Zan-Zac!

Questa volta è stato Renato Castellani, a venire nei caruggi. Affezionati a questi due, ha voluto presentarci "Zazà", donna oggetto che si vorrebbe soggetto. Lo diverrà attrerso le sSsSs di un'emancipazione dolorosa. Siamo nel 1944.

Diverticoli

Frattanto i western mica abbandonano il Cinerofum, chiedendo da mille voci diverse uno spazio di qualche ora, minuto, riga. Ritrovo per sentieri semisconosciuti Sidney Salkov. Il newyorkese si mostra attento e sapiente, con "Due pistole per due fratelli" (t.o. "Gun Brothers"), del 1956, intrattiene anche senza inventare.

Spine vere

Quindi arriviamo al resconto mensile serio. Appena saputa Elena fuori, Agnès Varda è ripassata a trovarmi. Peccato per lei (Elena), chè la regista belga si è presentata con "Il verde prato dell'amore" (? t.o. "Le Bonheur"), che poi così smeraldino non è. In questa pellicola del  1965, vincitrice dell'Orso d'Argento, avrebbe masticato tutta l'asprognola amarezza delle passioni tradite.

Insetti da furto

Prima del consueto rush finale, due parole sul blockbuster con le sue star dal sex-appeal riconosciuto, dalla recitazione conturbante. Menhir scozzese e cometa gallese, al regista londinese Jon Amiel, classe 1948, non resta che alzare il retino e condurre i due svolazzanti nel cesto degli heist movie. "Entrapment", del 1999, è meno peggio di altri.

Dolore e Libertà

Quel fine settimana ineccepibile era stato inaugurato con una mezza sorpresa. Perché conoscevo la cifra stilistica di Pietro Marcello, vero. Ma lo shock è grande nel vedermi gonfiare per un regista contemporaneo italiano. Ignorata la sua ultima escursione nella grande letteratura americana, non ho schivato l'ultimo lavoro del poetico autore casertano, che, sulle pagine d'un romanzo russo, stavolta, trova le emozioni adatte alle sue rime, luci e colori per la sua strabiliante sensibilità registica. "Le vele scarlatte" (t.o. "L'Envole"!) è un'antica poesia per gli occhi.

Sottomettersi

In quello che verrà ricordato come il week-end degli ineccepibili, le sale cinematografiche (invero sempre la stessa!) mi sorprendono con due pellicole di raro rigore estetico. Poi ognuna il suo carattere, con qualche somiglianza. La seconda è stata "Godland" (in danese e islandese), terza opera del regista, classe 1984, Hlynur Pálmason La temutissima "storia di 2h20m di un prete danese che se ne va in Islanda" ha in effetti tenuto sotto torchio molti (Elene e Mino), lasciando a me il piacere della visione e dei prevedibili mugugni.

Vite da mille sberle

Lo confesso: era ancora il 2022. Un nome da "Bibbia" e da "Foglio" che, solo grazie ai ragazzi dell'ex-Altrove, ora Tiqu, siamo riusciti a incontrare vis-à-film. Signor in piedi, c'è Victor Sjöström (1879-1960): tra i nonni della Settima, non solo nordica, vi lasciò il segno grazie alla sprizzante eleganza. Nel 1924, anno chiave per il pimpante svedese che goes to Hollywood, realizzò "L'uomo che prende gli schiaffi", scienziato ammogliato, umiliato e offeso, reagisce come clown triste, sprezzante di ultime risate.