Procadere

Nella sezione "Independent Korea", all'ultimo bla-bla di Firenze, v'era anche "Io non mi licenzio", del 2021, di Lee Tae-gyeom, semiesordiente classe 1971. Pellicola di rivalsa femminile, un po' commedia, un po' appassionata, in linea con gli altri film visti: fa il suo, seguendo con cura le gesta di questa cenerentola dei tralicci, tra tristi nani; senza alzarsi oltre le antenne.
"Basato su fatti veri". Il tema è il mobbing sessista. Il mondo del lavoro è quel che è (ubi pater: machismo,  celodurismo). "Ha bevuto", davvero (Soju). Denuncia sociale al thé verde. Chiavi di lettura sospette, ripercorrendo il solito semplicistico e, alla luce dei fatti (ambiente, socialità), errato, presupposto che essere "retrogradi" (resistenti), in termini di standard (!) d'efficienza (sicurezza!) aziendale, sia sinonimo di arretratezza intellettuale, sociale, conoscitiva. Quando, semmai, sarebbe ora di non sfruttare nemmeno le donne, attraverso la retorica paritarista, per queste infami figure di disciplina e controllo.
Altra buona regia, espiazione maschile, attenta ai dettagli (ché poi non sono microscopici). Begli amici (ormai tutti colleghi). Subentrano "fobie specifiche" (pure i gatti). Vertigini! Metafora delle insicurezze, il senso di oppressione costante, ma? Ma il soggetto è didascalico e consunto. Abbiamo già visto la necessità della solidarietà tra gli sfruttati, declinata in maniera più convincente, senza punte d'inutile stucchevolezza.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento