1969, USA, diretto da Dennis Hopper.
Per questa volta si è deciso per una proiezione “soft”, ed ecco che spunta all’orizzonte uno dei mitici film di fine anni ’60, Easy rider. Sala Uander risponde alla grande e registra il tutto esaurito!
Easy rider parte subito facendoci capire subito che rock e chitarre elettriche ci accompagneranno in questo splendido viaggio fra la California e New Orleans. Riprese di scenari magnifici, strade infinite, e cieli soleggiati sovrastano tutto. La storia racconta di due compagni di avventura, che molto speranzosi tentano il colpo della vita, poca spesa e tanta resa. Harley-Davidson cromate, luccicanti, autostoppisti fermati per strada e feste hippie ci portano per mano, in maniera leggera, senza fatica.
Easy rider parte subito facendoci capire subito che rock e chitarre elettriche ci accompagneranno in questo splendido viaggio fra la California e New Orleans. Riprese di scenari magnifici, strade infinite, e cieli soleggiati sovrastano tutto. La storia racconta di due compagni di avventura, che molto speranzosi tentano il colpo della vita, poca spesa e tanta resa. Harley-Davidson cromate, luccicanti, autostoppisti fermati per strada e feste hippie ci portano per mano, in maniera leggera, senza fatica.
Anche troppo, perché in sala, sui visi di alcuni di noi nasce una smorfia di perplessità. Spesso i dialoghi sono vuoti, senza senso, ma così voluti da chi ha diretto. E con un bel Jack Nicholson in mezzo (memorabile i suoi versi dopo le bevute di whisky), il risultato è che il film risulta piacevole, da ricordare per gli scenari che il regista ci mette sotto gli occhi e perché probabilmente è uno dei primi film “on the road” (ricordando che c’è da vedere, almeno per me, “Il sorpasso”), in cui si mette nero su bianco la cultura hippie, i simboli, la mentalità (vedi dialoghi) e il modo di vivere. Finale a sorpresa che eleva la qualità del film.
(Albert Aporty)
Editoriale XXXX:
RispondiEliminaSono serate come quella di ieri che mi riconciliano con il nostro martedì sera, ad andare avanti con la nostra scelta, a continuare...Quarantesima ricorrenza del nostro 'Rofum, per l'occasione film culto: "Easy Rider" di Dennis Hopper, del 1969.
Ma prima l'elenco dei presenti: Io, Lelena, Taigher, i due Albert, Crsitina, Zippino, e la sorella di "Rouch" (Vera).
Tutti puntualissimi, tant'è che in sala Uander arriviamo per ultimi proprio io ed Elena! E troviamo tutti davanti all'ingresso della sala coi biglietti in mano, tra borbottamenti vari. Salta all'occhio l'assenza della Doris...speriamo non sia stata l'ultimo appuntamento sovietico: ti aspettiamo.
L'incontro comincia in relax con una riproposizione dell'aperitivo del disperso Apix (cedrata & aperol, da non confondere con il Cedrata &Vodka "Perché è un Crescendolls"...ottobre 2006).
Quindi comincia il film. Questo viaggio verso la libertà, attraversando quel filtro naturale che circonda tutti noi, la Natura, appunto. Riscoprendo la Terra PRIMA dell'intervento umano, facendosi scompigliare i capelli (lunghi in quanto lasciati a sé, non incanalati in abitudini e pregiudizi) da un vento che non narra la storia di alcun uomo, perché non ne ha incontrati lungo il suo cammino.
La Natura che epura l'animo da tutti gli orpelli che la società gli mette al collo per la propria sopravvivenza.
Una fotografia (Laszlo Kovacs) che lascia senza fiato, una Terra, quella statunitense, che non è riuscita ad arginare la grande corsa all'oro, l'aggressività degli uomini che la abitano; se l'imponente eternità di questi panorami non hanno potuto nulla, crediamo davvero che un minuscolo Obama, o chi per lui, possa qualcosa? Possa indicare la via della luce? E chi può farlo?
L'uomo può lasciare manufatti, ricordi, moniti che inducano il loro destinatario a fermarsi qualche istante, a pensare. Nulla di più.
Come questo film. I due attori americani, Dannis Hopper e Peter Fonda l'hanno fatto con questo film. L'hanno voluto e l'hanno fatto. Hanno scritto a sei mani la sceneggiatura (si unì a loro Terry Southern, sceneggiatore con Kubrick del "Dottor Stranamore"), Peter ci ha messo i soldi, hanno pensato a come doveva essere il loro vascello durante questa lunga traversata e via. Sono partiti.
Le due figure principali, con l'aggiunta di un quasi esordiente Jack Nicholson, creano un trio di trentenni nei cuori dei quali vanno a confluire riflessioni, paure e sogni di tutte le generazioni. Che Peter Fonda, tra l'altro, sia un tizo davvero..."un po' così", attribuisce a quel volto, che per tutto il film sembra saperla un po' più lunga degli altri (e che sul finale sintetizza la situazione umana con un "siamo rovinati"), un'aura di malinconia e di illusione infranta, che toccano nel profondo. Pare che lui proprio non voglia uniformarsi alla polpa pronta hollywoodiana, tantomeno alle regolette imposte dagli sheriffi di turno.
