Cielo terra

Lee Chang-dong è ormai uno del Cinerofum. Nel 2007, il regista sudcoreano, al suo quarto lungometraggio, si espresse in un film puramente drammatico, senza sterzate, ma colpi ricevuti, subiti e incassati. Dolore e perdono, in un discorso ambizioso raggiunto a metà. "Secret sunshine".
Pulizia celeste. In brevi battute, la sensibilità estetica del "Ministro". Trasloco per lutto. Si resiste. Si incontra. Un "buon samaritano", stalker affettuoso che, nel gioco delle (prime) impressioni, si disvelerà l'unico ancora capace di istintiva empatia. "Per realizzare il sogno del marito", virtuosamente, "Ripartire da zero", viziosamente. Lee maneggia le emozioni (il pianto per il nascondino), sui conflitti metropoli-campagna cari agli orientali. Con la suspense che diverrà il tòpos quotidiano. Alla mezz'ora, il film può ancora tutto, trattandosi di scuola sudcoreana. A capofitto nel dolore, Lee, ignorando quel tutto. Le anime in pena, tra cui straziarsi senza imbarazzi. Sul perdono (un tipo particolare, il proprio). A tre quarti di pellicola, altro "trauma psicologico", altra svolta, botta. Nervi a pezzi, musica! "Portare rispetto". A Myriang, raggio di sole segreto dovrebbe ringalluzzire da esperienze sfortunate. Religion rules, diofa. E non può che peggiorare.
Non come Lee.
(depa)

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