Round trip poetry

Giovedì, si sa, è un giorno goloso per un cinefilo. Quando non si è troppo persi nelle 8 ore più insulse, ci si ricorda di guardare fuori. Nel mio caso: controllare cosa esce nelle sale. Leggo "di Jim Jarmusch". Bon. Marigrade abile e arruolata. Ghe semmu, "Ariston" 21.15, "Paterson". Ed eccola, la poesia, riecheggiata dallo sguardo di un autista sensibile.

Rubala e corri

A volte va così, ti arrovelli nel cercare pellicole decenti, poi qualcuno, tipo Marigrade, ti propone un filmetto in un cinema parrocchiale frequentato da ultra novantenni, tipo "Nickelodeon", tu non sei convinto perché sei snob, tipo me, e infine ne esce una pellicola leggera ma intelligente, ironica ma attenta, scanzonata ma utile. Utile, ad esempio, per capire cosa sia stata La Musica per generazioni di ragazzi malcapitati (tipo Dublino anni '80). E' per questo che mi sento di consigliare "Sing Street", tipica boy-band story (qui @school level), diretta dal dublinese John Carney (classe '72), che si fa percorso di crescita, dove questa può significare solo evasione. Anche perché la musica, prim'ancora che in un'epoca e in un luogo, è nell'aria.

T'imburtùn

Due giorni fa m'è caduto l'occhio su "Regia di Tim Burton", quindi, fedele e fiducioso, mi sono incamminato verso l'"America". Non sapevo nulla di "Miss Peregrine" (sottotitolo "La casa dei ragazzi speciali"), ma dopotutto cosa bisogna sapere di un film del fantasioso regista di Burbank? Basta accoglierne la magica atmosfera e lasciarsi divertire e commuovere dai suoi personaggi. Quando ci sono...

Intergalacticazz!

Rosicchiandolynch. Andando avanti con la filmografia di David Lynch, intendo. Ieri sera, abbacchiato per l'ultimo Burton, ho cercato altra magia. Un'avventura nel fantastico che lasciasse del dolce in bocca. Pertanto, ore 21:19:67 (!), start su "Dune", pellicola del 1984 basata sul romanzo omonimo, del 1965, dello statunitense Frank Herbert. E mi ritrovo nell'anno 10910 (e qualche giorno), tra Atreides, Arkonnen e Arrakis...

Amare da morire

Domenica scorsa, dopo un "Edipo re" così così (aridaje) ed un saluto ai ragazzi di Pellicceria Occupata che non mollano (a breve, post), Elena ed io per l'ultimo saluto alla "Diva fragile" Gene Tierney. Già, poiché agli "Amici del Cinema", cineclub incastonato nel gigantesco Don Bosco di Sampierdarena, è in programma "Femmina folle" (t.o. "Leave her to heaven"), pellicola del 1945 diretta dal newyorkese John Stahl (1886-1950). Pellicola intrigante, date l'ipnotica bellezza e la "folle", appunto, gelosia della protagonista.

Amore a perdere

Due lunedì fa, all'"Altrove"...che ve lo dico a fare?...gli U.S.A. risposero mastodonticamente al fuoco sovietico. Sempre del 1980, "The Elephant Man" di David Lynch strappa e calpesta il cuore dello spettatore. Anch'esso, in fondo in fondo, non diverso da tutti gli altri e, proprio per questo, avverso a tutti i diversi. 

Io, testardo

La settimana scorsa, dopo un "bambino che amava gli alberi" così così, pure troppo volitivo e giusto (e cosparso di tanto amore!), ho voluto unire i due fili che mi trovavo tra le mani, quello di David Lynch e quello dei buoni sentimenti. Un azzardo, se si pensa alla cifra artistica di Lynch. Ma, nel 1999, il regista del Montana sorprese tutti con un lungo percorso della memoria, commovente e necessario: "Una storia vera".

That’s amore!

E’ un pigro e noioso pomeriggio in sala Porty Hostel, o meglio lo era prima dell’incontro con un vecchio amico del Cinerofum, Billy Wilder, che mi ha piacevolmente intrattenuto raccontandomi il mio bel e lontano paese. Un’Italia comica e disordinata, ma soprattutto affascinante e romantica.
Siamo nel 1972 quando nelle sale usciva “Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?” (Avanti!) commedia decisamente piacevole anche grazie al suo principale interprete, un grande Jack Lemmon.

Giochi di società

All'"Altrove"...già sapete. Ieri sera il primo è stato sovietico: "Caccia alla volpe" del 1980, diretto dall'ucraino classe '45 Vadym Abdrašytov. Pellicola interessante, dove la regia compatta chiude il cerchio nel finale (se vogliamo, proprio non chiudendolo), dopo aver "parlato" di senso di colpa, di gelosia, invidia, odio, insomma tutte le belle rughe che compongono il nostro volto.

Voltilontani

Venerdì scorso è stata la volta dell'ultimo lavoro di Xavier Dolan. All'"Ariston" a vedere "È solo la fine del mondo", con Marigrade ed Elena, ci sono pure io. Il giovane regista canadese ripresenta le sue tematiche, l'incomunicabilità su tutte, scegliendo in questo caso un testo teatrale che possa fisicamente rendere temperature, urti e attriti di un dramma in interni di ben poche speranze.

Beata Innokentia

Forse avendo visto gli USA mettere in campo l'artiglieria atomica, ieri sera, nella fredda sfida del lunedì all'"Altrove", l'URSS ha deciso di non affrontare gli avversari sullo stesso piano e, con una mossa strategica degna di uno scacchista russo, di colpire di sorpresa, virando verso la Foce del Surreale, così da disporre dei vantaggi dell'Altopiano del Grottesco. "L'incredibile signor Detockin", diretto nel 1966 dal sovietico Eldar Rjazanov, entra di diritto nei film comici che guarderei sempre, a testa in giù, assurdamente.

Ultimo pre buio

"Cold war"...bla..."Intolerance"...bla bla..."Altrove"...bla e bla..."Gli ultimi fuochi", OCIO! Intendi dire che, ieri sera, alla solita proiezione in pellicola, è stato proiettato l'ultimo film, datato 1976, diretto da Elia Kazan? Esattamente, caro 'Rofum; tratto da Fitzgerald e con cast d'eccezione, è una botta d'amore antidolorifico, prima della consueta picchiata.

Allora fallo tu

Sabato pomeriggio grigio, fuggo in una sala. Scelgo la "Corallo", gran cinematografica! colle sue sinuose poltrone rosse, morbide sotto di voi, dove proiettano l'ultimo film di Clint Eastwood, "Sully". Prevenuto verso questa pellicola per qualche ultima scadente visione (le mie lo furono) e per chiacchiere amiche ad essa avverse, mi ritrovo all'uscita tutto sommato soddisfatto, a chiedermi quali insuperabili difetti si possano intravedere in essa. Niente di indimenticabile, certo, ma nemmeno irritanti pretese. Un fatto di cronaca con la sua scia d'inchiesta, tutto ben ricostruito, per amore di verità e, soprattutto, d'intrattenimento.

Era un'altra

Venerdì scorso siamo saliti sul 18, Mino ed io, direzione Sampierdarena, per il terzo appuntamento galante con Gene Tierney. Questa volta la "Diva fragile" s'è presentata in singolare veste di assente, anzi, di cadavere. "Vertigine" (t.o. "Laura"), diretto da Otto Preminger nel 1944, è un giallo su cui aleggia lo straordinario fascino della protagonista, reso ancor più potente dal mistero del suo presunto omicidio.

