Ostinato ed egoista

Tra la fedeltà e la testardaggine, andiamo spesso a Varigotti. A ritrovare Renato Castellani, ingegnere classe 1913, laureatosi col coetaneo Sinigaglia al Politecnico di Milano, così capace di maneggiare m.d.p., attori e soggetti. Con lui siamo giunti al 1943, quando con "La donna della montagna", fece incontrare e scontrare due cuori in due stagioni opposte.
Vette incontrastate, dal romanzo "I giganti innamorati" di Salvator Gotta, per Marina Berti e Amedeo Nazzari. Nino Rota alle musiche, come su "cine34" (ma per altro gran film). Immediata, istintiva pulizia, ispirava l'ottimo regista varigotttino. L'ingegnere della diga è in lutto, rimesso al suo posto dal Cervino, la comunità passa parola. Dettagli, che prendono corpo. Non vuole vedere nessuno (cigolii, ombre). Tradizione e innovazione (no, né topogigio, né gargamella, né valvassini, ma grande cinema ponentino). Quindi, dopo dieci minuti: riuscirà la bella infermiera a rompere il cuore di cemento? Basta vedere la madre di Rodolfo (non a caso, il genitore), per cogliere il dazio ancora in vigore verso un cinema imbolsito. Ma la pellicola scarterà? Chiodo nel ghiaccio, non pare difficile. Dimenticare (subito). A costo di sbagliare (fabbro non cucina). Tragedie di stanze vuote, spazi dell'anima deserti. "Io la conoscevo bene", come insegna un Maestro, come fosse questione di sante cardiopatiche. Ahaha, bravo che hai parlato, ora guida per 1000 Km! Ahiahiahi la classe sociale!
Il Morigi di Nazzari e la simpatia non si conoscono, "Me ne vado". Nei momenti di coppia digrignanti, l'attore cagliaritano è dolcearcigno come il Matterhorn, inconsapevole lugubre Barbablù. Quindi finale classicamente tragico, col piccolo uomo, tra gli annunci di morte, verso la propria fine. "Speriamo crepi anche Rodolfo!", insorge Elena dal divano largo, ma resta struggente e incorruttibile Nazzari.
(depa)

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