In rappresentanza del Cinerofum, siamo stati due in trasferta all'Altrove, io ed Elena, per la rassegna "Intolerance: Cold War". La scorsa settimana m'era capitato in sorte il lato sovietico, questa lo statunitense. Ma la sfida, se così vogliamo chiamarla, ieri sera è stata impari. "Il giorno dopo la fine del mondo", scritto e diretto nel 1962 dal gallese Ray Milland (ben più noto come attore) , di sicuro non è da registro di conservazione. Tuttavia, pur con tutto il suo individualismo spinto, resta un film da avventura che ben pungola la fantasia.
L'improvvisato ma concentrato curatore di ieri sera ci ha avvertito sulla necessità di "calarsi nell'atmosfera di quegli anni, quando temi come guerra nucleare e fine della civilizzazione" erano all'ordine del. Inoltre, nel film, "una violenza diversa da quella nel 'Pianeta delle Scimmie', piuttosto alla 'Arancia Meccanica', 'brutta da vedere' ". Insomma un preambolo che sa di mani tese in avanti. E non ha tutti i torti ragione, il curatore. Il thriller psicologico si basa sulle reazioni "incivili" dinanzi al fungo atomico (che poi son svariati). Guardare la pellicola con i nostri occhi ormai ciechi avrebbe poco senso. La violenza, anche se parlare di Oranges Meccaniche mi pare..., è dura nel significato e nel rimando, non certo nell'immagine. E' il sotteso di un gesto violento, o ciò che preannuncia, che, nel film, dovrebbe terrorizzare. Insomma "lo ammazzo perché altrimenti mi ammazza lui (stai pure certo), però ti amo". Non resta che apprezzare il lato comico e giocoso della pellicola. "Ora non esagerare, papà!" dice la ragazzina, evidentemente più esasperata dal cipiglio da guappo del padre, che dalla situazione politica mondiale.
Tra individualismo insano e reazionarismo infido, financo fascista, la pellicola ha una prima parte basata sull'assunto che Harry (Milland) ci veda più lungo di tutti gli altri (per noi che ne abbiamo viste altre, l'effetto è attenuato). Nella seconda parte si perde un po' di tempo in vista dell'"arrivano i nostri" più semplice.
Protagonista curioso da osservare, proprio perché credibile nella sua mancanza di coerenza. Provocatorio e dispotico ("passami l'accendino, Rick"), ma non troppo ("dobbiamo farci la barba tutti i giorni"). Figurarsi se in un western post atomico scritto da (e per?) lui, Milland non fosse il pistolero più duro e freddo...E c'è pure un dottore che dopo una guerra termonucleare mondiale, resta in guardia, fucile alla mano, per paura dei tossicomani (!). Si teorizza che l'istinto di sopravvivenza limiti il lato umano delle persone (con buona pace del Kropotkin), ma d'altronde cosa non si fa in nome dell'avventura!
(depa)
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