La donna del generale

Gemello minore del western visto poco prima, "El Verdugo" (t.o. "100 rifles"), diretto dall'altro buon artigiano Tom Gries, è però aizzato dai venti rivoluzionari che attraversavano il 1969. Emancipazione razziale, femminile, sociale. Molte cose da dire, confusamente, ma ancora col sorriso.
Jerry Goldsmith introduce con le fiorenti musiche ("Color by De Luxe"): una paloma messicana dinanzi un poveraccio...e delle guardie. "Vamos! Vamos!". Un "nada", che è un padre, impiccato per un fucile. Follia. La vendetta sarà la rivoluzione.
Burt Reynolds è un indiano, "Tigre delle rocce", che paga. Bellimbusto ispiratore di bomber maledetti ("una metà in whiskey e donne, l'altra sprecata"). Mentre il Verdugo è il solito generale, bramoso ed infame. Morti ammazzati e culi a vento, violenza ed erotismo, impersonificato dalla conturbante Rachel Welch. Regia attenta, con qualche guizzo (i rallenti sulle uccisioni degli indiani Yaki). Dalla scrittura fieramente approssimativa, coi passaggi e dialoghi affrettati. "Ammazzateli tutti!", di patibolo in muro. Oltre alla presenza allarmante di "Savita" Welch, c'è uno "sbirro schifoso" (Burt come Thomas). Scrive bene chi sente l'influenza degli Spaghetti di Cinecittà. L'aria cui aspira è la contestatrice ed "impegnata" di quegli anni. La sovversiva indiana Raquel Welch che fa sesso con il campione del football americano, ancora Jim Brown, espellendo lo sceriffo che è in lui, la dice lunga. Sul letto un conflitto interetnico altrettanto piccante. Anni di barricate in fiamme e letti bollenti (denti e mani della Welch). Ad ogni modo, rimossi preti e generali, è una pellicola disillusa: poco spazio per i valori di libertà, giustizia e libertà, anche nel deserto di Sonora. Vi sarà battaglia finale, con le sue meravigliose martiri.
(depa)

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