Pesa di morte

Segugio, indaga, indugia; sfruguglia, farfuglia. Il Cinerofum solleva foglie, trova un Primo Zeglio (1906-1984). Tartufo western del regista piemontese, "I 4 inesorabili", del 1965, ha una perspicua dominanza d'Undari, equilibrata da piccante humor nero e frizzante retrogusto di ferocia.

Bella gente

Niente. Altro western. Western solidi, ben fatti diremmo, dove il regista capace, si attiene alla sceneggiatura costruita con attenzione. Gli interpreti chiudono il cerchio perfetto. Il direttore d'orchestra, in questa pellicola del 1948, è lo statunitense Sidney Lanfield (1989-1993); il soggetto viene dall'omonimo romanzo, dell'anno prima, del connazionale Luke Short; l'affascinante figura è "La città della paura" (t.o. "Station West").

Capperi Buoni

Chiacchierando con Bava, nella "Valéry", il regista ligure mi ha raccomandato un suo collega romano, Lucio Fulci (1927-1996). Quindi m'incammino, dall'esordio del regista romano. "I ladri", del 1959, è una commedia da consueti ignoti, "capperi" movie nostrani. Totò spumeggiante e una banda senza alcuna speranza. L'atmosfera è quella criminalfumosa di Fred Buscaglione, bianco e nero e ritmo altro sono merito del poliedrico prolifico regista. Inutile dirlo, proseguiremo con gusto.

Silenzio morte

Dall'Est del Trieste Film, altra gelida pellicola. A sangue freddo. "Così lei non vive più" ("Tako da ne ostane Živa"), del bosniaco Faruk Lončarević, forse esagera nel caricare, impercettibilmente, la molla, per poi fiondare il colpo nella carne viva. Ma lo fa, con cipiglio suo, ché un femminicidio non è altro.

Non donare

E' ripassato Clint Eastwood. Sapete, fiducioso in uno scambio rapido, che non fiacchi, lo lascio entrare. Andata bene. "Debito di sangue" (t.o. "Blood Work"), thriller poliziesco del 2002, con tutti i crismi, snocciola agevole volentieri l'intreccio che t'aspetti. Ciò che Clint sa e dovrebbe fare.

Blue Bava

Se, poi, volessimo seguire un qualche ordine, si potrebbe partire dall'ultimo "Mario Bava" visto. Sì, perché anche "La frusta e il corpo" è del 1963 e, col suo gemello, condivide anche l'ambientazione da classico del Terrore: letteraria, elegante amalgama erotanatica, ma questa è tutto plasma dell'autore ponentino.

Il vuoto bagnato

Ancora bene, al Trieste Film Festival, nel concorso lungometraggi. "Sweat", pellicola polacca del 2020, scritta e diretta dallo svedese Magnus Von Horn (Göteborg 1983), tratta la materia del rincoglionimento sociale. Delicata non perché stuoli di esistenze bruciano senza accorgersene, bensì perché, mentre qui si balla dicendo cazzate, c'è chi le paga sulla propria pelle.

Crimine a Volte

Bisogna scrivere anche de "Gli Intoccabili", del 1987, ché di Brian De Palma si tratta, ché discussione s'è fatta. Celeberrimo, ha lasciato sapor fondente amaro nelle bocche di Elena e mia. Scattante, non v'è che dire, della ginnastica eleganza propria del regista. Action movie barocco dal cast stellare? E sia.

Memento terroris

Avanti con Mario Bava. "I tre volti della paura" (t.i. "Black Sabbath", da cui...), del 1963, è un volumetto letterario di celluloide, contenente tre racconti sul sentimento che blocca i muscoli e squassa i nervi. L'attacco può arrivare da ogni parte, anche quella che non è reale.

Bello di colpo

Hai detto Melville? Bon, dans la "Valéry", un raid de Jean-Pierre! E che incursione! I polizieschi perfetti, "d'una volta" non causa tempaccio, come "I senza nome" (t.o. "Le cercle rouge", dall'epigrafe orientaleggiante; ma, stavolta, anche "i nostri" c'hanno azzeccato). In esso tutto torna, anche la Falce.

La paura spacca

"Mario Bava". Un nome e un cognome. "Mario Bava". Il regista sanremese che scrisse il suo capitolo nella storia dell'horror aleggia per la "Valéry". I "Culto", ché era indagine sacra scovare un nastro da cui leccare i terrifici colori d'un raffinato autore. Rimane il fascino dell'artigiano, remota figura, che, come in "6 donne per l'assassino", del 1964, seppe imprimere cinema di genere, a basso costo, elegante ed emozionante.

Niente Foto Ricordi

Preziosa irruzione al Cinerofum. Altra pizza, altra chiacchiera, altro Cinema. Quello del francese Chris Marker (1921-2012), per esempio. "Autore d'avanguardia", fuori dal giro. Si fa i cazzi suoi e li fa perfetti. Corto-metraggio nerobianco di 28cm e un "come" di gran classe. "La jetée", del 1962, è una distopica disumana. "Un photo-roman de", più reale del vero.