Il regista effettua riprese eccezionali, stacchi stupendi, inquadrature pesate ed azzeccate. Riporto qui una scena d'esempio: l'episodio dello vendita della cocaina all'aeroporto; inqudratura con gioco di specchi, attenzione minuziosa ai dettagli e il tocco finale dell'utilizzo del suono, il rombo degli aerei, in maniera perfetta, boato stridente assillante che sottolinea la tensione e l'incomunicabilità di quegli attimi. [...]
[...]
RispondiEliminaLa componente droga di questo film (marijuana, cocaina, LSD) è accarezzata delicatamente, se possibile, così da tenerne solo il "buono". Argomento delicato, ampio. Cinematograficamente questo film non sarebbe nulla senza quello spinello sempre in mano e senza quel viaggio continuo che, forse, è l'unico per dimenticare l'aggressività del mondo che vuole soltanto aggiungere dollari ai dollari. Il delirio procurato dall'LSD è realisticamente violento, e documenta bene quale affiorare comporti; affiorare di paure nascoste, tabù relegati, desideri schiacciati.
Da vedere periodicamente per non dover ricorrere sempre a "quel viaggio" per dimenticare ciò che ci sta attorno.
Era dai tempi dei Farisei che non si vedeva l'editoriale di mercoledì. Questa volta addirittura due, sintomo che la serata è stata apprezzata.
RispondiEliminaEasy Rider io l'avevo già visto ma dopo questa visione l'ho rivalutato tantissimo. Vuol dire che il Cinerofum funziona. Una cosa, prima non ti piace, o ti piace poco, poi fai la cura eee... ti piace svariato di più. Ottimo direi. Comunque, sto depravando.
Parlando della pellicola, a mio parere il personaggio interpretato da Jack è la punta del film. Un avvocato trentenne, che non ha mai fumato... azzarda. Dopo una premessa su 40 UFO (una lunga storia), sempre Jack descrive così un eventuale popolazione extraterrestre.
"Non hanno capi. Ognuno grazie alla loro tecnologia è in condizione di nutrirsi, vestirsi, avere una casa e circolare come vuole, senza differenza ne sforzi." Un sogno.
Al successivo bivacco, si cambia argomento. Parlano dell'America, il loro paese che una volta era una gran bel paese e non riesco a capire cosa gli sia successo... "é difficile essere liberi quando ti comprano e ti vendono al mercato... e bada di non dire mai a nessuno che non è libero, perché allora quello si darà un gran da fare a uccidere e a massacrare per dimostrarti che lo è. Si certo, ti parlano e ti riparlano di questa famosa libertà individuale, ma quando vedono un individuo veramente libero, allora hanno paura...... (paura che non li fa scappare) No, ma li rende pericolosi!
Ahhh... Hij Hji Hji... Swuop." Geniale.
Ho deciso di esordire nei commenti del Cinerofum per commentare "Easy Rider" perchè è uno di quei pochi film che alla fine della visione mi ha lasciato completamente in relax e soddisfatto.
EliminaSecondo me è un film da dieci per più di un motivo.
Le inquadrature eccezionali lungo il viaggio attraverso l'America che forse rendono addirittura più affascinanti dei paesaggi di natura incontaminata già di per se comunque meravigliosi, e che spesso mi hanno fatto sentire su una terza moto accanto a Billy e Capitan America.
I dialoghi spesso geniali, per altro come dichiara Peter molte volte improvvisati nelle sfumature dagli attori,che ci fanno riflettere sulla realtà di quegli anni: sul fatto che un gruppo di giovani volesse ribaltare i valori dell'epoca mettendo al primo posto la libertà di ogni uomo, liberandosi da ogni pregiudizio,pensiero discriminatorio e sete di potere (per esempio il discorso sui venusiani di un come sempre bravissimo ,e realmente strafatto di marjuana, Jack Nicolson).
E infine una colonna sonora meravigliosa,caratteristica secondo me essenziale per la buona riuscita di un film del genere.Geniale la scelte del secondo brano,cioè la mitica "Born to be wild", che ci introduce subito in quel clima di libertà che i protagonisti vivono e ci vogliono trasmettere.Altri meravigliosi brani aiutano lo spettatore ad entrare meglio nei personaggi e nel film come la serena e spensierata "I Wasn't Born To Follow", o la più accattivante "If 6 was 9" del mitico Jimmi, e nel finale la malinconica e un po' rassegnata "Ballad Of Easy Rider", che Bob Dylan scrisse di getto dopo aver visto l'ultima inquadratura del film.
Il mio unico rammarico alla fine della visione è di aver conosciuto questo film troppo tardi,quando oramai,come probabilmente è normale che sia col passare degli anni, i miei pensieri freak si sono un po' affievoliti. Ma mi ha fatto godere comunque infatti, se lo scopo di Peter e Dennis era quello di mostrare al mondo quella irripetibile e fantastica realtà dell'epoca e di farla (ri)vivere,capire e comprendere agli spettatori, direi che il loro scopo l'hanno pienamente raggiunto! E per un'ora e mezza mi sono sentito libero!
ps: consiglio di vedere il film in lingua originale e di guardare il documentario sul film.
Ste Bubu