Incontrare Robert Altman può comportare svariate visioni. Come solo i grandi autori sanno fare, può alzarsi sul genere, giocando coi canoni, irridendo una Nazione. Con "Buffalo Bill e gli indiani", Orso d'oro 1976, una commedia grottesca diviene un potente J'accuse, il western più folle, il più intelligente.
"L'impresa eroica di..:Robert Altman". "Una fondazione realizzata dai pionieri in capanne nel fango". Avvenimenti reali "ovvero la lezione di storia di Toro Seduto". Paul Newman è Buffalo narciso Hervey Keitel è il nipote inetti di Buffalo. Geraldine Chaplin. Tutta una messa in scena. Dalla California a Roma. "Dite agli indiani di piacchiare meno". Favole su Buffalo Bill, la Stella che non c'è. "Vinca il migliore", annuncia il cronista ai megafoni. Il "Far West" come circo, una lunga licenza poetica conquistata sul campo, da Altman. "Col cazzo, i diritti fotografici e storici sono miei!". Razzismo, demagogia (fanfaronate), profitto. "Il selvaggio West senza rischi fisici". "Non serve sapere le richieste di Toro Seduto, non cambierebbe nulla", parole di Presidente. Buffalo Bill a nudo, una Confederazione di Stati smascherata.
Alla base sempre, la cronaca dei vincitori, narrata con criminale disinvoltura dagli strumenti di propaganda a servizio potere (Ned Buntline contastorie), giornalisti e accademici. Chi deve guardarsi? Chi fa pena?
Quando la storia diviene una sanguinosa farsa.
(depa)
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