Impermanenti

Nell'universo dell'Ovest Lontano, hanno girovagato assieme, per qualche miglio, alcune celebri firme della "Settima". Come in altri generi, queste penne si unirono a celebrare l'epoca di cowboys e pellirossa, tanto prolifica in celluloide. "La conquista del West", del 1962, ha raccolto John Ford, Henry Hathaway e George Marshall; quindi, fondi e strumenti necessari per una pellicola che è un altare, in Cinerama, all'epopea del "Western".
Dopo la prolissa introduzione di Ford, il capitolo de "I fiumi", con piani sequenza (grandioso verso il fiume), grandangoli e altre lenti, profusione di mezzi da parte di Hathaway e colleghi. Baci come un soffio di fumo (in "permanenza") e le prime locande dei primissimi coloni, quelli pacifici, ingenui, travolti dalle rapide (e dai secondi, ben più responsabili e civili). Foggia che trasuda ricercata e pregiata fattura, cucita sulla scrittura robusta e avvincente dei tòpoi del "West". Poi sul fronte messicano (California, dall'Isola della favola del 1400), che l'oro è a Sant Louis. Dopo James Stewart, Gary Cooper. Wow, che fuoco alla frusta. Quanto può un canto danzante! Anche quando l'amore è un affare. Altri morti e schianti terribili. Oro o non oro, si torna alla normalità. III. "La Guerra civile", col Sud che attizza l'Ovest, mentre Lincoln si gratta la barba. Ohio. I cannoni del 6 aprile 1862. Il generale Grant ripreso da John Wayne. Possibili disertori, rimangono vittime e carnefice. IV. "Pony Express" (e Overland). La sfida all'ultimo metro di rotaia tra West, Central e Union Pacific Rail. La carica dei bufali. Nessun rimorso pel Progresso che correva su stellestrisce d'acciaio e di cui, diciamolo, il cinema rappresentò locomotiva gagliarda e incosciente.
(depa)

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