Man and...Wife

Nella riaperta sala Negri, il primo appuntamento cinematografico è stato con George Stevens. Autore da riscoprire e rispettare. Non solo perché "Il grande Capo", "L'indiano", fu determinante nel processo di autodeterminazione dei cineasti, ma anche per la sensibilità plastica, visibile, che seppe infondere nelle sue opere. Umanità che forgia pellicole complesse, pregne di tematiche ancora irrisolte: "Il gigante", del 1956, col terzo ed ultimo, ma già irraggiungibile, Jimmy Dean.
Nel doppio DVD della "WB", introduces lo Stevens Jr.: "Ci sono voluti più di tre anni per realizzarlo". "Saga di una famiglia texana...su intolleranza razziale e independence of women". Tre interpreti non ancora trentenni in cui il padre credette, senza bisogno di ricompense (a parte le 11 Nominations). Cinema letterario, pagine dense di paesaggi e personaggi, immagini ricche di suggestioni (Il Maryland). "Leslie" Taylor irrompe scodinzolante in sella. Ma la profonda voce di Mr. Benedict soffocherà quella cristallina di Leslie. Reata come Tara, nel Texas di thumblerweed e vecchi coyote.
Jett è nei paraggi, fa lavoretti, ma borbotta verità. Amare da masticare, dolci da vendicare. Bick e la sorella del malaugurio (mai poggiare il cappello sul tavolo...), possidenti texani, cuori di roccia e polvere, vogliono Leslie addomesticata. "Litigare mi toglie le forze" (come a me!). Pause riflessive, quando "ci si abitua ad azzannarsi". Ahaha, "E' Pedro!?".
Il petrolio è guerra e viceversa. Due scene squarciano la retorica: il funerale di Angelo e la celebration and fall di Jett Rick. Pellicola di spessore, per stoffa e imbottitura: il piatto razzista è ormai cotto e servito.
Infine, extracommovente vedere e sentire F. Capra dichiarare che da lassù, ben oltre l'ascensore di Castelletto, farebbe movie proprio con George Stevens.
(depa)

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