Non le tieni

Era dai tempi milanesi, della mitica sala Uander. Lacrimuccia. Era dal 2014 che non si vedevano così tanti film. Conclude questo maggio pazzo, il terzo capitolo della saga dell'ex maresciallo, ora comandante dei vigili, Carotenuto ("metrotulipano"), nella sua Sorrento. Il Technicolor esalta il blu del Golfo, la bronzea pelle di Sophia Loren, ma "Pane, amore e..." (1955), di Dino Risi, perde in agilità.

Magnitudo Malalingua

Un anno dopo, nel 1954, Luigi Comencini realizzò l'attesissimo seguito dell'epopea popolare di "Bersagliera" e del maresciallo Carotenuto. "Pane, amore e gelosia" riprende il racconto dove lasciato, secondo tempo naturale del capitolo precedente. Stessa comicità, tra la potenza della "Lollo", la disinvoltura di De Sica e i tanti caratteri attorno... 

"A punta di forbice!"

RaiMovie propone la trilogia del "pane e amore". Alle due pomeridiane mi dispongo sul divano. Nel 1953, Luigi Comencini diede il via alle buffe vicende del maresciallo Carotenuto, scapolo rubacuori sorrentino, un po' in là, ma dall'ardente desiderio e solida dedizione... "Pane, amore e fantasia" è una commedia scatenata, travolta da una Lollobrigida indomabile.

Hey Jacknife

Ieri sera è stata la volta della libera videoteca di Santa Brigida. La seconda proposta riguardante il regista inglese David Jones è stata "Jacknife", 1989. Storie di reduci, Vietnam, e dove sennò?, con sorella di mezzo. Triangolo delicato e burrascoso, vite morte di tutte le guerre, sorretto da dialoghi credibili e tre commoventi interpretazioni.

"Crisi" di Rossellini

Più di un mese fa, in pieno lockdown (che ora è come la torta di riso...), dalla Sala Valéry è passato Roberto Rossellini. Sotto forma di blue-ray, con l'ombra di Mino dietro, il regista romano ci ha raccontato di una relazione logora, assediata da silenzi assordanti e raggelata da freddure insinuanti. "Viaggio in Italia", del 1954, è ghiaccio doloroso, che nessun turbamento potrà riscaldare.

Testamento cieco

Altro cofanetto finito. Elena non c'è, Derek Jarman ed io approfondiamo. Ieri sera è stata la volta della quarta proposta, corrispondente all'ultima sua opera. "Blue", del 1993, a pochi mesi dalla dipartita del regista, è il suo testamento blu. Ironico e dolce sfogo, su passato e malattia. Toccante corrente audio, di ricordi e bui.

Maledetto Gaveston

Terzo appuntamento con Derek Jarman. Il suo "Edoardo II", del 1991, ha pervaso di ombre rossogialle, shakespeariane ancora, la sala Valéry. Basato sul soggetto del drammaturgo Christopher Marlowe (1564-1593), coetaneo di Shakespeare genio e sregolato, morto nell'ultima rissa, questo film ben s'adatta alle tematiche del controverso regista inglese. Il proprio trono re per l'amato. L'amore impossibile tra Edoardo II e Gaveston, qui teatralmente senza epoca, è quello di ciascuno.

Gloria Hitch

"Psycho", del 1960. Il 'Rofum giunge a questa gloriosa tappa del viale tracciato da Alfred Hitchcock. In sala Valéry regna il rispetto. Elena non chatta. Io non. Apice dell'introspezione cinematografica del regista londinese, psicologia e ritmo cardiaco, ombre e movimenti. L'ultimo film in bianco e nero di Hitch diventa il manifesto di tutte le sue molteplici sfumature.

(Quasi) Scherzi

E poi fu "La finestra sul cortile", del 1952. Uno degli Alfred Hitchcock cui sono più affezionato, col suo sapore di sfida, tutto un cavedio, tutto nascosto, tutto non visto. La potente costruzione dal nulla. Pochi interpreti, tutti grandiosi (baciami Grace). Poi una serie di siparietti, tipici d'ogni nuova modernità, a tessere la ragnatela d'un invisibile omicidio. Capolavoro.

Tableaux Vertigo

Ed eccoci qui, Derek, come promesso. L'anno dopo quell'allucinato filmato sulle universali passioni shakesperiane, il regista inglese Derek Jarman realizzò un vortice su quelle di un altro sommo artista  ("no, è vita!"), stavolta non nel torrente dei versi, ma nel vivo dell'immagine. "Caravaggio", del 1986, è complesso quanto appagante, tutto teso alla scoperta della viva carne da tela.

