Quiete pubblica

Il Firenze Korea Film Festival, oltre a quelli per cui eravamo , ha offerto la possibilità di recuperare preziosi inediti. Bong Joon-ho è un nome sulle punte delle matite dei cinefili. Il suo esordio fu "Can che abbaia non morde", del 2000. E' lui. Critica sociale attraverso l'assurdo quotidiano. Visuale completa sulla filmografia dell'autore sudcoreano, classe 1969, realismo magico, che quella penisola esprime così bene, un taglio personale nella messa in scena ora secca, ora capace di exploit visivi magistrali. Da subito.

Non andarci

Dopo tanto Bava, rivedere "Suspiria", sesto lungometraggio targato Dario Argento, del 1977, si coglie presto il debito del regista romano coll'autore sanremese. Amtosfera da incubo aeriforme, le streghe non se ne sono mai andate: bene che qualcuno le veda.

Ridici ubriaco

E fu così che mi innamorai di Moon So-ri. Ormai sapete perché. Quindi sarà facile perdermi negli elogi della unica prova alla regia della grande attrice sudocoreana. "L'attrice in fuga" (t.o. "The running actress"), del 2017, inserita nella retrospettiva che il FKFF le ha dedicato, parla di un'attrice determinata, ossessionata. Ironica.

"Non sei me!"

Sinora, al Cinerofum, abbiamo conosciuto solo il John Woo patriottico. Poi, come noto, fece il Gran Salto, ruzzolo per alcuni, nella Hollywood più spendacciona. Fedele alla sua filmografia, sia chiaro, fabbricante ben contento di sporcarsi tutto d'action movie. Nel terzo cimento, del 1997, riuscì a chiudere una pellicola grazie alla solida e accattivante impalcatura. Temi classici, il doppio, male e bene, lo scambio di ruoli, in salsa bullet orientale: "Face/Off" offre un crescendo notevole.

L'avvelenata

Appena chiacchierato con Fellini, classe 1920, urge scrivere due righe sul film più celebre di un grande regista nato qualche mese prima. Appartenente alla generazione d'oro, quindi, il sudcoreano Ki-Young Kim (1919-1998), sprigionò la sua arte sopraffina e graffiante. "La domestica" (t.i. "The housemaid", t.o. "Hanyo"), del 1960, è un capolavoro di stile e analisi: patriarcato e sfruttamento conservano la loro radioattività nell'aria, irrespirabile, d'ogni società.

I fantasmi di Giulietta

Arrampicandosi lungo la cinematografia incantata di Federico Fellini, si può riposare presso il panoramico e intimo piano di "Giulietta degli spiriti" (1965). Dove una donna, si dice, si affacciò sul proprio abisso, scorrendone tutti gli spettri, sino a ritrovarsi nello specchio.

Intrallastrisce

Cerco di non perdere colpi. Anche se ne volano tanti, di mano e di pistola, ne "Il prezzo del potere" di Tonino Valerii (1934-2016). Con questa pellicola, nel 1969, il regista e sceneggiatore montoriese si scatenò nel suo ballo preferito, lo spaghetti western. Il danzatore è Giuliano Gemma, quindi botte e morti, ma a fin di Bene.

Scommesse colorate

Filmone. Dai maestri dell'arte, dell'epoca d'oro francese, torna a trovarci René Clair. Con "Une commedie drammatique..." raffinata e amara. La giostra è una tombola a colori, crudele perché oggetto, finita perché falsa. "Grandi manovre", del 1955, è fiera dell'ipocrisia, zuccherino da gustare, con retrogusto d'autunno.

Tutto per uno!...

Nel 1968, anno rivoluzionario pei primi piatti cucinati nel Lontano Ovest, uscì anche "Ammazzali tutti e torna solo", del romano Enzo Castellari. Il regista, classe 1938, ci ha raccontato della sua scattante e pratica regia, attenta all'obiettivo minimo: trattenere il pubblico.

Chiamo amico

Dal 1968, "Carogne si nasce" di Al Bradley. Chi? Alfonso Brescia, romano (1930-2001, prima), figlio di produttore che volle fare il regista. E ne fece. Tra cui uno spaghetti western, come questo, che scazzotta. Niente di che, ma non è cheee...

Ha la sesta

Pomeriggi un po' così; difficile che, metti passasse Carlo Verdone, non gli si dia l'"accomodi". Anche si presentasse con "Troppo forte", del 1986, il suo sesto film "certamente squilibrato", ma ancora capace di indiscutibili guizzi comici. Merito dei due interpreti principali, coppia d'oro capitolina, e degli autentici attori, sparsi per la Città.

United by techni

Quando sarà stato? Febbraio? Quel tempo là, incontrai "Il magnifico fuorilegge" (t.o. "Best of the badmen"), del 1951, nonché il regista di Indianapolis William D. Russel (1908-1968). Western letterariamente storico, vuol raccontare, ricordandosi infine di sparare.

Yana Yana...

Il Trieste Film Festival non si dimentica. Mancava l'ultimo lungometraggio, della vincitrice: "L'inizio", del 2020, di Dea Kulumbegashvili. La regista georgiana classe 1986, con la compassata regia, al limitar dell'incazzatura, che già conquistò San Sebastian, punta sul gelo prima dello scoppio. Un ritmo ben noto all'ultimo TFF, qui al parossismo, senza che ve ne fosse bisogno.

Burrito libre

Come una giungla per l'esploratore, il cinema offre scorci di nuovo mondo dietro la foglia di felce. Il genere western mi si è dispiegato da poco, narrandomi d'una terra selvaggia, pura e letale, dove male e bene sublimano nei gesti eroici. Pomeriggi or sono, a mostrar virtù e peccati delle lontane frontiere, si ripresentò Sergio Sollima. Ancora un inseguimento, o una fuga (dipende da che parte stai). Ma qui Tomas Milian è "Cuchillo", spirito libero da tutti i poteri, sino a "La resa dei conti" (1966).