Sottomettersi

In quello che verrà ricordato come il week-end degli ineccepibili, le sale cinematografiche (invero sempre la stessa!) mi sorprendono con due pellicole di raro rigore estetico. Poi ognuna il suo carattere, con qualche somiglianza. La seconda è stata "Godland" (in danese e islandese), terza opera del regista, classe 1984, Hlynur Pálmason La temutissima "storia di 2h20m di un prete danese che se ne va in Islanda" ha in effetti tenuto sotto torchio molti (Elene e Mino), lasciando a me il piacere della visione e dei prevedibili mugugni.
S'accende il sipario nel formato consono agli autori ambiziosi, pretenziosi?, che però devono poi farcela (Boia d'un Fauss sokuroviano!). Scorre una pellicola dalle sfumature d'un tempo, in cui viaggiamo assieme allo sbalestrato chierico, del tutto inadatto al luogo e ai suoi abitanti. Quello che parrebbe un religoso racconto di espiazione e illuminazione finisce, come potrebbe insegnare una certa letteratura noir nordica, mai da me masticata, per rivelarsi un thriller meno squilibrato di quanto sembri. Il lento, prolisso, logorio degli agenti climatici, confluisce in quello immediato, glaciale, impartito dalle genti locali (dominate), dando alla pellicola l'andamento, sornione quanto implacabile, della miccia lunga, ormai accesa. Come nella prima convincente pellicola del fine settimana, troviamo il tema dell'altro, del diverso, sempre un "Gigante buono", immerso nelle elementari quanto bieche dinamiche comunitarie. Come trova nuovamente posto tra gli (ottimi) interpreti, sua maestà La Natura. Capace con disinvoltura di riempire i lunghi, compassati e silenziosi piani sequenza, coi suo brevi, turbolenti e reboanti intermessi. Ipocrisie e raptus di violenza rievocate da un'epoca in cui le distanze si vedevano, le differenze si percepivano.
Pretenzioso no, quindi, ché, oltre l'ottima sensibilità estetica (fotografia), dentro c'è l'attenzione ai contenuti. Che permette e spinge a parlare, ma mi fermo qui.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento