Idea LI:
In sala Uander solo la crème del Cinerofum: DepRa, Lelena, Taigher e Fox. Ah, c'è anche una presenza a distanza, nella succursale sala Tuba (Albert Aporty intuì che questo film non si poteva perdere...). Partiamo in maniera banale, come tutti? Iniziamo col citare il fu Carlo Ponti, il quale sarebbe stato meglio, a 'sto punto, che fosse riuscito ad esercitare la sua professione ambita, la politica, invece che riversare sul cinema le proprie incapacità ed ottusità. Non per altro, ma nell'altro campo avrebbe, sicuramente, sfondato. "Il disprezzo", diretto da Jean Luc-Godard nel 1963, non doveva essere toccato.
Figurarsi trucidato e falsato; ciò che è stato censurato o modificato dal buon Carlo e dai suoi non sono stati piccoli dettagli qua e là: non solo sono state tagliate, scontatamente, le scene in cui una Brigitte Bardot, sintesi umanoide del concetto supremo ed eterno di bellezza, concede (tra l'altro con una grazia che mi ha sorpreso) all'universo di poterla ammirare, ma addirittura: il finale (quel finale che ci ha spinto, in sala, a porci domande, a riavvolgere "la pellicola" al termine del film, a divertirci in un processo di interpretazione e di immedesimazione col regista) è stato stravolto, modificando la sequenza delle due scene finali; la "musichetta" che accompagnava le situazioni, senza soluzione, in cui i due protagonisti andavano ad incanalarsi, è stata sostituita, come si legge in giro, con una mazurketta italiana (!?); i titoli di testa!! quelli che ci hanno lasciato con la bocca aperta per originalità e valore estetico, sono stati letteralmente buttati a terra, appiattiti nelle più classiche e striminzite scritte coi nomi dei partecipanti ed autori; vabbè la scena della tessera del partito comunista...ci hanno abituato così male che la diamo per scontata (se non fosse che sottende, lì, quasi subliminale, un discorso molto denso...storie di Godard & Sartre, ed una Chinoise che osserva). Proviamoci, a vedere una qualche ragione valida che giustifichi anche solo una di queste (e ce ne sono altre, non meno affascinanti) meravigliose mosse artistiche del Carlo Ponti... .. . niente. Il vuoto.
In sala Uander solo la crème del Cinerofum: DepRa, Lelena, Taigher e Fox. Ah, c'è anche una presenza a distanza, nella succursale sala Tuba (Albert Aporty intuì che questo film non si poteva perdere...). Partiamo in maniera banale, come tutti? Iniziamo col citare il fu Carlo Ponti, il quale sarebbe stato meglio, a 'sto punto, che fosse riuscito ad esercitare la sua professione ambita, la politica, invece che riversare sul cinema le proprie incapacità ed ottusità. Non per altro, ma nell'altro campo avrebbe, sicuramente, sfondato. "Il disprezzo", diretto da Jean Luc-Godard nel 1963, non doveva essere toccato.
Figurarsi trucidato e falsato; ciò che è stato censurato o modificato dal buon Carlo e dai suoi non sono stati piccoli dettagli qua e là: non solo sono state tagliate, scontatamente, le scene in cui una Brigitte Bardot, sintesi umanoide del concetto supremo ed eterno di bellezza, concede (tra l'altro con una grazia che mi ha sorpreso) all'universo di poterla ammirare, ma addirittura: il finale (quel finale che ci ha spinto, in sala, a porci domande, a riavvolgere "la pellicola" al termine del film, a divertirci in un processo di interpretazione e di immedesimazione col regista) è stato stravolto, modificando la sequenza delle due scene finali; la "musichetta" che accompagnava le situazioni, senza soluzione, in cui i due protagonisti andavano ad incanalarsi, è stata sostituita, come si legge in giro, con una mazurketta italiana (!?); i titoli di testa!! quelli che ci hanno lasciato con la bocca aperta per originalità e valore estetico, sono stati letteralmente buttati a terra, appiattiti nelle più classiche e striminzite scritte coi nomi dei partecipanti ed autori; vabbè la scena della tessera del partito comunista...ci hanno abituato così male che la diamo per scontata (se non fosse che sottende, lì, quasi subliminale, un discorso molto denso...storie di Godard & Sartre, ed una Chinoise che osserva). Proviamoci, a vedere una qualche ragione valida che giustifichi anche solo una di queste (e ce ne sono altre, non meno affascinanti) meravigliose mosse artistiche del Carlo Ponti... .. . niente. Il vuoto.
Godard danza con maestria sul filo dei conflitti, sia che abbiano come sfondo la preparazione di un film (introducendo diatribe come coerenza intellettuale/interesse economico), sia che siano ambientati nella più classica crisi di coppia. Intendo dire che il regista ci presenta lo scontro saltellando tra piani più o meno complessi, più o meno facili da percorrere; contrariamente a quanto si possa pensare (secondo me), pur sempre in maniera realistica; non lontano da possibili attriti tra persone comuni. E' emozionante vedere come andrà a finire lo scontro tra lo sceneggiatore francese ed il produttore americano, così come regala una singolare suspense (senza esplosioni e uomini ragno sui grattacieli) la morbosa discussione tra lui e lei. E che lui e che lei! Lui: Michel Piccoli, grande fascino e ottima interpretazione; Lei: Brigitte Bardot, una bomba, e che prova! Se un tizio di nome Bob Dylan ha dedicato la prima canzone del primo disco a lei, vorrà dire qualcosa (e, probabile, gliel'avrebbe dedicata anche John Lennon, se l'unica volta che la vide non fosse in un posto diverso da quello che vedevano tutti...bensì, con Lucia nel cielo coi diamanti). Insomma per parlare della Bardot (attrice) ci vorrebbe un blog apposta. Vi basti sapere che: 1- si sposò più volte, la prima con tal Vadim ("Dio creò la donna") che tra le sue altre medagliette annovera ragazzine come Jane Fonda e Catherine Deneuve, e 2- nemmeno collaborazioni con due "tosti" come il Piccoli e Godard, riuscirono a farle tenere la dritta strada (praticamente ha perso il senno, screditando movimenti meritevoli, come quello animalista in Francia, ad esempio). Ma in questo film, la Bardot, dà spessore alla sua carriera (scaviamo! ancora!), grande. Il regista Fritz Lang rappresenta se stesso, e si incastra benissimo nell'intreccio narrato (anzi, a ben vedere ne è la dinamo).
Un film sulla distanza tra individui, e su come possa marcire in disprezzo.
(depa)
In alcune scene il film mi ha ricordato molto il primo lavoro del regista, quel gran capolavoro che è Fino all'ultimo respiro. La scena in cui Piccoli e la Bardot (con la quale ebbi una storia anni fa) sono in casa e discutono delle prime avvisaglie di perduto amore, è interminabile e piena di giochi d'inquadrature.
RispondiEliminaP.S.
Per compredere a fondo una stuzzicante curiosità: il primo album di Dylan si intitola Bob Dylan (fantasia...). La prima canzone di quest'album è She's No Good.
Se la dedica alla Bardot riguarda proprio questa canzone, posso dire con certezza che il mio caro Bob non pecca di doti ironiche.
All’inizio ho temuto di essermi imbattuto nel “classico” film francese lento e noioso. Mai prima impressione fu così errata!
RispondiEliminaGran bel film. Originalissimo stilisticamente, trama intrigante e personaggi sublimi.
Una pellicola che indaga la coppia e il mondo del cinema con intrecci e parallelismi. La decadenza dell’arte vista come la decadenza della coppia. In entrambi i casi il carnefice è il denaro. Una sceneggiatura ben pagata (dal mondo del cinema) a discapito della più alta vocazione dell’artista, per pagare l’appartamento che Paul sembra pensare essere più importante, per la soddisfazione di sua moglie Camilla, del proteggerla e mantenere il suo rispetto. O almeno così lei crede. E forse è così o forse no. Forse lui credeva veramente che per lei quell’appartamento fosse più importante di tutto. La base solida e concreta del loro amore. In realtà lei indizi gliene da, come Fritz Lang al produttore, ma il Dio denaro vince e la coppia e l’arte perdono.
Tutto ciò proposto in maniera magica, intrigante, con “quelle musichette” collante della trama e delle emozioni della pellicola che si susseguono, placide e calme, ma potentissime.
Fotografia splendida anche grazie alla meravigliosa Capri e vogliamo parlare di quella scalinata ripresa dall’alto e la seguente corsa per la scaletta che porta al mare? Figo.
In cima alla scalinata, prima della corsa, un “ritratto” d’autore: B.B. nuda, sdraiata a pancia in giù a prendere il sole con il copione del film a coprirle le natiche e Paul vestito con abito e cappello, seduto per terra accanto a lei, braccia sulle ginocchia e testa bassa. Un muretto e la scogliera di sfondo. Strafigo.
Il finale? Da rimanere a bocca aperta.
Inutile aggiungere altro al sentito elogio di Depa alla bellezza di B.B. che semplicemente strasottoscrivo.
E il grande maestro Fritz Lang che interpreta se stesso (mostrando subito il suo biglietto da visita a “Camilla” Bardot e allo spettatore: “Grazie, ma fra i miei film io preferisco “M”) è una “chicca” gustosissima per gli amanti della Settima.
Un film melodico, armonioso e, in certi passaggi, sorprendente.