Ed eccoci qui, Derek, come promesso. L'anno dopo quell'allucinato filmato sulle universali passioni shakesperiane, il regista inglese Derek Jarman realizzò un vortice su quelle di un altro sommo artista ("no, è vita!"), stavolta non nel torrente dei versi, ma nel vivo dell'immagine. "Caravaggio", del 1986, è complesso quanto appagante, tutto teso alla scoperta della viva carne da tela.
"18 luglio 1610...sempre in fuga, alla deriva". Jarman esteta, Derek burlone. Un sorriso dev'essergli pur passato sulle, nell'inquadrare lo stravolgimento della medusa col primo piano sul cesto di serpi. Poi pose che son tableaux vivants succulenti per il direttore della fotografia, scenografo e pittore Jarman. Caravaggio artiste che si presta a salti nel buio e gesti canzonatori. E per me. In sala Valéry, solo soletto, arranco, strepito, mi rilasso. Il flashback permette alla tavolozza della memoria di mescolare ricordi dai colori più vividi. E dai con sto Pasqualone! Con le incursioni del presente (suoni di motori, di elicotteri, calcolatrici elettroniche, telecronache sportive su operai con l'"Unità" in testa). In un mondo di storpi, il corpo forte è il Graal.
Un altro potente e provocatorio affresco. E con Michelangelo da Caravaggio mica si scherza.
(depa)
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