Silenzio morte

Dall'Est del Trieste Film, altra gelida pellicola. A sangue freddo. "Così lei non vive più" ("Tako da ne ostane Živa"), del bosniaco Faruk Lončarević, forse esagera nel caricare, impercettibilmente, la molla, per poi fiondare il colpo nella carne viva. Ma lo fa, con cipiglio suo, ché un femminicidio non è altro.
Sarajevo, dal poggiolo di casa sua il regista, classe 1975, ci parla del legame tra la sua città e la morte. Quindi l'arte. L'incipit a rilento, come una mattina di carburazione. Su, su, altrimenti la morte giunge davvero. Montato e scritto dal regista, è un'elegante carrellata di inquadrature fisse a raccontare vite deflagrate dalla guerra. Caccia, preghiera, automobile. Lavoro, pausa. "Qualunque cosa è meglio della campagna. A me piace la fabbrica". "Quarant'anni non è niente. Ho perso venti familiari. Fanculo Radovan". ". [Радован  ебать это]
"Ci vuole calma", dice qualcuno. Con tutto l'affetto per questo cinema, forse il bosniaco ha perso la misura. Del ritmo? Del racconto? E' evidente la volontà di shock. Proprio come il celebre libro di Capote, spreca molta "carta" (bellissima eh!). Vedere la scena della sauna.
Sulla Drina i sentimenti restano muti. Mai salire sull'auto dell'ex: siamo con Aida. La scarica selvaggia di pugni ci travolge. Il massacro di Aida è nostro. Eccola, la morte. E' maschio.
Nonostante gli eleganti occultamenti, lo stomaco vacilla. "Uno, due...tre". Il quadro ghiaccia sempre. Le canzoni popolari sciorinano, già, di morte. In bar sponsorizzati da canali televisivi (idiot), si consuma la putrefazione umana (video condivisa). "Una serata fottutamente eccitante", madò, urrà!
Il culmine della provocatoria perversione del regista, in ogni millimetro graffiato dalla morente. 10 metri fan 10 minuti. Dieci minuti di fissa sofferenza fisica. Più vicini a quella, nella sua: siamo la morte.
Filmetto rilassante. Un crescendo che è un muro. Un arresto, una condanna, per l'uomo. E per il veleno? Et voilà, la guerre. Thanks ONU.
(depa)

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