Finché va, lasciala.

Proprio quando pensavo d'aver avuto l'onore di iniziare alla carriera di spettatore cinematografico la più bella nipotina, ecco che si spengono le luci e mi fugge gridando lamammaaa. Cambio di sala, pertanto, e mi ritrovo con tutt'altra compagnia, non meno piacevole (Pulcy Dani ed Elena). Dai un cartone animato III di dubbia qualità, mi ritrovo a vedere "Resta con me", scritto e diretto dall'islandese classe 1966 Baltasar Korkámur, dove l'ovvia barchetta di piccioncini (appena incontratisi, of course) si ritroverà alla deriva ("Adrift" è il t.o.) nel bel mezzo di una pacifica tempestuccia. Storia vera come l'uragano Raymond del 1983.

Inizia la pellicola e, a mio avviso, ecco la cosa più interessante di questa, altrimenti inutile: la struttura. Il sipario si apre sui resti della tragedia, sulla reazione e prime mosse della sopravvissuta. Stacco e si passa al prequel che ci porta a quando tutto prese il largo (il primo sguardo tra i due). E così via, di rimando in ricordo: l'inizio del film è di fatto punto di arrivo e punto di partenza di due fili dell'intreccio. Sino a quando la cortina si chiude sulla palazzina d'acqua che chiude i giochi, crollando sulla lussuosa quanto impotente imbarcazione, richiudendo il cerchio dal punto in cui tutto iniziò. Forse roba già vista, non ricordo.
Per il resto, lui con la barbetta, lei che conferma la mancanza di budget pel casting; l'ormai onnipresente artificio del c'è-nonc'è (da Kaiser Söze, a quel sesto senso, assieme agli altri...), qui invero rozzamente esplicito; dopo l'ovvia cura negli effetti speciali per ricreare il disastro, quindi via di tenerezze e battutine tra ragazzi che non vogliono (né debbono) dirsi cose particolarmente profonde. Ci pensa già l'oceano.
(depa)

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