La settimana scorsa, dopo un "bambino che amava gli alberi" così così, pure troppo volitivo e giusto (e cosparso di tanto amore!), ho voluto unire i due fili che mi trovavo tra le mani, quello di David Lynch e quello dei buoni sentimenti. Un azzardo, se si pensa alla cifra artistica di Lynch. Ma, nel 1999, il regista del Montana sorprese tutti con un lungo percorso della memoria, commovente e necessario: "Una storia vera".
Cazzo, l'attacco del film è puro "Laura Palmer"! Ah, ok, Angelo Badalamenti ci cova. In realtà quello sarà il richiamo più esplicito (con la palanata sulla cittadina americana, "vicino a Grotto!"), poi l'atmosfera sarà più distesa e pure le note del compositore newyorkese coccoleranno le grandi distese. Difatti comincia la lunga vera storia di Alvin Straight, tra benji, violini, campi di grano che coprono tutta l'America, tranciati a loro volta da rette polverose, momenti sì e altri no. Ma sullo schermo è l'"Io, testardo" del vecchio Alvin. Inno alla tenacia che nella senilità rivive la sua stagione d'oro (poiché giustificata? Ma da cosa?). Testardaggine, anche, nel credere che esistano ancora i "gentili con gli estranei".
Con buona dose d'ironia, delicato e profondo, quasi un non-Lynch, come detto. L'allora 53enne regista dei diversi, dei mostri, degli emarginati, si riavvicina al genere umano. Lo fa passando dalla figura del protagonista, certo singolare, ma non di un'altra specie. Semmai, gli strani finiscono per essere considerati i confusi personaggi incontrati lungo il percorso. Ma c'è tanto amore nascosto in questa storia, negli Stati Uniti sparsi, lontani dalle grandi metropoli.
Una riflessione lunga 400 Km, a passo veloce (sugli 8 Km/h a quanto pare), sulla vita e sugli States, o su di una loro piccola, seppur autentica, area.
A ben vedere, lynchiano è il paesaggio che da dolce sinuoso si fa, lentamente e oscuramente, geometrico; così come qualche episodio misterioso, come lo scoppio immaginario nell'ultimissimo tratto di strada (? Forse, eccola la firma del regista!).
Alla fine del viaggio emozionante, anche noi a pendere dalle labbra di "Lyle" Turturro, per il gran finale, a mio avviso perfetto (uno dei migliori per asciuttezza). Non il filmone ad alto coefficiente, ma un un filmetto ben confezionato che entra incredibilmente nel cuore.
(depa)
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