Grazie ad una proposta di "Iris Prima", ciclo ammiccante "Effetto notte", incontro Émile Couzinet (1896-1964). Più celebre come produttore, questo cineasta, nel 1956, realizzò un classico sentimentale di quegli anni: "La legge mi incolpa" (t.o. "Quai des illusions"). Passione incatenata, emancipazione femminile ancora da concepire.
Produzione Roma-Bordeaux con Gaby Marloy, Fausto Tozzi, Lise Bourdin e Louis Seigner. Regia attenta quella del regista di Bourg, alla composizione, ai suoni, al ritmo. Che, tra morbide dissolvenze orizzontali, può addirittura sfoderare il "Dyaliscope"! Che non so cosa fu, ma permise ampiezze di campo sorprendenti in interni e in grado di cogliere le lunghe superfici della danzante Anne-Marie Mersen, accompagnata dall'orchestra brasiliana!
Incomunicabilità generazionale, et voilà. Il padre pensa il bene ma fa il male. La figlia, poi, è condannata. Ci vogliono testa, spalle e schiena. Luisa è una tra padroni "coi propri diritti" e uomini che la vogliono (e la prendono). Botta di vita, a Bordeaux. Lei pretende questo, "la felicità". Ma "è un bellissimo maschietto!". "Tranquilla, è un'infezione comunissima!". Sì, sì...
"Sono l'ausiliario del suo asilo nido!". Ahahah. Negli attorno al "buco", Couzinet affida la sua morale alle parole dell'avvocato difensore di Luisa, invocante "la vera giustizia nei cuori".
Altra tempra ("tempesta della vita"), più simile ai nostri odierni autori. "E ho detto tutto..."
(depa)
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