Stregone Pisello

Lungo i metraggi dell'ultimo Trieste Film Festival, Elena ed io, ne abbiamo "scovato" un altro apprezzabile. "Sull'amore, su come è difficile dire ad una ragazza che ti piace", introduce il regista serbo, classe 1988, Marko Đorđević. Dalla sua città, dalla sua stanza: "molto importante per il film" (...). "Le mie risate mattutine" (2019) è il suo lavoro primo...speriamo non l'£buuu!Ammazzati!! [fischi scontatezza]

Parenti Ferventi

Era ancora il 2020 quando vidi "Il figlio di Django", del 1967, scritto e diretto da Osvaldo Civirani (1917-2008). Il regista romano, fotografata qualche esperienza tra i grandi, non volle frequentarli. Il risultato si vede. Ad ogni modo, a Topeka c'è tutta la combriccola dei "Django & Friends". 

Boia carne

Eh, cazzo. Gli Americani i western li sanno fare. Che sia il londinese Andrew McLaglen a dirigerlo, poi, può solo migliorare le cose. La seconda opera capitata sul 'Rofum conferma il dinamismo del regista inglese, capace di tenere a bada spiriti e corpi bollenti. "Bandolero!", del 1968, ben si merita il punto esclamativo, tra cotante emozionanti bellezze, queste sì, tutte americane...americaniiissime!

No Order

Ancora un attimo. Il secondo dei western "simili, cattivi, truci", visti settimana scorsa, was made in U.S.A. "I pistoleri maledetti" (t.o. "Arizona Riders"), del 1965, ci fa conoscere William Witney (1915-2002), regista-attore della Contea di Comanche. Sempre quella terra, sempre martoriata. Sugli strascichi della guerra civile, la triste epopea della banda di William Clarke Quantrill.

Bevi, bivi, bici

Arrivo, arrivo. Però, dalla settimana scorsa, giungono altri due western. Simili, cattivi, truci. Il primo è stato una produzione italospagnola, ancora una volta sorprendente. Diretto a quattro mani, da José Louis Boraw (1929-2012) e Mario Caiano. "Cavalca e uccidi", del 1964, ben affresca il clima che si respirava in Arizona. Nel titolo italiano come nell'ottima regia.

L'altra della sbirraglia

E' un "vairus". Sapete. Ossessivo compulsivo, il Cinerofum. Pandemia Abbas Kiarostami, ma nel quartiere non si parla d'altro. Documentario? E sia! Che ricordare le scorie di una sfavillante civiltà fa sempre bene. "A.B.C Africa", del 2001, potrebbe trattare solo di giovanissimi orfani ugandesi, in realtà, soprattutto delle nostre responsabilità.

Ossigena

Il bello dello scambio. A volte c'è bisogno di un (dove?). Non si spiegherebbe il ritardo del 'Rofum nell'imbastire un incontro col regista iraniano Abbas Kiarostami (1940-2016). L'autore autodidatta, che colpì la critica internazionale con la sua poetica, ricca ed essenziale, nel 2002 realizzò quel film in automobile che diverrà pratica obbligata nel regime più antico del mondo. "Dieci" è ode alla donna, alla libertà. Violate. Ode al Cinema.

Veloce batte Grosso

Finito di vedere "Ballata per un pistolero", del 1967, immantinente scrivo. Western con tutti i crismi, ed extra di megaspaghettata di botte, diretto e interpretato dal pistoiese Alfio Caltabiano (1932-2007), ha il physique des américains, le battute di Hollywood, tra quattro fratelli che non se le mandano a dire. Ne rimarranno solo due.

Alba truffata

Non siamo smarriti. Tranquilli. Il segugio Cinerofum setaccia la zona. Toh, Ingmar Bergman. "UUhh mimì scigniù!", con cosa s'è presentato, il regista di Uppsala maestro del cinema al femminile. "Monica e il desiderio" (t.o. "Un'estate con Monica"), del 1953, è gioia braccata, passione incompresa. Felicità andata e ritorno. In città, papà Dolore t'aspetta.

Improduct

Altro ottimo film; il Trieste Film Festival procede a testa ora bassa, ora alta. Cupo, spesso viene fuori Triste Film..., un doveroso sguardo sui margini delle nostre comunità (urbane, europea...), sulle briciole delle nostre tavole, sui resti d'esistenza. "La galassia di Andromeda" è la carezza in un pugno dell'esordiente kosovara More Raça (classe 1992!). Chi lo sottovaluta ignora la delicatezza e l'urgenza della materia sociale, in disfacimento.

Tra i tosti

Marigrade direbbe dâghe 'na botta suu (il Prof Sini no), quindi mi sbrigo. Cominciamo da ieri sera, con un altro grande ritorno. John Ford mi stupisce ancora. Con quello che, per quanto visto, ritengo un unicum nella sua filmografia, teso come non mai verso la purezza fotografica. "Sfida infernale", sottolineo del 1946, è così bello che fa dimenticare l'intreccio.