Kiroku

Boom
! Data la difficoltà di soddisfare le due girls, lascio prendere le decisioni a Mino. Che sfodera un autore che lascia la "Valéry" a bocca aperta, per pulizia registica e forza espressiva. Con Masaki Kobayashi (1916-1996), "cintura di tutti i colori" di Cinema, vengono in mente molte grandi firme cinematografiche, per poi stagliarsi la sua, poderosa e innovativa. Istantaneamente. "Kwaidan", evocando terribili "Storie di Famtasmi".

"Oh Roy..."

A breve distanza, un'altra pellicola di Raoul Walsh, elegante quanto efficace firma statunitense. Nel 1941, Walsh diresse Humphrey Bogart e Ida Lupino in un noir dall'intreccio così scontato da dover chiamare tutta la sua, e loro, maestria, per trasformarlo in una rarità. "Una pallottola per Roy" (t.o. "High Sierra") Dal "cofanetto" di Frd, sempre più insospettabili gioielli.

Farsastorie

Incontrare Robert Altman può comportare svariate visioni. Come solo i grandi autori sanno fare, può alzarsi sul genere, giocando coi canoni, irridendo una Nazione. Con "Buffalo Bill e gli indiani", Orso d'oro 1976, una commedia grottesca diviene un potente J'accuse, il western più folle, il più intelligente.

Muy semplice

Inattesa e intrigante quest'avventura nel western sociale, tirato per la camicia (bianca, sporca, strappata), dal buon FrD. Gli antieroi fuoriusciti dalla mente dei registi italiani di quegli anni non le mandavano a dire. Ancora Sergio Corbucci, con "Vamos a matar companeros", del 1970, come potete immaginare, prima divide i carrarmatini, poi chiede di scegliere il colore.

Dune spezzate

Da un DVD "Ermitage Cinema" di Marigrade, una proposta che stazionava se non proprio dal 1930, da lungo tempo. In quell'anno Josef Von Sternberg diresse una coppia di attori fatali memorabile, lasciando in "Marocco" due vite intensamente spezzate.

A norma di legge

Almeno un anno che non incontravo Sergio Corbucci. Bizzarro, viste le miglia percorse nella polvere del Selvaggio Ovest. Ci voleva un colpo di Frd, occhi attenti al sociale, per imbracciare il fucile e, con "Il grande Silenzio", del 1968, procedere con la Vendetta.

Nevada Express

Cavalcando per il Lontano Ovest, lo sapete, ci si può imbattere in chiunque. Abili mestieranti, immersi nella boscaglia innevata, a raccontar di soldati e indiani, politici avidi e agenti incorruttibili. Nel 1975, fu Tom Gries (1922-1977) ad assumersi l'onere d'un affettato western giallo, con vari assassinii sul Nevada Express, e cento piccoli indiani minacciosi. Il risultato, "Io non credo a nessuno" (t.o. "Breakheart Pass") non è tutto da buttare.

Duro away

Questo mese è stato uno dei più fruttuosi. E' la strada giusta. Domenica scorsa, temerari, eravamo in due a rendere omaggio. Al Cinema, a quello sopraffino di Wong Kar-wai, che nel 1988, esplose ingenuo e immaturo ma figo come un macho, costretto a precipitare. "As tears go by".

Cielo terra

Lee Chang-dong è ormai uno del Cinerofum. Nel 2007, il regista sudcoreano, al suo quarto lungometraggio, si espresse in un film puramente drammatico, senza sterzate, ma colpi ricevuti, subiti e incassati. Dolore e perdono, in un discorso ambizioso raggiunto a metà. "Secret sunshine".

Sandali e ossa

Gli appuntamenti settimanali in sala Valéry stanno assumendo carati. Quant'era che, dal Cinerofum, non passava Kenji Mizoguchi? Nove anni, diluiti in quattro spettatori, due Elene rivolte a "I racconti della luna pallida di agosto", del 1953, per una proiezione...di classe.

Il Cuore della Storia

La passione per Aki Kaurismäki ci ha sospinto oltre la sua filmografia. "Le mani sporche", film TV del 1986, è un'esperienza nuova. Gli Ultimi del finlandese, gerarchia sociale o politica che sia, ritrovano la parola. Botta e risposta chiari, concetti e fatti.

Non la tieni

Tra i primi grande narratori di storie cinematografiche, il danese August Blom, nel 1910, raccontò un'altra (dis)avventura subita da una donna. Ma le donne del regista danese, determinate e determinanti, con l'aiuto di tutti,­ chiuderanno in abbracci. "La tratta delle schiave bianche", tra i primi mediometraggi, è uno dei thriller graffianti di Blom.

Avanti Cinema! 41

Sono commosso. E onorato. Edwin Stratton Porter (1870-1941) in persona a farmi gli auguri di compleanno. Uno dei padri del racconto cinematografico, ringraziando per il dono di Elena, si proietta da solo, iniziandoci a quest'arte capricciosa. "La grande rapina al treno", del 1903, è il più celebre esempio della volitiva fretta dei primi cineasti. Ma, trade Thomas A. Edison mark, non è l'unico punto verso cui puntare l'obiettivo.

SpiaSpia

Alberto Sordi anche regista. E capace. Abilmente teso tra intento comico e moraleggiante, ci ha lasciato spassose e memorabili denunce. Perciò, quando il faldone diviene un cagnolino che non esce dal salotto, come "Io so che tu sai che io so", del 1982, la noia potrebbe fa capolino. A condizionare, però, ci pensano i due istrionici protagonisti.

Arigatō

Il Cinerofum chiude col Takeshi Kitano classico, dalla poetica autoriale per la quale fibrilliamo internazionalmente. Poi si vedrà. Al terzo film, del 1991, il regista giapponese mise un attimo da parte pistole, per una brezza leggera e silenziosa, che soffierà lungo tutta la sua filmografia. "Il silenzio sul mare".

Azadî

Convinti sia il percorso giusto, vagando con metodo nel cinema del passato, in cerca di novità. Voltandoci, sguardo nel Foglio retrovisore, alle grandi firme turche, si scorge ­"La strada" ("Yol"). Palma d'oro 1982, scritto e diretto, dalla cella del carcere, da Yilmaz Güney (1937-1984). Pellicola unica, andamento e poetica sopraffini, un racconto della memoria che, da quello dei curdi, arriva a tutti i genocidi.

Tristern

Scrivere veloce su "Gli indomabili dell'Arizona" (t.o. "The rounders"), ché per questo western di Burt Kennedy, del 1965, c'è poco da spendere. Duetto di scafati illustri, un burbero cavallo catanese, bollino rosso per quattro chiappe al vento. Il mio secondo incontro col regista del Michigan è una pernacchia che non fa ridere.

Bluff e ribellione

Ieri sera, prima della abbagliante visione di cui si scriverà, con Mino si accennava a Paul Newman (sempre per quella mia mancanza). Spesso viene fuori "Nick mano fredda", del 1967, diretto da Stuart Rosemberg (1927-2007). Altro film cucito addosso al corrucciato interprete, in questa pellicola elegante e intensa, nel fango umano del sistema carcerario: il suo Nick resiste, "pigliando in giro tutti, con l'istinto del bluff e della ribellione".

Sete infernale

Dal Foglio, "Giorni perduti", del 1945, di Billy Wilder. ""Palma d'Oro"", quattro Oscar, migliori film, regista, sceneggiatura non originale e attore protagonista. Testo difficile, alla première il pubblico si aspettava di ridere. E uscì presto. Titolo originale "The lost weekend", ma tre giorni non smettono, vissuti all'inferno.

Stesso dio, stesso...

Non dimentichiamo August Blom. Il regista, attore e "direttore di cinema fino alla propria morte", di Copenaghen, che tanto ispirò il cinema muto internazionale. Nel 1911, questo appassionato autore danese diresse un thriller a sfondo passionale: "Vittima dei mormoni".

Il boss e il campione

Ai primi del 2022, Takeshi Kitano è già con noi. Il regista giapponese dalla poetica tenera e violenta, con "Kids return", del 1996, parlò di amicizie di quartiere e sogni di ragazzi lungo i sentieri della vita. Schematico e ripetitivo, come la boxe (lo sport), sulle labbra lascia lo zucchero amaro, tipico dell'autore, d'un tempo sfuggito. Indubbiamente Kitano, non il migliore.

Lavanda e sangue

Sento sperone e scendo nella polvere. Mentirei se scrivessi che è per Robert Parrish (1916-1995) che bazzico i saloon. Colpa di John Cassavetes, nel 1958 ventinovenne talentuoso, pronto a sparigliare le carte con la sua travolgente inquietudine. Al regista della Georgia il merito di aver ben gestito, nel western "Lo sperone insanguinato" (t.o. "Saddle the wind"), oltre alla scalpitante carica drammatica dell'attore newyorkese, anche un soggetto rischioso.

