Non avevo ancora finito di parlare con Aoyama Shinji. Il talento giapponese, conosciuto nemmeno-a-dirlo grazie a "Foglio", capace di complicate, raffinate narrative psicologiche, nel 2002, film per la [TV], smorzò i toni, tenendo la m.d.p. più in bolla che mai. Nella nostalgica saga poliziesca del suo "The Private Detective", sta "Mike Yokohama: una montagna senza nome". Ironico, non troppo.
Yokohama, quello della foto, è un investigatore con un puffo da risolvere. Dovrebbe rappresentare un nuovo nemico per il crimine...Personaggio, con una moda tutta sua, sgangherato ma efficace. Ma chiamatelo Mike (cazzo!). Senza perdere in rigore stilistico, Shinjii trova il sorriso in un sorprendente poliziesco anni '70, aggiornatissimo. Mike, dicevamo, proprio lui, finito ad essere un 57-san qualunque. Tra folli e truffatori, il più normale sarà lui, giacca ghepardata e occhiali alla "uomo-mosca"
Ha ragione il nostro ignoto cinefilo. Sotto il costume bizzarro sta un girato d'alta scuola. La cura nel suono, ormai nota dell'autore, completa l'atmosfera così densa che si tocca. Composizioni variegate, sempre eleganti, un intreccio all'osso, come i classici maturi, ma cui riesce a dar spessore limando i dialoghi, spremendo sapientemente immagini e montaggio, come un ottimo romanzo.
(depa)
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