Il bozzo

Ieri sera con Valéry (la sala) eravamo in tre: Elena, Mino ed io. Rafforzati dalla zuppa di legumi preparata dalla prima (presi dal verduraio, lasciati in acqua ore e ore e con aggiunta di zucca), non c'è rimasto che attendere dinanzi allo schermo. Dopo aver visto e apprezzato il suo ultimo, la scelta è caduta su un altro lavoro del regista turco Nuri Bilge Ceylan, "Uzak" (2002). Lentissimo pedinamento di uno dei tanti, strappato alla propria terra e sbalestrato in cerca, ancor prima del pane, di una ragione, uno scopo. Coefficiente di difficoltà elevato, raggiunto solo in alcuni momenti.

Orbi da botte

Domenica scorsa, invece, in Pellicceria Occupata, quarto e ultimo appuntamento con "We still hate You Thatcher" (il terzo ce lo siamo "fumato"), interessante rassegna dedicata al cinema britannico a sfondo sociale Anni '80-'90. Pure Mino presente per "Niente per bocca", scritto e diretto dal londinese Gary Oldman nel 1997, pellicola tosta, che parte timida e chiusa, per poi assestare raffiche di pugni sul volto.

Divina sciocca

Ieri sera all'"Altrove" solito scontro, all'ultima pellicola, tra USA e URSS. La rassegna "Cold War" ha previsto prima la proiezione sovietica, con "Schiava d'amore" di Nikita Mikhalkhov (1975). Film ambizioso, visionario, surreale, grottesco, chi più ne ha più ne metta. Ecco, non drammatico. Veder per cedere. Logorante, solo a tratti gratificante, affresco in movimento sul cinema e sul suo strettissimo legame con la realtà.

Lo Spirito Franco

Venerdì scorso, usanza che Elena ed io apprezziamo sempre più, ci siamo diretti in quel di Sampierdarena a trovare gli "Amici del cinema" (sala F.i.c.e!), i quali propongono la rassegna di 4 titoli "La diva fragile", dedicata a Gene Tierney (1920-1991). Il secondo appuntamento ha previsto "Il fantasma e la Signora Muir", diretto da Joseph L. Mankiewicz nel 1947, e per l'occasione s'è unito pure Mino. Favola leggera resa "spessa" dal vuoto interiore che l'attrice statunitense, quasi un suo marchio registrato, lascia sempre intravedere.

Parliamone

La Sala Valéry non ci sta ad essere presa per i fondelli. Dopo la figuraccia di domenica scorsa, di fronte allo sguardo ironico ed alla ripetuta sarcastica di Mino ("che sballo"), si riprende il prestigio che le è consono. La "Palma d'oro" 2014 fu "Il regno d'inverno" ("Winter sleep"), scritto e diretto dal turco Nuri Bilge Ceylan, classe 1959, e finalmente ieri sera, in sala Elena, Mino ed io, tutti soddisfatti per questo intenso romanzo letterario, dai dialoghi alti e pericolosi, in cui i rapporti umani (borghesi) sono scandagliati con acume e ferocia.

Taxi a specchio

Il Cinerofum cerca di guardare in ogni direzione. Dalla preistoria cinematografica, nelle sue varie ere, alle recenti uscite ("quello che se po' fa'..." stabilisce lo storico monito del blog), quindi uno sguardo agli ultimi 20 anni, così ricchi e diversi per contenuti e stili. Michael Mann (Chicago, 1943) rappresenta uno dei prodotti della Hollywood che, tra le pieghe dell'action movie (genere così "disinvolto" negli anni Ottanta), vuole instillare solide qualità autoriali. "Collateral", del 2004, rappresenta un ottimo esempio di questo intento artistico.

Quale progresso?

Movie crossing. I ragazzi dell'"Altrove" offrono uno spunto, Mino si aggancia e, addirittura, fornisce. Ecco come vedo il cinema, scambio costante, innocente e superbo, di conoscenza, di film, di sale (cinem.) e di chiacchiere. Queste le mie figurine da scambiare. Poca spesa e arricchimento garantito. Veniamo a noi, anzi, a Sidney Lumet, il quale esordì dietro alla m.d.p. nel 1957, con "La parola ai giurati" (t.o. "12 Angry Men"). In sala Valéry, Elena ed io a seguire questo spietato scontro, tutti contro uno, intavolato dal regista.

