Contro tutti gli animali

Invasione meravigliosa. Il surrealismo cinematografico sudcoreano aleggia per le sale di tutti i tipi. Anche in sala Valéry, dove è giunto un altro racconto fantastico, ma non troppo, di Bong Joon-ho. Il sesto lungometraggio del regista di Taegu, "Okja" (2017), ancora una volta parla di una società avida quanto imbellettata, dimentica della natura, quindi di sè. Un'avventura che si fa azione, quando in effetti qualcuno fa.

Thriller new dance

Altro recupero clamoroso (?) gratia "Netflix" è stato "Drive" (2011), del regista danese, classe 1970, Nicolas Winding Refn. Lo ignorai, chissà perché, temendo di avvicinarmi al suo trucco pesante. Difatti è stato, ma poniamolo nel suo cassetto di film new dance danese, si può mollare gli ormeggi, stasera. Poster, non locandina, non fatevi distrarre.

Col gatto morto

Netflix ha offerto anche la possibilità di recuperare quei film che proprio non ce l'ho fatta (tempo). Uno di questi è stato "Lei", del 2013, di Spike Jonze. Esperimento riuscito a metà, non annoia, anzi. 

Per tutte le Gwangju

Dal silenzio visivo del borgo saraceno di ponente, la scorsa settimana rientrai per l'appuntamento con Marigrade e il cinema. Il cinema sudcoreano di "K-Cinema", in quella 1 del "Sivori", propone "A taxi driver", del regista Jang Hoon, formatosi come assistente di Kim K.. Romanzo storico del 2017, ruota attorno al Massacro di Gwangju, quando, nel maggio del 1980 nella città furono ammazzati dalla polizia migliaia di studenti e cittadini. Da vedere, per più motivi.

Il virus dentro

Nella rassegna "K-Cinema" che, a ogni buon conto, ha tenuto ottima compagnia in questa estate squarantenata, è stato proposto anche "Train to Busan". Zombie movie del 2016, scritto e diretto da Yeon Sang-ho, regista e sceneggiatore classe 1978, regge nella scatola e nel contenuto, dimostrando di aver imparato dai maestri del genere. Tremendamente attuale, a giocar i sudcoreani rischiano di vincere. Marigrade esausta, ma coinvolta. Però son stanco, quindi à plus tard.

Il grande tentativo

Il cinerofum se l'infama e pubblica così...! A breve "Favolacce", boiata dei fratelli Fabio e Damiano D'Innocenzo, che ci illusero con il loro buon esordio. Netflix "offre" e ci mancherebbe.

L'intuizione nei fagioli

Travolti dalla South Korea. I figli di Kim, in questo caso sorelle, scorrazzano monellamente tra le sale italiane. La new wave sudcoreana, però, qui tracolla in un teen movie fuori tempo massimo (ritardato?), privo d'ardore, privo di tutto. In più, trattando "Little forest" il tema logorato in questo secondo decennio del nuovo secolo, quello della gastronomia, il film della Yim Soon-rye, del 2018 riesce anche a rendere bollenti le poltrone dei tre poveri "Marigrade Elena ed io". Vuoi per la noia, vuoi per la fame. Roba da niente appunti, ma le reazioni escono...

Il partito delle casette

Oggi ho rivisto un film che mi aveva già colpito, molto positivamente, quando era uscito nelle sale nel 2007. “Mio fratello è figlio unico”, diretto da Daniele Luchetti, ispirato al libro di Antonio Pennacchi “Il fasciocomunista”, racconta in un modo molto armonioso e dinamico le diverse fasi della vita e le difficoltà di Accio e della famiglia Benassi, fino alla sua svolta più drammatica. La storia vive sulla particolare complessità del periodo nel quale è ambientata a cavallo tra gli anni ’60 e ’70.

Mary Zaccardi

Ieri sera "La 7" proponeva una pellicola del 1959, dalla patina technicolorata, dove i fisici del ruolo della coppia di platino Cary Grant e Sophia Loren poté svettare briosamente, con quel pizzico doloroso che renda più grande il sorriso finale. "Un marito per Cinzia" (t.o. "Houseboat"), diretto dal newyorkese Melville Shavelson (1917-2007), è una commedia rosa familiare, che Elena ed io abbiamo accettato volentieri.

Distanze ovine

Per una volta, in sala Valéry, tutti (io) contenti per le picconate che "Iris", nelle veci dei meschini mediasettati, ha inferto alla pellicola. Passano gli anni, le visioni, ma "Gran Torino" rimane per il sottoscritto una ciofeca impareggiabile. Di questo lavoro di Clint Eastwood, del 2008, più nel leggo bene, più ne penso male. Mix abominevole di stereotipi, didascalismi e buoni sentimenti, bella cagata.

Don & Patty

Venerdì pomeriggio scorso, "Iris" ha proposto, e "massacrato", un film di Otto Preminger del 1953. Tratto dal soggetto teatrale del commediografo austriaco Frederick Hugh Herbert, di cui il regista, connazionale, produsse la pièce a Broadway, "La vergine sotto il tetto" (titolo italiano libero, e pure un po' infoiato, da "The moon is blue"), spinge sul peccaminoso, con una minuta ragazzina nelle grinfie di un maturo architetto. Quanto rumore per nulla.

Scudi inversi

Dopo quattro mesi la combriccola di tre piccoli cinefili s'è ricomposta: Elena, Marigrade ed io dinanzi al "Sivori" per proseguire il percorso sudcoreano presentato dalla rassegna "K-Cinema". "Poetry", del 2010, quinta opera di Lee Chang-dong, il ministro già incontrato l'anno scorso colla sua intensa e colorata fucina d'amore, è un tipico tocco dell'estremo oriente. Delicatezza di sguardo, impersonificato dal pilastro del cinema sudcoreano Yoon Jeong-hee, classe 1944, quasi duecento film sul groppo, "rientrata" dopo sedici anni ad addossarsi, e impreziosire, questa ben tornita pellicola sulle bellezze infrante delle nostre società.

Lang goes to West

Manco mi alzo che "RaiMovie" mi rattiene. Eh, ouh. Leggo Fritz Lang e non capisco più nulla. In programma v'è "La vendetta di Jess il bandito", del 1940. Western in technicolor, il primo per il regista austriaco, convince grazie ai grandi interpreti e alla sapiente orchestrazione dello stesso, che non dimentica il giusto spazio alle cavalcate e alle Montagne Rocciose innevate sopra Denver...

Evviva Biba!

Nemmeno ho terminato di compilare la caterva di documentari ambientali, che "Cine34" mi richiama nella "Valéry". L'occasione è sospetta. C'è un Michele Lupo del 1975, che non pare roba da 'Rofum. Ma questi è fedele a tutti coloro che hanno fatto e amato il cinema. All'autore della celebre "Libidine coi fiocchi", ci inchiniamo e, pertanto, accogliamo fraternamente in sala anche la sua simpatica combriccola. "Africa Express" non è una perla, ma conferma la sensibilità d'un ottimo gregario della Settima, che sa come catturare l'attenzione dello spettatore, così come, qui, le bellezze che la Terra ha saputo generare.