Spine vere

Quindi arriviamo al resconto mensile serio. Appena saputa Elena fuori, Agnès Varda è ripassata a trovarmi. Peccato per lei (Elena), chè la regista belga si è presentata con "Il verde prato dell'amore" (? t.o. "Le Bonheur"), che poi così smeraldino non è. In questa pellicola del  1965, vincitrice dell'Orso d'Argento, avrebbe masticato tutta l'asprognola amarezza delle passioni tradite.
Nella sala Negri, il "Prix Louis-Delluc 1965" (tutta roba francese) nella versione restaurata nel 2014. Canne da pesca, Renoir, "la campagne c'est magnifique!", colle sue tentazioni..."Comme femme?" (la Bardot, mi sa...). Ahhh, sulle soglie di Port Dorèe, le poste galeotte e "Le castel" è un invito a nozze (diverse). Sigaretta, ciondolo (tentazione (mistero)). Sì, sì...l'amour, voilà, ikea, baise moi (come ordinano i caffé i francesi...).
Poi i girasoli si voltano, nemmeno capricciosi. "Sono un po' stanco..." Isabelle è quasi la più bella del reame, come ogni donna. "Je suis moi encore plus!". "Arrivare seconda" (chi l'ha detto prima?). "Variare il menù", bisogna. Frutti e fiori in più. Amore leggero e libero. Sottotitolo "La sincerità", che parrebbe pagare, ma le rose hanno sempre spine. Al terzo lungometraggio, colpo cinico e macabro, a sorpresa, della emergente e sorridente regista.
(depa)

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