Infame dentro

Una proposta che arriva dal Foglio diviene nota preziosa. Quella del regista turco Metin Erksan (1929-2004), che nel suo taccuino, nel 1964, annotò "Orso d'oro" al Festival di Berlino. "L'estate arida", tra le poche pellicole espatriate, ha tutte le caratteristiche del capolavoro da premiare. Fotografia cesellata quanto scattante, scrittura solida senza coup di testa. Solo magistrale uso del mezzo cinematografico, diretto con acume nella direzione voluta.

Molto beeeeeeeeeee

Che tranvata. Dopo il colpo di fulmine per Tsai Ming-liang, trascino Elena per un'orgia dissacrante, poche chiacchiere, sentire profondo. Mi ritrovo con un Leone d'Oro in testa, una mano che crolla dal divano, una carrellata di quesiti irrisolti. Del 1994, "Vive l'amour", è............un po' tirato.

Strano piace

Sentire Elena che dice "Un altro Ernst Lubitsch?", è poco credibile (azzeccare il nome...). Ma è successo. Dopo sei secondi inserivo il DVD del sestultimo dell'autore dal tocco che tutto può sfiorare, senza rompere, anzi divertendo, nei modi competenti. "Quell'incerto sentimento" (1941), non dà sicurezze, ravviva i giorni di chi ne ha troppe.

Apiedi

Metodo, ci vuole metodo. Se diciamo Roman Polański, ne guardiamo uno. Anche quando l'autore parigin-polacco, scarico di idee, si rifugia nelle buie sporche stradine vittoriane a seguire i passi degli sfortunati e cattivi personaggi dickensiani. "Oliver Twist", del 2005.

Rendi e scappa

Ormai è Elena che spinge. E' lei che comanda, ancora, Aki Kaurismäki. Il quinto film del dolce, caldofreddo, autore finnico ribadì i cardini del suo personale stile. Secondo appuntamento coi perdenti, personaggi rosa e neri per un giorno: un'altra goffa rivalsa, finita bene. Con "Ariel", del 1988, Kaurismäki rodava.

Aveva ragione

Un western che potrebbe fare il paio con l'ultimo di Walsh è "La terra degli Apache" (t.o. "Walk the proud land"), del 1956, di Jesse Hibbs. Da poco conosciuto, il regista mi lasciò una discreta soddisfazione, ora dissolta colpa d'un intreccio pedante e noioso. Dove sì, l'integrazione viene ipotizzata ma, si badi bene!, declinata in razza bianca e cristiana.

Al valore piritare

Anche per l'infinita filmografia di Raoul Walsh, un centinaio di film per una carriera che buca il muro del sonoro, esiste il limite ultimo. Il regista newyorkese, nel 1964, si congedò con una pellicola stanca, inaspettatamente in ritardo quanto a tematiche. Western troppo classico, perso tra fideistico militarismo e il suo raffazzonato contrario. "Far West" (t.o. "A Distant Trumpet") è anche l'ultimo da ricordare.

Ecco Aki!

Il contributo dato dal Foglio e, indirettamente, da Simone, alla traiettoria seguita dal Cinerofum, inizia a sentirsi. Grazie a questi, dopo cinque anni, è tornato in sala Valéry Aki Kaurismäki. Fremente attesa per il suo terzo lungometraggio, del 1986, "Ombre nel paradiso". Elena ed io a gustare l'acerba, già succulenta, poetica del raffinato ironico autore finlandese.

Nulla Selva

Ho capito, approfondire Apichatpong Weerasethakul vuol dire scottarsi. Meglio esser rapidi. Nel 2005, il regista tailandese scrisse e diresse un mediometraggio che prosegue per il sentiero dell'autoincensamento, sino a perdersi nel bosco. "Wordly desires" è "experimental project", un'"installation". Apich! Dove vai, torna qui!

Leoni coltelli

Cavalcare, correre e cavalcare dall'inizio alla fine. Per la vita. Per la Revolucion. Incontriamo Sergio Sollima per la terza volta, chiudendo il trittico western dedicato idealmente alla Libertà dei popoli oppressi. "Corri uomo corri", del 1968, è il più "ideologico", sospeso nell'intimo andirivieni del protagonista.

Fogna menzogna

Filmone. Titolo celeberrimo, "La gatta sul tetto che scotta", del 1958, permise a Richard Brooks di dirigere a proprio piacere un duetto, e compartecipanti, composto da sommi interpreti. Un dolore dentro che brucia l'anima, nemmeno un appiglio tra pareti rese scivolose dalla menzogna.