Tom Horn assassinato

Incontri nati per caso. Imbattersi in un film. Come stamattina. Mi alzo all'alba delle nove per un "Boc '70", ancora una volta squaternato; quindi mi ritrovo, dopo meritata colazione, semi-nudo, con "Iris" davanti (io dietro), nuda, nella "Valéry": erotocinefilia da 'Rofum. Dev'esservi qualche anniversario riguardante Steve McQueen (nascita, 1930? morte, 1980?), ché guizzano i suoi film ancor liberi tra le reti. In questo caso il penultimo, diretto nel 1980 da tal William Wiard. "Tom Horn" è un western crepuscolare, sì, nell'ultimo Ovest, coi restanti eroi. Tom, ex militare buono, pagherà la fiducia passata.

L'estate della bellezza

Subito dopo aver conosciuto Derek Jarman. Silenzio in sala Valéry. Cofanetto covato da un po', finiscono i mean Hitch e i doc ambientali, Elena sbircia preoccupata. William Shakespeare irrompe coi suoi potenti Sonetti, d'un amore impronunciabile, scontrandosi nella danza dei corpi del regista connazionale. "The Angelic Conversation", del 1985, è nuova avanguardia che può dar sconcerto, come musica per gli occhi. Elena, nel dubbio, tappa tutto.

Munizioni in mano

Poi venerdì scorso è ritornato Howard Hawks. Non si è presentato con un film qualunque, ma uno suo. Scherzo. Nel 1959 il mitico regista dell'Indiana realizzò una delle suo opere destinate a restare di più nella memoria: "Un dollaro d'onore" (t.o. "Rio Bravo") è un racconto corale, di un piccolo angolo di West, dove le giornate, per un manipolo di fedeli alla legge, son duelli sotto il sol leon. E assedi alla dinamite.

Un po' di lingua

Domenica sera, invece, a cofanetti terminati, Elena ed io (il Rofum, insomma) abbiamo adocchiato quei misteriosi DVD di Santa Brigida. Tra questi, era proposto David Jones (1934-2008), autore statunitense dalla blanda filmografia, più noto in campo teatrale. E così "The confession", del 1999, ultimo lavoro dell'autore, ne emerge con porzione minima, annoiando con logore dinamiche, riacciuffando l'attenzione con quesiti morali aggrappati ai volti dei due protagonisti, angelidemoni della società americana e non solo.

Legalize it Van

C'è di tutto, nel cinema. Quindi in sala Valéry. Come ieri sera, con incursione di Zippino (qual ritorno), che ha pure offerto melanzane alla parmigiana e torta di verdure (prova fotografica a Elena), dove il 'Rofum s'è trovato dinanzi ad inappellabili "Hitch te lo tieni". E ho detto tutto. Scelto di conseguenza: "Come ti spaccio la famiglia" è un filmone del filone sballato, drug movie vietato ai 17 per allusioni a canapa e traffico di lap dance. Terzo lungometraggio di Rawson Marshall Thurber, californiano classe 1975, offre gag un po' datate e qualche imbarazzo da risate, pellicola...pomeridiana, diciamo.

Taigher, drink ?!

Sarà difficile dimenticare questo maggio di 'Rofum-19. Cinema per nulla isolato: una passione non si arresta. Nella reattiva (...) sala Valéry, sabato scorso, eravamo in quattro a chiacchierare con Claude Chabrol: le due Elene, Mino ed Io. Schivato un giocattolo italiano, non il vino uguale, il cursore s'è posato sul suo "La tigre ama la carne fresca", del 1964. Spy story dalla veste non convenzionale, cavalcante la "Nouvelle Vague", ma col topico cipiglio di un seducente supereroe di polizia. Trova sorprendentemente il ritmo in sé.

Clima a posto

Ma sì, intendevo record da quarantenati, un podio di questi tre mesi: dovrei riuscire. Tra i tanti documentari proposti da Cinemambiente e visti dal 'Rofum, purtroppo pure alcuni inutili. Di quelli che dici "zio fa ho perso l'occasione per un film". Come questo. Partendo dal concetto nuovo-ma-non-troppo del "profugo climatico", il lavoro degli italiani Elena Brunello, Paolo Caselli e Francesco Ferri si perde nei meandri di un ecologismo minimo per tutti. "The climate limbo", spolvera in quaranta minuti i problemi ambientali e le loro ripercussioni sugli sfruttati del mondo. Dimenticando che questi lo resterebbero comunque, pure in un eden incontaminato, senza un'analisi socio-economica, una posizione radicale e autonoma che sorpassi il volo delle api in estinzione.

