Mentre le strade di Grecia, Cile, Siria, USA, Sri Lanka, Germania e altrove brillano di fiamme sovversive contro un sistema del tutto prono alle logiche del profitto e della prevaricazione. Quando lacrime e rabbia sono ancora vivi per i morti nel carcere di Modena nel 2020 e le botte di Santa Maria Capua Vetere (105 indagati), in Italia, tramite gli attori Toni Servillo, Silvio Orlando e altri si perpetra l'anacronistica retorica dei buoni e dei cattivi, delle mele marce in mezzo a tanto ben-di-dio. "Ariaferma" arresta il tratto critico e artistico degli odierni autori italiani. Cazzi dell'ischitano Leonardo Costanzo, mannaggia a lui, che 10 anni fa mi aveva decisamente fregato.
Come se le testimonianze di Horst Fantazzini, Belgrado Pedrini, Salvatore Ricciardi, Pasquale Abatangelo, Tarrìo Gonzalez e altri fossero sparite. O se quelle di Claudio Lavazza o, chessò!, Pasquale Ritorto, o Salvatore Attanasio non fossero mai state pronunciate. Come se Foucault non fosse mai stato, Marcuse e Debord fossero morti appena nati. La non-analisi della struttura in cui il Capitale ci ingabbia e di cui sorveglianza e punizione rappresentano solo sotto-divisioni, spinge Costanzo, che davvero potrebbe anche essere il figlio della DeFillipica, a dirigere il film sbagliato per antonomasia. Una pellicola che fa male, nel pratico e nell'animo.
Immaginatevi Lanthimos, o Von Trier, o un Larraìn, prodigarsi in cotanta illusoria rappresentazione. Non sarebbero soli, anzi, apparterrebbero proprio ai tempi in cui la sorella di un ragazzo ammazzato in galera decide lucidamente di partecipare e contribuire alla precaria tenuta in piedi di quello stesso Stato che gli ha distrutto la vita.
(depa)
ps: il film sarebbe anche ben fatto.
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