Tutti a bere criticamente, domenica pomeriggio, tra una scatola e l'altra, ho preferito passarla con Sydney Pollack. Il regista mi ha circondato di rum, donne e tavoli da poker. "Havana", del 1990, è un romanzo d'amore al centro, con la rivoluzione cubana attorno. Bildungromance d'un americano. Giocatore, donnaiolo, fancazzista come tanti, Robert Redford vedrà l'amore e oltre attraverso gli occhi di un sentimento di giustizia inesprimibile.
Dalla "Universal Pictures", "un dramma classico", una "vicenda sentimentale e impegnata" esemplare della filmografia dell'autore di Lafayette. Immediata atmosfera esotica. Pearl Harbour è un ricordo. Nel 1958 il centro è a La Avana. Robert Redford camicia rossa è Jack Weil, il ras, tra carte e dittatura. Con Tomas Milian e Mark Rydell, il consueto Pollack: sinuoso, coreografico, rombante (le musiche di Dave Grusin). La SIM, la gestapo di Batista e Beny Moré nei bar della vera Havana.
"Mi piacciono i western, non so che senso possano avere, ma...", nel Casino irrompe La Revoluciòn. "Anche la sua vita è politica". Una svedese con un passato (non così fuori dal comune, in epoche vive). Dalla Svezia al Messico, per la California (fan della Garbo e di Taylor), sino a Cuba, pel cuore nei pressi di Santa Clara. "Se solo riuscissi a capire perché [è andata a combattere]". "Sono affari loro". Come il riccio, Jack. Baci alla nicotina e insaponamenti tra i combattenti, sognando La California. Ecco cosa vuole Jack! Bellissima e bravissima Lena Olin, nomination all'Oscar, nella pasionaria che voleva "essere semplice, onesta, se stessa". Ma ormai è il 1959. E' finita. Il popolo è insorto. Il potere è caduto. Per alcuni "E' necessario tanto tempo", per altri no.
(depa)
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