Sano sabotaggio

Alfred Hitchcock ovunque. Tipo il mitico e tragico Fantocci, in sala Valéry troviamo Sir Alfred in ogni anfratto (il "plot" era l'ultimo suo, non nostro). Sotto il divano, tra i libri, tra la legna del camino (?). Come ieri sera, apro un cofanetto nero "Universal" e trac, spunta "Sabotatori", del 1942. Piccoli Hitchcock, che devono crescere, ma che mostrano già, seppur infantili, gli sgambettii del grande autore, dal thrilling sorridente. 

Per la quinta pellicola statunitense del regista londinese, la vittima non è un buono, di più: Robert Cummings "appassionato, idealista" ("noi gente onesta, vinceremo!"), che gioca a palla coi bambini e quasi non ti aspetteresti nulla. Fuga avventurosa, coi personaggi al loro posto. Il cieco e la spia, coi monologhi memorabili (lo statunitense Alan Baxter, 1908-1976, che delirio in macchina), il circo con tutta la carovana, il sabotatore, espressionistissimo. Disinibito, con allusioni che sbrecciano. Soggetto di Hitch, Selznick a fare tazmania degli "Studios". La facciazza del protagonista lascia perplessi, ma lungo l'inseguimento il tema della giustizia è gridato come nei film successivi: il valzer delle apparenze, la presunta colpevolezza dei poveri, l'arma in più degli "affiliati", il caso, le emozioni...altro che "uguale per tutti". Celebre ma ormai sorpassato, dallo stesso Hitchcock s'intende, attraverso qualche passaggio traballante (pre e teatro, senza parlare del dito sui titoli in biblioteca...), di corso sino al finale panoramico, da manica strappata e via.
(depa)

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