Sana concorrenza

Stavo dimenticando di dirvi che, domenica scorsa, in sala Valéry è venuto a trovarmi un regista statunitense già incontrato in via Rolando, l'anno scorso. Joseph L. Mankiewicz s'è presentato col suo "Lettera a tre mogli" sottobraccio, accompagnato da tre grandiose coppie di attrici ed attori, grazie alle quali, nel 1949, realizzò una pellicola godibile ed intelligente sull'amore coniugale. Quindi sulla gelosia, sempre in agguato in una società che non permette, sine pecunia, la sicurezza di sé che apra, con sincerità, agli altri.

Vita breve, zero sprechi

A volte va così. Non mi riferisco all'allucinatoria sconfitta di sabato scorso, bensì alla proiezioni di ieri sera, in sala Valéry. Bon, almeno è viva. Dopo aver "rischiato" pellicole ben più, causa impianto audio da rivedere non ho saputo sfoderare altro che "Una pazza giornata di vacanza" (t.o. "Ferris Bueller's Day Out"). Film per ragazzi, "brat pack", dicunt. Insomma, storia di monellacci pronti a marinare alla prima occasione, scritta e diretta nel 1986 dallo statunitense John Hughes (1950-2009). Ancorché titubante, non stoppo il lettore...vediamo un po' che ne esce.

Consacrata famiglia

Dopo un venerdì imbizzarrito, ne serve uno queto. Perciò, l'ultima Palma D'oro, vinta dal Hirokazu Kore'eda, pare fatta apposta per catapultarci nelle riposanti atmosfere dell'Estremo Oriente; col taglio dei grandi autori del passato (Ozu è lì, i maghi del Neorealismo appena dietro, Fellini fa capolino), "Un affare di famiglia" dimostra, altresì, la robustezza di una regia che muove sapientemente i protagonisti di questa vivace e malinconica famiglia allargata.

Lo Stato uccide: Stefano Cucchi

Torna Elena e, gulp, mi trascina al cinema. Nel mirino c'è il film che racconta l'uccisione di Stefano Cucchi, trentenne romano classe 1978, per mano di due carabinieri. Diretto da Alessio Cremonini, anch'esso romano di 45 anni, "Sulla mia pelle" non dev'essere commentato, bensì visto. In rigorosa riflessione sulla disumana condizione in cui abbiamo deciso di porci: cioè metterci nelle loro mani.

Dammi un bacio

Martedì scorso ritorno al passato per la sala Valéry. Esattamente al 1962, quando Valerio Zurlini convocò per la seconda volta il ventunenne parigino Jacques Perrin, da affiancare ad uno dei Marcello Mastroianni più addolorati. "Cronaca familiare", dall'opera del fiorentino Vasco Pratolini (1913-1991), scritta quindici anni prima, tratta di un amore turbolento tra fratelli, immerso nel vuoto rancore ereditario della solita, ennesima guerra.

Quasi fatta

La Sala Valéry sta tornando con determinazione al vecchio ruolino di marcia. Lunedì scorso ha fatto il suo ingresso nel Cinerofum un regista statunitense Gregory Hoblit, classe 1944, con una manciata di film sulla schiena, tra cui il pregevole "Il caso Thomas Crawford" (t.o. "Fracture", molto più aderente...alla sensibilità del maniacale protagonista). Del 2007, quinto e attualmente penultimo lavoro, esegue con cura il suo compito di giallo classico, col delitto quasi perfetto a spiazzare inquirenti, avvocati e magistrati. Risultato ottenuto grazie ad Hopkins che, richiamato nelle vesti del cugino del Cannibale Annibale, porta a casa, a mani bassi, un altro "trofeo", tenendo col dirimpettaio Gosling, all'altezza, la corda ben tesa.

Autori ricascanti

Ecco perché un blog così può tornare utile, almeno al sottoscritto (perdonate). Uno sguardo ai film: c'è una produzione polacco-statunitense, con Jim Carrey e Charlotte Gainsbourg protagonisti, diretta da un regista greco, Alexandros Avranas che nel lavoro precedente, del 2014, colpì con violenza...Una lampadina s'accende, ma senza emettere luce, sino a quando vado sul Rofum e cerco...Ok, proseguiamolo il discorso con questo autore ambizioso, rigoroso sul piano visivo e desideroso di scandalizzare con gusto. "Dark Crimes", del 2016, è uscito in ritardo nelle sale italiane, o forse in tutte?...

Tutti al capolinea del 5

L'avrete capito anche dal numero di recensioni, raramente così basso come questo agosto. Il Cinerofum è in difficoltà d'ispirazione. Un po' la calura, un po' la scarsità di titoli accettabili proposti dalla pregevole distribuzione italiana, poi gli altri impegni, tant'è che ultimamente...pochi titoli e scalerci. In questo senso, "Final Destination 5" è sintomatico del livello in cui si trova la fu gloriosa Sala Valéry. Non è il caso di spaventarsi, allarmarsi sì. Questo n-simo capitolo della saga dedicata alle dipartite più spettacolari, accidentali e insindacabili, diretto dallo statunitense classe 1967 Steven Quale, fa bene il suo lavoro sporco. Resta da capire se lo stiamo facendo anche noi, in sala.

Finché va, lasciala.

Proprio quando pensavo d'aver avuto l'onore di iniziare alla carriera di spettatore cinematografico la più bella nipotina, ecco che si spengono le luci e mi fugge gridando lamammaaa. Cambio di sala, pertanto, e mi ritrovo con tutt'altra compagnia, non meno piacevole (Pulcy Dani ed Elena). Dai un cartone animato III di dubbia qualità, mi ritrovo a vedere "Resta con me", scritto e diretto dall'islandese classe 1966 Baltasar Korkámur, dove l'ovvia barchetta di piccioncini (appena incontratisi, of course) si ritroverà alla deriva ("Adrift" è il t.o.) nel bel mezzo di una pacifica tempestuccia. Storia vera come l'uragano Raymond del 1983.

Boicotta Autogrill

In quel di Andalo, nell'accogliente sala Pegorar, la scorsa settimana s'è mantenuto vivo il Cinerofum. Seppur a qualche centinaio di chilometri dalle consuete poltroncine, seppur grazie ad un thriller in salsa (americana) road movie. Oh, che poi...alla fine della fiera Elena ed io soddisfatti dell'ottima compagnia. D'altronde, con quella sagoma di Kurt Russel, nel 1997 in fase calante ma ancora arzillo e desideroso di dar prova di sé, azione e divertimento sono solitamente assicurati. Quell'anno lo diresse Jonathan Mostow, statunitense classe 1961, in "Breakdown" (s.t. italiano "La trappola"), dimostrando di essere un buon manovale del genere.