Bisogna scrivere anche de "Gli Intoccabili", del 1987, ché di Brian De Palma si tratta, ché discussione s'è fatta. Celeberrimo, ha lasciato sapor fondente amaro nelle bocche di Elena e mia. Scattante, non v'è che dire, della ginnastica eleganza propria del regista. Action movie barocco dal cast stellare? E sia.
Vette innevate coronate di stelle, "Paramount Pictures presents". 1930, Chicago, proibizionismo e Al Capone. Giornalisti a doppio filo col dilagare di pessimi disvalori. De Palma virtuoso della cinepresa. Il vecchio "Malone" di Sean Connery, un saluto a lui, brillante come un garzoncello, simpatico all'istante. Fallimenti, lo sprono di una madre ferita. "Sei pronto per questa guerra", dice, "il futuro capo della polizia" (Kevin Costner) al giovane "Giuseppe Petri" (Andy García). "Quanta violenza" per un bicchiere (oggi incentivato). Uno spettacolo, Capone è un Penguin di Robert De Niro. I toni smorzati, qualcosa di giocoso ("al circo"); la tensione allentata dalle musiche felici di Ennio Morricone. La sequenza sul confine canadese ai miei occhi condensa l'indecisione tra rude gangster e scanzonato buddy cop movie. Deboluccio? Ah! Mannaggia a me! Iper-sensibile alle musichette sulle tenerezze matrimoniali. Siamo a Hollywood e si sente. I formidabili piani sequenza in-interni sono quelli del regista di Newark. Scena finale studiata nelle scuole. Un rallenti che dilata il tempo, carrozzina d'Odessa, modello chicagoans (scritto da David Mamet), chiude questo thrillerone da palco, con killer in completo bianco ("Abiti di Giorgio Armani").
Come saltuariamente accade, ha fatto bene lo scambio sentito con chi ha colto i punti forza del film. Come quel mix tra dramma e ironia a me ostico. Il naso tende a raddrizzarsi, ora, nel ripensare García che entra in scivolata nel bel mezzo dello splendore. Rileva bene Mino: Lui era il prescelto. La sola chiave, tra le volte, per bloccare il furioso orologio degli eventi.
(depa)
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