Come una giungla per l'esploratore, il cinema offre scorci di nuovo mondo dietro la foglia di felce. Il genere western mi si è dispiegato da poco, narrandomi d'una terra selvaggia, pura e letale, dove male e bene sublimano nei gesti eroici. Pomeriggi or sono, a mostrar virtù e peccati delle lontane frontiere, si ripresentò Sergio Sollima. Ancora un inseguimento, o una fuga (dipende da che parte stai). Ma qui Tomas Milian è "Cuchillo", spirito libero da tutti i poteri, sino a "La resa dei conti" (1966).
Prodotto dall'"artigiano" partenopeo Alberto Grimaldi (classe 1925: dagli "Spaghetti", via via tra i grandi nostrani, sino alle candidature oscar con Scorsese, nel 2003). Da uno splendido soggetto di Fernando Morandi e Franco Solinas, riscritto da Sergio Donati e il regista, quindi interpretato da un grande Lee Van Cliff e da uno spontaneo Tomas Milan, prende piede il classico percorso di redenzione del protagonista, qui un implacabile uomo di legge. Lee Van Cliff, tanto per cambiare, sembra essere nato apposta: seguirlo nella sua caccia è già un palpito. Da sottolineare anche il cattivo di turno, l'industriale senza scrupoli, interpretato dal giocatore di football Walter Barnes (26 gennaio 1918-1998).
Coi roboanti e meravigliosi titoli di testa che sono un film nel film; Ennio Morricone e le grafiche accattivanti a "pompare". Dal Texas al Colorado, la musica non cambia, Jonathan Corbett offre le danze. La bacheca dei ricercati linda, apparentemente solo "buoni" in giro. Corbet s'imbatterà sulle tracce di Cuchillo, però, e scoprirà...
-"Ho salvato vostra figlia",- "Figlia? Sata è la mia quarta moglie". Geniale. Poi la spina ("Decidi in fretta..."), il momento del coltello, sequenze ben architettate, di gran pathos. Il barone tedesco sulle classiche note viennesi... Senza tempo. Tra le efficaci forzature visive, "The big gundown" si rivela un film robustissimo. Anche, e forse più, tra le sguaiate urla di Milian-Cuchillo. Adiòs Yankee! Non lo prenderete mai!
Brividi.
(depa)
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