Il Firenze Korea Film Festival, oltre a quelli per cui eravamo lì, ha offerto la possibilità di recuperare preziosi inediti. Bong Joon-ho è un nome sulle punte delle matite dei cinefili. Il suo esordio fu "Can che abbaia non morde", del 2000. E' lui. Critica sociale attraverso l'assurdo quotidiano. Visuale completa sulla filmografia dell'autore sudcoreano, classe 1969, realismo magico, che quella penisola esprime così bene, un taglio personale nella messa in scena ora secca, ora capace di exploit visivi magistrali. Da subito.
"Nessun animale è stato maltrattato". Un adorabile cagnetto insopportabile, dal cinguettio inestricabile, nel condominio innaturale. Ahh! "Bastardo!", che axillo. Lo specchio: ogni tanto basterebbe guardarsi. Il modo più "pulito": incarcerare.
L'originale regista sudcoreano gira suonando, con un utilizzo della musica magistrale. Bevute al karaoke, muri a martellate. Soldi (won), "niente di che", ahaha! Kim Caldaia. L'ironia permea la pellicola preservandola dalla cupezza. Il salto col cane! Mitico (jazz).
"Hai svegliato il cane. Grattami la schiena". Ahhh, "mi dia il secchio". Grande cucitore d'immagini sonore e graffiante come pochi nella critica urbana dell'esistente. Grande.
(depa)
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