Sandali e ossa

Gli appuntamenti settimanali in sala Valéry stanno assumendo carati. Quant'era che, dal Cinerofum, non passava Kenji Mizoguchi? Nove anni, diluiti in quattro spettatori, due Elene rivolte a "I racconti della luna pallida di agosto", del 1953, per una proiezione...di classe.
"Col denaro risolveremo tutto". Foga ambiziosa, i maschiettini partono, generali stacanovisti. Ma "Le tentazioni della grande città", sempre quelle, allestiscono fantasmi duri a morire. "Spirito maligno" può essere una donna shakespeariana, un orgoglio idiota. Lo spazio occupato da Mizoguchi è un telaio fitto d'intralci, sovraccarico d'affetti. Ipocrisia, parola chiave della pellicola, che molta della sua forza trova nella satira drammatica, antimilitarista e femminista. Nonostante l'inevitabile, nel contesto di allora, apertura all'illusione del lavoro. L'epoca ripercorsa, così come i momenti prettamente evocativi (sul lago) sono in grado di preservare l'universalità dell'opera, la sua incorruttibilità. Che poi è quella di una società, già precapitalistica, fondata su violenza e sfruttamento. Potere delle armi, autorità delle cose, stesso fascino. Il tutto declinato in rima onirica di rara forza e compattezza.
Donne usate, donne che pagano. Non restano che ossa e sandali.
(depa)

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