Infine ho recuperato "La bocca del lupo", film-doc del 2009 del casertano Pietro Marcello. Per un caruggiaro era una mancanza che fiaccava la chiacchiera, aprendo un silenzio d'imbarazzo. Quindi, Elena alla mano, rinunciando ad un classico musical in un Cineforum poco più in là, mi sono diretto al Nickelodeon: mannaggia, perché il piatto piange davanti alla bocca dei suddetti. Marcello autore ambizioso di cui ho già commentato l'ultima opera, che reputo molto superiore a questa, a mio avviso qui si smarrisce lungo il concetto dell'opera.
All'inizio, ritrovo le morbide e fluenti parole che pervaderanno ancor più "Bella...". E' un gioco facile magari; ma ci cascai l'anno scorso e lo rifarei ("all'ombra di chi veglia e chi dorme"). Poi compare la "maschera di uomo" (prima ancora che "duro") del protagonista. La qualità del supporto (camera?) che accoglie Vincenzo, tra nettezza e sopraelevata, non è il massimo. Ma non siamo qui per. Zanzibar.
Tre interrogativi. Il risultato è buono? Così così. Mescolanza di lirica alta, sfilacciamento, nuovo cinema diverso, confusione. Valeva la pena raccontare il personaggio? Così così. E' giusto raccontare anche chi è semplicemente e unicamente una persona; delle tante fagocitate (ed espulse) da tutti e 3 i poteri. Vero. Ancor di più se si apre lo spettacolo deandreiano di cui Genova è scenario ufficiale. Ma, ormai pure io masticato dai concetti borghesi, mi chiedo se non ci fossero altri "spessori" su cui investire (eccolo, profitto!). Quindi si tratta di una storia d'amore (Baracca dixit), ne prendo atto. Nessun legame stretto con La Superba, va bene (quindi il silenzio di cui sopra prenderà nuovi significati). Raccontare Vincenzo per raccontare la società tutta, noi tutti? Può darsi; il risultato del progetto, forse, ritrova giustificazione nei premi racimolati nei concorsi (nazionali ed intern), ma chiama anche a rapporto i botteghini sparsi per l'Italia (out of Genoa): com'è andata?
La velleitaria missione di dare rilievo ai personaggi cui nessuno ne dà, contrariamente a ciò che si vorrebbe, ha una distanza massima non superabile (cosa rischieremmo in ogni sala cinematografica!). E una maniera. Infine un esito. Giudico quest'ultimo.
Recentemente s'è parlato di "respiro" di un'opera, intendendo l'ampiezza del suo sguardo, l'universalità delle sue tematiche. Ecco, con paradosso lato mio, credo questa pellicola abbia un respiro ridotto rispetto alla successiva ambientata nella terra del regista. Qualcosa non ha funzionato nell'incontro tra Marcello e Zena? Se è Genova fosse stata solo una "scusa", o un caso, ciò non sarebbe grave. Ma ho l'impressione che le immagini di repertorio e la peculiarità delle mature donne e non dei caruggi per i quali ho sempre vagato, suggeriscano altre conclusioni.
I momenti migliori sono al "New Frisco", dal fascino potente, vero, immediato, così come quelli remoti della Sottoripa Anni '80, colle sfumature tra Zanzibar e altre "oasi".
Pellicola smaccatamente sotto-proletaria, anche se di "classe inconsapevole" (l'anarcoide Enzo lontano da una conscia ideologia), si aggroviglia nel proprio radical-undergound.
Non so. Diciamo che non avrei dubbi, tra quel musical rinunciato e questo documentario, su che cosa consigliare.
(depa)
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