Ritorno ai soprusi

Tra i film del 2023 da "recuperare", c'è anche "Io capitano", fresco di eliminazione dagli "Oscar". Quasi in semifinale, diciamo. Permettendo, comunque, a Matteo Garrone, di raggiungere il buon risultato che merita il suo lavoro di testimonianza. Tappa-buco della rotta degli emigrati subsahariani, a modo suo, senza calcare attorno alla disumanità di una piaga sociale del nostro tempo. Talmente si staglia in rilievo la responsabilità dei cosiddetti governanti.
Materia che brucia nei palmi delle mani. Il regista romano e collaboratori (Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri), dedicano alla sceneggiatura la cura necessaria, dandovi il loro taglio. Si può criticare la musichetta reggae e l'aria di festa del villaggio senegalese, ma non si può non comprendere che questa scelta ha il chiaro scopo di suggerire riflessioni altre: a volte non scappano da guerre e miserie (non che se la spassino), ma inseguono un sogno. Il che, questo il punto, dovrebbe essere permesso a tutti gli esseri del pianeta. Un guizzo immaginifico come dichiarazione. Si può accusare il film di spegnere il riflettori proprio nel momento che più ci riguarda: il secondo calvario con cui le nostre democrazie li ""accoglieranno"". Per cui parrebbe che il senso sia più "non emigrate!", che non "cosa permettiamo!". Ma un film ha la sua durata, quella delle scelte narrative complessive. Si può dire che edulcori le violenze attraversate, con Seydou appeso braccia e piedi colante sudore, lacrime, sudore. Doveva mostrarne 3, 4, 5 di detenzioni con torture. E senza possibilità di scampo. Se ragionassimo così attorno alle tinte scelte dai registi, noia. Garrone ha nel DNA il colore vivifico dei racconti. Sarebbero dovuti morire in mare. Quanto cinismo: già lo fanno. Non chiedere al cinema di espiare, lottare per te (ho la coda di maglia).
Rimane molto, anche dopo mesi, di questo film. Su tutte l'interpretazione del protagonista diciassettenne, Seydou Sarr. Quella degli altri attori in loco. Uno scorcio, atroce e vitale; uno solo, condiviso da milioni.
(depa)

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