"Ultimamente..."

Dopo "Quel pomeriggio...", accaldato e bestiale, s'è presentato all'"Altrove" Andrej Tarkovskij che, scegliendo l'argomento fantascientifico, ha spinto sul ring la bobina, rigorosamente versione integrale, di "Solaris". Del 1972, tratto dal romanzo scritto una decina d'anni prima dal polacco Stanisłav Lem, è un viaggio nello spazio della mente, in particolare del ricordo, magico marchingegno che tutto può realizzare.

Organizzala!

Altro giro di "Intolerance", ancora "Cold War". Sì, all'Altrove, come ogni lunedì. Ieri la sfida USA-URSS ha visto scontrarsi, a colpi di celebri opere, due registi "sacri" come Lumet e Tarkovskij. A salire sul ring per prima è stata "Quel pomeriggio di un giorno da cani", diretto da Sidney Lumet nel 1975. Una rapina andata a male, con tutta la disperazione...e la comicità connesse.

Rachitica sociale

Il secondo "capolavoro" visto ieri in sala Valéry è stato "The commitments" di Alan Parker. Lavoretto da domenica pomeriggio per ragazzi anche questo, che l'autore inglese scrisse e diresse nel 1991, racconta i sogni di gloria di un gruppo di dublinesi scapestrati, sorprendentemente indirizzati alla musica soul. Nonostante la distrazione, per Mino e me non è stato difficile cogliere l'ottima caratura di una pellicola leggera ma non per questo priva di molteplici piani di lettura ("E' evidente la cura riposta nella scrittura dei dialoghi, nonché la sottile critica sociale!"...puahahah), insomma un film di una bruttezza imbarazzante, che soltanto due artisti come quelli presenti in sala, possono volgere in vivace appuntamento.

Che sballo

Dopo il breve ma intenso soggiorno in quel di Cremolino (fraz. San Quirico) e il rimontone shock contro il Sassuolo, visto in Sud con papà (!), la sala Valéry non se l'è sentita di caricarmi ulteriormente d'emozioni. Pertanto, due filmetti della domenica, che altro non sono riusciti a fare che stuzzicare me e Mino ad una feroce ed esilarante ironia. Zero sconti, Mr. Peter Weir, il tuo "Green card", del 1990, è robetta per zitelle frustrate. Molti spunti interessanti in una commedia dall'apparente leggerezza (uizkomenò): che sballo.

Guardalo, ascoltalo!

Alla sala Valéry, ieri sera, è stata regalata l'illusione d'essere affollata. Poveretta. La presenza di Chiara e Mino le ha regalato attimi di vera commozione. Le lacrime, però, non han bagnato alcunché, raggelate dalla figura del folle protagonista e dalla cupa e braccata atmosfera di "La morte corre sul fiume". Opera unica dell'attore inglese Charles Laughton, datata 1955, è pervasa del carattere sfrontato e anticonformista dello psico-pastore, diabolico e sornione, interpretato da un grande Robert Mitchum.

Pacificone

In sala Valéry, saltuariamente, capitano DVD clandestini provenienti dal culture-crossing di qualche caruggio intelligente (cinema, letteratura, pittura...). In salita Santa Brigida la proposta è caduta sull'australiano Peter Weir e, in particolare, su "Gli anni spezzati". Pellicola del 1981 che, pur nella sua artificiosità, risuona come uno dei più accorati lamenti pacifisti.

Mai senza Martha

Dopo l'ennesimo viaggio a vuoto, compiuto venerdì scorso, verso gli Amici del Cinema di Via Rolando, Elena ed io non abbiamo mollato e, il giorno dopo, con largo anticipo, compresa la lezione, ci siamo presentati al cospetto del sacro maestro in Delicatezza e Ironia, Ernst Lubitsch. "Il cielo può attendere", del 1943, è commedia d'élite, opera di pregio e spirito d'artigiano attento.

E fattela sta barba!

