Ancora bene, al Trieste Film Festival, nel concorso lungometraggi. "Sweat", pellicola polacca del 2020, scritta e diretta dallo svedese Magnus Von Horn (Göteborg 1983), tratta la materia del rincoglionimento sociale. Delicata non perché stuoli di esistenze bruciano senza accorgersene, bensì perché, mentre qui si balla dicendo cazzate, c'è chi le paga sulla propria pelle.
"Siete pronte? Arrivo". Oehhh! I Centri commerciali che conosciamo. L'idiozia in vetrina, non-vivi che s'aggirano. Sudano per ricordarsi d'essere d'acqua (lo dimenticano alla doccia). Ed ha un sapore particolare, vedere un film sui disastri dei dissocial media con chi ci mangia.
L'influencer Silvya Zajak (brava la trentenne Magdalena Koleśnik) è sensibile all'ecologia, non sapendo o dimenticando che è la sua "professione" stessa ad essere distruttiva (e non solo dell'ambiente). Patti Wida l'odiata! Chiaramente, la stragrande sa e ci marcia. Dover ripetere sino all'ossessione, di tutti, "Super!", quando di super non v'è un cazzo. Tamagochi disumanizzati; attori, dopotutto; ma la recita non è esplicita, chiara per tutti, con conseguenze nefaste per individuo e sociale. Esistenze appese ad un click. Morale: meglio non uscire per andare a bere una cosina...che poi scoppia un casino. E la mattina dopo, CIAO.
Il crollo di un'influencer stanca, non stupida, alfine fiera d'essere "debole e patetica" (ma lesta nel rimandare, tra lacrime e sorrisi, alla pagina online). Sigh: la rivalsa proletaria passava per ben altre parole.
Insomma, il film tratta di quel mondo che, per aberrante che sia, deve pur essere...distrutto. Il film vorrebbe schivare alcune semplificazioni, non tutte (nel finale spezza una lancia, che non c'era, a favore della poveretta). Chiaro che il capitale obbliga e alletta con varie sfumature di dolore (galera e spettacolo). Basterebbero occhiali da sole e...
(depa)
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