Alberto Sordi anche regista. E capace. Abilmente teso tra intento comico e moraleggiante, ci ha lasciato spassose e memorabili denunce. Perciò, quando il faldone diviene un cagnolino che non esce dal salotto, come "Io so che tu sai che io so", del 1982, la noia potrebbe fa capolino. A condizionare, però, ci pensano i due istrionici protagonisti.
Commedia rosa, ben cucita addosso alle migliori maschere dei due interpreti. La matura acerbità di Monica Vitti, piaccia o no, dà alla pellicola una piega personalissima, direttamente intima. Coi capovolgimenti cari al romano, quel relativismo, qui di borgata, che giunge a condanne e assoluzioni. Schivo coi moralismi, ma di cui era fatto, al massimo si rischiava una scherzosa risata. Come in questo caso, dove l'ottima conoscenza dei meccanismi narrativi, può cedere senza patemi alla semplice rappresentazione macchiettistica. Ma Alberto Sordi ha realizzato decisamente di meglio.
(depa)
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