Una pistola per due

Da un messaggino di Marigrade soffia un nome nuovo, pel 'Rofum, del cinema giapponese. Essendo già lì, ha approfittato. Da Hiroshima a Kitakyūshū, scampata per un cumulo, è un battito. Come "Un'ossessione" ("Tsumetai chi", 1997), del recentemente scomparso Shinji Ayoyama (1964-2022), da uno shock fortuito che può far deragliare certezze e stereotipi.
Scritto, montato e "musicato" (anche) dallo stesso Aoyama, con protagonista la celebrità Ryo Ishibashi (1956), mostra nell'incipit la "mano" del regista della Fukuoka. Atmosfera estraniante, scorrono tute bianche armate, Sasuki, detective macho individualista, verrà travolto con le sue convinzioni. "Ricominciare da capo". Assillo morbosa, come il rimorso di uno sbirro. Un dolore (la morte) che spinge a "vivere e uccidere", "uccidere per amare" (al matrimonio con la morte ci si abitua). Tra muri di vuoto e uno smarrimento che tocca la follia, si giunge al marzo 1997: al presente. Regia rude ed elegante, scrittura letteraria, in un poliziesco nero-giallo, da api senza fiori.
(depa)

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