In rappresentanza del Cinerofum, siamo stati due in trasferta all'Altrove, io ed Elena, per la rassegna "Intolerance: Cold War". La scorsa settimana m'era capitato in sorte il lato sovietico, questa lo statunitense. Ma la sfida, se così vogliamo chiamarla, ieri sera è stata impari. "Il giorno dopo la fine del mondo", scritto e diretto nel 1962 dal gallese Ray Milland (ben più noto come attore) , di sicuro non è da registro di conservazione. Tuttavia, pur con tutto il suo individualismo spinto, resta un film da avventura che ben pungola la fantasia.

Cloaca Viva

Ieri sera nella "Valéry" è tornato Akira Kurosawa. Il regista la cui arte fondeva maestosamente Poesia ed Azione, ha portato con sé "L'angelo ubriaco", pellicola del 1948 che, ancora una volta, ha emozionato la sala con eleganza e ritmo. Elena, Juri (novità!) ed io, a contemplare questa Settantenne più che mai moderna.

"Accendini, sigarette, bombe a mano"

Infine ho recuperato "La bocca del lupo", film-doc del 2009 del casertano Pietro Marcello. Per un caruggiaro era una mancanza che fiaccava la chiacchiera, aprendo un silenzio d'imbarazzo. Quindi, Elena alla mano, rinunciando ad un classico musical in un Cineforum poco più in là, mi sono diretto al Nickelodeon: mannaggia, perché il piatto piange davanti alla bocca dei suddetti. Marcello autore ambizioso di cui ho già commentato l'ultima opera, che reputo molto superiore a questa, a mio avviso qui si smarrisce lungo il concetto dell'opera.

Rimpianto e dolore

Intolerance all'Altrove. Vado. Al secondo spettacolo, la controparte sovietica della doppia proiezione in pellicola. "Quando volano le cicogne", diretto da Michail Kalatozov nel 1957 e che valse allo stesso la Palma d'Oro 1958, è un film dalla caratura lampante che conquista col fascino sotterraneo di un'opera artistica che emoziona e resta.

Magia di cuore

Dolce Tati, viene istintivo dirigersi dove fanno capolino pipa e impermeabile. Ogni volta che c'è un tributo per Jacques mi presento. Figurarsi, poi, se gli "Amici del cinema", in coda ai grandi successi dell'artista francese, propongono un film d'animazione tratto da una sua sceneggiatura. L'incontro tra il poetico mondo di Tati e quello altrettanto profondo e sensibile di Sylvain Chomet, genera una dolceamara d' illusione e povertà, amore e solitudine. Goia di vivere, con quel che si ha: "L'illusionista" (2010).

"Arricottaiene!"

Dopo aver apprezzato il suggerimento giunto tre anni fa da Yuri "Come On Doria" che, attraverso un affettuoso documentario, mi fece scoprire la magica epopea di uno stravagante cinema d'essai (...) fiorentino; dopo aver sorriso ed essermi commosso, dicevo, non ho potuto tirarmi indietro di fronte alla trasposizione cinematografica in "grande" stile. Quindi per sincera gratitudine, più che per sterile amicizia. Ma proprio perché spero che la nostra non sia sterile, Yuri, mi tocca dirtelo...deboluccio questo "L'Universale", uscito quest'anno e diretto ancora da Federico Micali.

Prega tu che mi vien da ridere

Lunedì scorso, saltato il calcetto e inventato il cinema in pellicola, non m'è rimasto che seguire le orme di Marigrade che, al grido di "gli argentini non tradiscono", mi ha segnalato tal "Il missionario - La preghiera come unica arma". Se non fosse che la pellicola è, in primis, paraguayana (produzione spagnola) e, in secundis, terribile.

