Bluff di vita

Quella ormai trapassata, l'ho scritto, è stata una domenica di molteplici visioni, tra cui una che può definirsi Cult (e "vincitore di 7 premi Oscar"). "La stangata", del 1973, di George Roy Hill. Meccanismo perfetto, coppia d'enterteiner d'eccellenza, il regista di Minneapolis sbancò nuovamente botteghino, premi e memoria.
"Universal Pictures" come un coro da stadio in un comico saloon e ritrovo Hill tra i due con cui, quattro anni prima, immortalò un'amicizia "tra polvere e dinamite". Oggi siamo a Chicago, nel settembre 1936. Tra chi se la passa male, c'è chi se la spassa benissimo. Ma un piccolo imprevisto e, a New York, s'incazzano. Robert Redford nato per il dandy del sottosuolo Johnny Hooker, che si dà alla macchia, ma per cercare (e caricare) un'arma nuova. Molti più di cinquantatré, Paul Newman "è il migliore al mondo" ("Il grande Henry Gondorff..."). Scenografia barocca al ragtime (Oscar), costumi ad altezza epoca (altro Oscar) e una sceneggiatura accuratamente montata (aggiungi due Oscar).
C'è "La preparazione", ma come uscirne? Con Doyle Lonnegan di "Five Points" alle calcagna (Robert Shaw all'apice). Urgono truffatori, astuti attori per "grossi bidoni" (per chi "non sarebbe in grado di ucciderlo"). Boss coi contatti a Washington (nomen-omen-amen), ma baro a poker (100$ minima), ecco il cavallo di Troia. Controffensiva. "Faccia da cavallo", "Faina"...tutti uniti nel numero del Telegrafo, per il compare Luther! ("Un ricco non si fiderebbe mai di un nero"). "L'amo", con "Canneghan" "imbestialito"! Quindi "L'esca", poi "La trappola" ("fai schifo sbirro"). Con uno dei coup de théâtre, se non imprevedibili, più indimenticabili, sì! Gratia diavoli Paolo e Roberto.
(depa)

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