Orchestra terrore!

Oggi, ancora oggi. Ma prima. Alle 9:30 su "RaiStoria" e, da lì, in sala Valéry, s'è affacciato il sommo Federico Fellini. Nel 1979 il regista riminese disegnò un suo ricordo musicale: "Prova d'orchestra" è un altro suo autentico e folle sogno, più film che doc., più Fellini che film.

Indomito

Ieri, anzi, oggi. Sì, film a nastro. Il Cinerofum impazzito cerca il record, almeno il podio! Alle 14:40 su "RaiMovie", falcidiato dalla pubblicità, è passato il film cult "Papillon". Diretto nel 1973 dal regista statunitense Franklin Schaffner, a mio modesto, offre ben poco: un'avventura non sempre avvincente e uno sguardo atroce sulle colonie penali, il tutto mescolato con la spavalderia di Steve McQueen, qui addossatosi in pratica tutta la pellicola.

Harakiri senza terra

Eppur bisogna scrivere pure dei documentari, numerosi, visti in quarantena. Seguendo la cadenzata proposta di CinemAmbiente, saltello dal'unno all'antro. Qualcosa di molto interessante, qualcosa meno. A metà strada sta "Con i piedi per terra", del 2016, di Andrea Pierdicca e Nicolò Vivarelli. Storie di agricoltura sostenibile, sul serio, avulsa dai ritmi del capitale, quindi in armonia con la vita. Basso profilo, per un documentario rustico che richiama, giustamente, a una rapida decrescita, all'abbandono dell'assillante logica di sfruttamento e profitto.

Sano sabotaggio

Alfred Hitchcock ovunque. Tipo il mitico e tragico Fantocci, in sala Valéry troviamo Sir Alfred in ogni anfratto (il "plot" era l'ultimo suo, non nostro). Sotto il divano, tra i libri, tra la legna del camino (?). Come ieri sera, apro un cofanetto nero "Universal" e trac, spunta "Sabotatori", del 1942. Piccoli Hitchcock, che devono crescere, ma che mostrano già, seppur infantili, gli sgambettii del grande autore, dal thrilling sorridente. 

L'ultimo scherzo di Hitch

Ed eccoci all'ultimo di Alfred Hitchcock. L'ultimo suo film, "Complotto di famiglia", del 1976. L'ultimo inseguimento, fuga; ultimo saluto. Ritmo grandioso, immaginattori come flussi magici dalle sue dita, ironia che non scioglie la tensione: la sagoma più celebre del Cinema appare e scompare, con l'occhiolino che nasconde una lacrima. Con l'ultimo scherzo.

" U V A ! "

Bello, bellissimo. Stupendo. "RaiMovie" il 1° maggio lo celebra come si deve e propone "Il ferroviere" di Pietro Germi.  Nel 1956 il regista di via Ponte Calvi confezionò un capolavoro per intensità che massacra il cuore e appaga l'occhio. Interpretato grandiosamente dallo stesso, dalla quasi esordiente jugoslava Sylva Koscina, dal catanese Saro Urzì e dalla friulana Luisa Della Noce, narra di una vita impossibile, in società lanciate in corsa senza il freno degli affetti.

"Contea di matti"

Ieri e ieri l'altro. Sì perché certi film possono e debbono essere rivisti. In sala Valèry, quasi per caso (proposta di LA7 e programmazione televisiva dal "Circolino" di Viale Monza: regia e cast immancabili), è tornato a farsi vedere Arthur Penn (1922-2010). Nella sua stagione dorata, il regista di Filadelfia realizzò un film di rara potenza. "La caccia" (t.o. "The chase"), del 1966, è un agghiacciante affresco della società texana (bianca) dell'epoca, e non. Esercizio di sintesi esemplare, senza sconti. Robusto come Marlon Brando. Bello come Jane Fonda.

"Molte cose oscure"

Droga! Droga! Droga! Il Cinerofum ormai è irrecuperabile, altro che Corona. Non è mai abbastanza, più Alfred Hitchcock assume, più ne brama. Ieri sera, nella "Valéry" completely addicted, Elena ed io ne abbiamo iniettato un film, avidamente tagliato, del 1947: "Il caso Paradine" è un turbinio di passioni incontrollate, che diventa omicida se di mezzo c'è il patibolo.