Buongiorno a tutti, mi viene voglia di parlarvi di questo film del newyorkese Martin Ritt, con Woody Allen: "Il prestanome", datato 1976.
Non avevo mai sentito parlare di questo regista, scomparso nel '90, autore di una trentina di film. Questo film affronta quel vergognoso periodo che fu il maccartismo, spazio Stati Uniti, tempo anni '50.
Non avevo mai sentito parlare di questo regista, scomparso nel '90, autore di una trentina di film. Questo film affronta quel vergognoso periodo che fu il maccartismo, spazio Stati Uniti, tempo anni '50.
E' interessante avere sotto gli occhi pellicole come queste per capire, una volta di più, come la storia ancor più che ciclica, è...lineare, costante...non c'è progresso, se non quello meramente tecnologico; per il resto la mente umana conserva con orgoglio la piattezza del proprio encefalogramma.
Il vizietto della caccia alle streghe, della persecuzione ingiustificata, della criminalizzazione feroce di chi la pensa diversamente da noi.
Non c'è verso, l'animale uomo non è incolume a questa malattia...
Ma scusate queste mie elucubrazioni (però non ho pronunciato la parola comunismo!), parlavamo di cinema.
In questo film, il solito Woody Allen, che fa sorridere soltanto a guardarlo, con accanto un moderno Ollio come "Zero" Mostel, danno forma ad una prova di grande espressività, altalenando tra comicità e tragicità.
Regia e fotografia accattivanti, nelle inquadrature spesso si istiga lo spettatore a spostarsi di lato per vedere che c'è dietro, o a tirarsi indietro per non essere scoperto; rendendo perfettamente l'aria che si respirava, da una parte o dall'altra della barricata, in que periodo storico (come oggi).
Scena finale epica in cui Woody si fa portavoce di tutti (compresi il regista Martin Ritt, lo sceneggiatore Walter Bernstein, e gli attori Herschel Bernardi ed il già citato Zero Mostel, tutti vittime della stupidità maccartista).
Una frase liberatoria a cui abbiamo assistito, accompagnandola con un bel "ohhhhhh", io ed il Tigre. La Elena forse, dalla camera da letto, ha sentito, partecipando con un sorrisetto...
Il vizietto della caccia alle streghe, della persecuzione ingiustificata, della criminalizzazione feroce di chi la pensa diversamente da noi.
Non c'è verso, l'animale uomo non è incolume a questa malattia...
Ma scusate queste mie elucubrazioni (però non ho pronunciato la parola comunismo!), parlavamo di cinema.
In questo film, il solito Woody Allen, che fa sorridere soltanto a guardarlo, con accanto un moderno Ollio come "Zero" Mostel, danno forma ad una prova di grande espressività, altalenando tra comicità e tragicità.
Regia e fotografia accattivanti, nelle inquadrature spesso si istiga lo spettatore a spostarsi di lato per vedere che c'è dietro, o a tirarsi indietro per non essere scoperto; rendendo perfettamente l'aria che si respirava, da una parte o dall'altra della barricata, in que periodo storico (come oggi).
Scena finale epica in cui Woody si fa portavoce di tutti (compresi il regista Martin Ritt, lo sceneggiatore Walter Bernstein, e gli attori Herschel Bernardi ed il già citato Zero Mostel, tutti vittime della stupidità maccartista).
Una frase liberatoria a cui abbiamo assistito, accompagnandola con un bel "ohhhhhh", io ed il Tigre. La Elena forse, dalla camera da letto, ha sentito, partecipando con un sorrisetto...
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