La legge della legge

Le spumeggianti vicende, finite in malo modo, narrate nel celebre film di Jacques Deray sulla determinata ma gioiosa mala marsigliese, trovarono prosieguo in "Borsalino and Co.". Assente giustificato Belmondo, il tutto si fa più cupo e distruttivo. Secondo me guadagnandoci, dato che pecca fu proprio l'eccessiva leggerezza del primo racconto. Dipende dall'umore.

Guardie d'oro

Le incursioni del Cinerofum nel western, o viceversa, non cennano a cessare. "Vivo per la tua morte", del 1968, ci fa conoscere Alex Burks. Ovvero il regista Camillo Bazzoni, scomparso poco più di un anno fa (1934-2020). Operatore alla macchina, al primo dei suoi tre cimenti, l'emiliano dimostrò di saper gestire intreccio, attori, immagini.

Diversivo

Appena finito di vedere "Frantic", in sala Valéry, soddisfazione per due ore di cinema curato e avvincente. Thriller del 1988, in esso Roman Polański reinfuse quella suspense da brivido freddo, con intrigo mediorientale, che lo rese firma riconoscibile.

Ombretto Sangue

Simpatia quasi illimitata per gli scalpitanti autori sudcoreani. Può capitare, però, qualcosa non scatti. Spesso con Park Chan-wook, l'autore che nel garbuglio cervellotico cerca sensazioni e immagini più forti. Del 2005, "Lady Vendetta" (t.o. "Sympathy for Lady Vengeance", in effetti più indicativo dell'ambizione dell'opera) è un bellissimo rompicapo, i cui pezzi sono tenuti assieme a fatica.

Droga della guerra

Con Fernando Di Leo, lo sapete, ho un certo feelin'. Mannagg'anved'aiagh, mo te' magno, cinquantenne direttore pazzo. Chissà che ti venne in mente, nel 1984, di girare "Razza violenta". La sinfonia della violenza non s'eleva e, a terra, rimane solo un rambo del mio Stivale.

Bella John

Al brindisi di capodanno è venuto fuori che, "in effetti, a Paul Newman sto a zero". Quindi lesto Frd mi rifila "Hombre", John Russell da amare, meticcio di vita e pensiero per vedere meglio. Pellicola del 1967, denuncia muta, scritta e diretta da Martin Ritt. Bastano poche parole, per smascherare complici, coinvolti. E inerti.

Amarepart

Per la quarta volta, ecco Apichatpong Weerasethakul in sala Valéry. Il metro poetico del regista, temi e linea sono chiari. Nel 2015, con "Cemetery of Splendour", il thailandese realizzò forse il suo lavoro più solido, mannaggia per quel solito stroppiare, qui colato pure in luce verderossablu.

Uniamoci

Come mi fosse sfuggito "Il fabbricante di gattini" (t.o. "Katzelmacher"), del 1969, non saprei. Secondo lungometraggio di Rainer Werner Fassbinder, appartiene quindi alla sua primissima, creativa e provocatoria, curva artistica. Cinema di rottura contro il dilagante pensiero borghese.

Piccoli reparti tra amici

Ancora Apichatpong Weerasethakul. Il quinto lavoro del regista di Bangkok, "Syndromes and a Century" (t.o. "Sang sattawat", lett. "Luce del secolo"), del 2006, è un altro compito esercizio, sinuoso quanto autoreferenziale, alfine inconcludente.

PsychoMama

Come dicembre, scrivevo, nella sala "Valéry", gennaio continua a portare il freddo di Rainer Werner Fassbinder. "Paura della paura", film-TV del 1975, prosegue i temi del regista bavarese. Prezioso bignami, rilegato con tutta la sua classe, ad uso del pubblico televisivo.

Tropico del Cancro

L'anno successivo comincia come termina quello precedente. Sono ancora nel Sud Est Asiatico, connesso alla foresta tropicale assieme al nuovo amico, Apichatpong Weerasethakul. Nel 2002, il regista tailandese, al suo secondo lungometraggio, ottenne "Un certain regard" presso le giurie francesi. "Beatamente tuo" (t.o. "Sud sanaeha") è sapiente quanto sfrontato cinema autoriale, con sequenze prolisse a sfidare mercato e pubblico. Indubbia poetica delle calma e della rigenerazione che, naturalmente, può sollucherare i critici del mestiere.