Sete infernale

Dal Foglio, "Giorni perduti", del 1945, di Billy Wilder. ""Palma d'Oro"", quattro Oscar, migliori film, regista, sceneggiatura non originale e attore protagonista. Testo difficile, alla première il pubblico si aspettava di ridere. E uscì presto. Titolo originale "The lost weekend", ma tre giorni non smettono, vissuti all'inferno.
"Paramount". Un certo skyline, quello newyorkese. Ma una carrellata ci riporta al nostro alcolismo. Bottiglie in primo piano. "Quante volte ho pianto?". Ritmo serrato, a cerchio, quello in circolo, dell'alcol. Dialoghi e meccanismi. Dolorosamente credibile. Grandioso Ray Milland. Il gallese pazzo di felicità! Ma è una notte.
"Alla sera è una bevuta. Alla mattina è medicina". Stimolanti e cattivelle, a proposito del suo Oscar, le parole del regista della Galizia polacca, riassumibili con "è facile vincere interpretando i disagiati, a far commedie è più dura". Uno: ovvio, si premia la singola prova. Due: dubito che un mediocre convincerebbe.
"Confessione di un ubriacone; diario di un alcolizzato", coi particolari, le angosce della dipendenza. "C'mon! C'mon!". Un primo incontro per caso (clinico). La bottiglia, per talento e ambizioni naufragate, nel bere "come contrappeso". "Per ciò che sono, o che non sono!". "Bagordo, bisboccia: parole simpatiche". L'ha smaltita!...seee..."con tutto il suo amore".
Passaggi meravigliosi, da lacrime i fiammiferi sulle umiliazioni del passato. "Il delirio è una malattia della notte". Catartico, un soggetto da 96%VOL. Aria pesante, sfacelo, tremens. Espressionismo sull'orlo dell'abisso. Sempre di spessore Billy, mica astemio come un cinico.
Aggiungi un goccio di cuore, magari non è Lost.
(depa)

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