All'"Altrove"...già sapete. Ieri sera il primo è stato sovietico: "Caccia alla volpe" del 1980, diretto dall'ucraino classe '45 Vadym Abdrašytov. Pellicola interessante, dove la regia compatta chiude il cerchio nel finale (se vogliamo, proprio non chiudendolo), dopo aver "parlato" di senso di colpa, di gelosia, invidia, odio, insomma tutte le belle rughe che compongono il nostro volto.
Il film attacca subito col racconto, in maniera sinuosa, con un buio da cui emergono giovani russo anni '70, apparentemente liberi. Ma in uno stato borghese, come lo è l'URSS del 1980, chi lo è? Prende così piede questa storia di denuncia, di prigionia e di illusoria purificazione.
Colonna sonora che aumenta lo stato allucinatorio coi brani elettronici di Eduard Artemyev (al sapor di Jarre, con effetto Carpenter).
Finirà col suscitare tenerezza, non troppa, questo Petrovich frustrato, ignorante e superficiale che scopre, in ritardo come spesso accade, quale sia la propria colpa di fondo. In perenne stato di accidia, senza bisogno di alcun trauma cranico, è perso in ciò che ogni società "evoluta" mette a disposizione delle anime vuote: alcol, prevaricazione, sport, chiacchiera, potere. Insomma un altro quadro umano poco edificante. Il regista però abbellisce questo racconto lineare con sensibilità, nei momenti individuali e corali.
Parrebbe solo una questione di "compassione e pietà", ma lo sguardo è acuto e riesce ad andare oltre: sulla sconfinata distesa dell'inadeguatezza umana. Non ci sono personaggi sbagliati o pericolosi (come il permaloso protagonista), esiste solo l'insensata strada intrapresa. Da tutti.
Grazie ai ragazzi di "Intolerance" per lo spunto.
Grazie ai ragazzi di "Intolerance" per lo spunto.
(depa)
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