La legge della legge

Le spumeggianti vicende, finite in malo modo, narrate nel celebre film di Jacques Deray sulla determinata ma gioiosa mala marsigliese, trovarono prosieguo in "Borsalino and Co.". Assente giustificato Belmondo, il tutto si fa più cupo e distruttivo. Secondo me guadagnandoci, dato che pecca fu proprio l'eccessiva leggerezza del primo racconto. Dipende dall'umore.
Dove eravamo rimasti. Al funerale del vecchio nemico-amico, Cappella, compagno di impresa. "Che ne facciamo?", nemmeno degna di risposta. C'è Volpone ora; e pure gli italiani (il fratello di Volpone, invece, c'era). Regista attento, Deray, ai dettagli utili ad atmosfere e caratterizzazioni. "E' la guerra". Povero Charlie da Parigi, comico colto incompreso.
Sul canale "Iris", il ciclo "Magnifico Alain" ben tributa fascino e capacità. Non ha gli appoggi di Volpone, Siffredi. Estrema destra, poteri forti, trust. Solita famiglia. Manco più le birre a credito agli scagnozzi (all'ultimo, Fernand, determinato e fedele).
Una pellicola che non perde tempo, riprendendo la temperatura esplosiva del primo capitolo. Anzi, tenendo la corda sempre tesa, cosa che non avveniva con quel buontempone di Cappella. Politica, potere, eroina. Nel 1936 armi da Düsseldorf a Malaga, col beneplacito della chiesa. "La legge è per i poveri!".
A metà film può ripartire il charleston di Roch, ma prima era Serenità, ora Rabbia. "Lola al 7!", in 3 giorni si deciderà tutto.
Bella fine per Volpone.
(depa)

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