Ieri sera all'"Altrove" solito scontro, all'ultima pellicola, tra USA e URSS. La rassegna "Cold War" ha previsto prima la proiezione sovietica, con "Schiava d'amore" di Nikita Mikhalkhov (1975). Film ambizioso, visionario, surreale, grottesco, chi più ne ha più ne metta. Ecco, non drammatico. Veder per cedere. Logorante, solo a tratti gratificante, affresco in movimento sul cinema e sul suo strettissimo legame con la realtà.
Un certo "Gruppo Artistico Sperimentale", proiezione nella proiezione, ci parla di un "Melodramma in 10 atti"; per fortuna andrà diversamente, trovandoci di fronte, d'altro canto, ad una passione repentina e infondata.
Un dietro le quinte pazzerello e sfuggente, soprattutto nella prima parte, con un bailamme felliniano nei pressi di un set cinematografico in piena guerra civile. Nella seconda parte c'è un curioso cambio di marcia, con la sfera politico-civile che irrompe sulla scena, e si assiste, io un po' perplesso, alla strana commistione messa in atto dal regista. I passaggi dal grottesco al puro dramma (che ci crede davvero!) e viceversa, si susseguono. Incentrato sul personaggio di Olga Nikolajvna, qui interpretato dall'attrice Elena Solovéj, e a sua volta ispirato alla figura di Vera Cholodnaja (Poltava 1893-Odessa 1919), diva ucraina del cinema dei primi del secolo XIX, il film esalta, con un pizzico di malignità, la stravaganza dell'attrice star, proprietà di tutti, icona di sé. Civetta del tutto staccata dalla realtà (ma con un visetto tanto dolce) che nemmeno nella sfera sessuale trova realizzazione, tanto è alta la propria considerazione. Zitella del palco muto, quello che maggiormente creava creature fantastiche, pare rinsavire soltanto a contatto con la morte. Ma è solo una finta. La stupida mai cresciuta Olga (Pover Oljenka!) non tradirà e a me non resterà che cercare un filo che non c'è (proprio quello di una donna smarrita, scottata dall'arte.) Cameriere, per me non un minuto di più, please, non reggo questi pretenziosi che sapranno anche confezionare una splendida carrozza gialla in fuga nella steppa del tramonto, ma che non evitano di finirci sotto.
Pazzia d'amore non riuscita.
(depa)
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