Giallo di colpa a Liegi

Parliamo un po', da soli, dell'ultimo film di Jean-Pierre e Luc Dardenne, "La ragazza senza nome". All'uscita dell'Ariston, Elena così così, Mino entusiasta ed io tra i due. Dardenne anomalo? I puristi potrebbero storcere il naso. Marigrade, centrando, parla di respiro più angusto del solito. Ma, a mio avviso, quest'ultima opera è apprezzabile proprio per la sterzata con cui il cinema fortemente civile e psicanalitico dei fratelli belgi s'accosta al filone del giallo (grigio Liegi, nordico no Scandinavia), più prettamente narrativo. Si badi bene, sempre col loro stile.

Dio sanzioni la Regina

Incredibile. Ken Loach si è ripulito. E' andato in comunità e ne è uscito come nuovo, realizzando un film intenso, vero e duro, asciutto, col quale si è aggiudicato l'ultima Palma d'Oro. "Io, Daniel Blake" può essere preso come modello per le pellicole a sfondo sociale per la misura raggiunta e mantenuta, per la lucidità con cui rappresenta il desolante quadro umano: mica è facile stare calmi...

Occupare è giusto

A volte uno sguardo in rete può tornare utile. Come ieri, quando su "i miei film .it" (o come se ciàmma), scorrendo senza perdere tempo agli ultimi titoli elencati, ho scoperto che al Sivori avrebbero proiettato. "L'Onorevole Angelina", diretto dal romano Luigi Zampa nel 1947. Commedia sociale infinitamente attuale, richiama ad un impegno politico che sia tale e, allo stesso tempo, evidenzia l'incompetenza e la malafede delle classi dirigenti.

Campagna paludosa

Per la sala Valéry, anche grazie ai preziosi rifornimenti di Mino, è stato un ottobre trionfale. Sia d'auspicio per un autunninverno carico di titoli indimenticabili! Due settimane fa è stata la volta di Luis Buñuel che, nel 1964, diresse un racconto spavaldo e graffiante, tratto da un romanzo francese (Octave Mirbeau), completamente affacciato sulla meschinità della società borghese (cioè la nostra): "Il diario di una cameriera".

Morte e vitigni

E' bello entrare nella piccola sala dell'Altrove, per il solito appuntamento in pellicola, e aspettare che si spengano le luci per: 1-scoprire che alle nostre spalle c'è niente po' po' di meno che Miss Sospiro, che dovrà comunicare a tutti le proprie sensazioni e 2-veder comparire al nostro fianco il Tizio Che Compare Sempre 20 Minuti Dopo, che inizia a maneggiare il cellulare fregandosene del film (c'è sempre, un po' come gli automobilisti francesi per statali e provinciali: non sarete mai soli, si appostano chissà dove e vi si attaccano dietro). Ieri pomeriggio, poi, è stato bello pure il film quindi che volere di più: "Il padre del soldato" è una pellicola sovietica diretta nel 1964 dal georgiano Revaz Chkheidze (1926-2015), dove un gigante buono percorre la follia della guerra: si dà la vita per una terra che, in realtà, si vuole morta.

Musica imbizzarrita

Una domenica post derby (vinto), con tanto di pioggerellina su tutta la città, non può che puntare il dito sul morbido tappeto della Sala Valéry: "Ora goditela, sta' un po' buono lì...". Seguo il consiglio di Domenica e premo play su "Year of the horse", documentario girato da Jim Jarmusch, nel 1997, raccogliendo materiale e interviste, più o meno formali, durante l'ultimo tour europeo di Neil Young e i Crazy Horse.

Poco rumore per tutto

Il venerdì pomeriggio appena trascorso l'ho passato con Jacques Tati, presso gli Amici del Cinema. Ottima occasione, dopo un po' di tempo, per rivederci tutti. Compreso Monsieur Hulot, incontrato per la quarta volta in "Playtime" (1967), il film più "carico" della cifra dell'anticonvenzionale regista/attore comico francese, con una tale sovrabbondanza di oggetti e situazioni sullo schermo, da frastornare in allegria.

Mica è facile

Tra le varie incursioni subite dalla sala Valéry nelle scorse settimane, c'è stata quella di Nanni Moretti, ripresentatosi ai nostri appuntamenti, assieme ad Elena, Zippino e me, con appresso il suo "La messa è finita", del 1985. E' sempre piacevole seguire il simpatico ed insopportabile Nanni anche nelle improbabili vesti di un prete sagace e inopportuno.

New Train Sound

Ho detto chiacchierata. Ho detto lunga. Quindi proseguiamola. Jim Jarmusch una decina di sere fa s'è ripresentato in Sala Valéry. Occhiali neri su chioma bianca, anche con "Mystery train" (sottotitolo "Martedì sera a Memphis", del 1989), s'è trascorsa un'ottima serata in compagnia del regista che vien dall'Ohio. Creatore originale di intrecci bizzarri e curatore attento dell'immagine ben costruita, Jarmusch coi suoi film suscita quel sorriso che pare ben conscio di considerare senza motivo.

Fischio universale

Durante le ferie casalinghe ottobrine, come detto, s'è fatta una lunga chiacchierata con Jim Jarmusch. Per "Taxisti di notte" (t.o. "Night on Earth", 1991), oltre ad Elena e me, in sala Valéry s'è presentato pure Zippino; ed è stata una buona idea, stando ai suoi entusiasmi per la fotografia e l'ironia profuse in questa pellicola.

Sorgi a rinascere

Juri, che sul cileno Pablo Larraín ha pure scritto, me ne ha parlato bene; Claudio, incontrato casualmente in via XX, ha confermato: un biografico diferente. Pertanto ad Elena, Mino e me non è restato altro che puntare verso l'Ariston, dove in programma c'è "Neruda". Poesia d'amore e poesia di lotta, fuse assieme da uno dei più capaci artigiani della parola, non trovarono e mai troveranno luogo e tempo pronti. Per questo il poeta del Sole dell'Avvenir è condannato all'esilio perpetuo, con tutti i suoi personaggi.

Guerra e niente

Che bello, son ritornati i ragazzi dell'"Altrove", con la loro interessante e ricca iniziativa in pellicola, "Intolerance". Stavolta con sottotitolo "Cold War", dedicata al confronto tra le cinematografie statunitense e sovietica durante la Guerra Fredda. Insomma, la "Cineteca Griffith" è di nuovo tra noi e ieri, in seconda serata, ci ha presentato il regista russo (l'altrieri sovietico, oggi ucraino) Grigorij Naumovič Čuchraj. "Ballata di un soldato" è un film del 1959 dove, all'ode retorica del soldato fedele patriota, s'accosta l'elegia pacifista di chi non comprende la follia bellica.

Moto fatuo

I passaggi da casa di Santa Brigida sono sempre fruttiferi. Talvolta i raccolti sono persino succulenti. Qualche giorno fa, un cofanetto è stato visto attraversare via Balbi in direzione sala Valéry...si tratta di una collezione DVD dello statunitense Jim Jarmusch, di cui "Permanent vacation", del 1980, rappresenta l'opera prima, già rivelatrice della stilistica del cineasta indipendente.

Risibili epocali

In questo mese di ottobre, complici le ferie in città, la Sala Valéry ha spazzolato un bel po' di buon cinema. Dal prezioso archivio di Mino, una decina di giorni or sono, è stato estratto "A est di Bucarest", film romeno diretto nel 2006 dall'allora trentenne Corneliu Porumboiu. Opera prima che ho apprezzato per intelligenza e ironia, una leggerezza non sprecata che coinvolge anche il piano visivo.

...e la saetta più intensa

Seguendo il consiglio del fido Prof. Sini, in avanscoperta qualche giorno fa, avantieri sera Elena ed io al "Corallo" a rendere omaggio ai Beatles, spiati e incorniciati da Ron Howard nel suo ultimo lavoro, "The Beatles: Eight Days a Week". Documentario leggero che resta sulla superficie dell'onda del successo che travolse i Fab Four, cavalcata fulminea dalle caverne agli stadi; per poi immergere uno sguardo fugace sui dubbi e una certa noia che li braccarono.