moto browniano.