Dopo la quasi recente lettura del libro di Ferrario su R.W.F., come avrei potuto lasciarmi sfuggire la proposta di "Iris" (il canale), per il "Ciclo grandi avventure", "Il ribelle d'Irlanda" (1955), diretto dal regista ritenuto principale ispiratore del mitico regista tedesco? Trattasi di Douglas Sirk (1897-1987) che, come spesso m'accade al primo incontro, conosco per un sentiero laterale. Ma è splendido e avventuroso quello che affaccia sulla lotta per la liberazione.
Pedine-ine
Finalmente conclusa questa gincana dedicata a Ridley Scott. Lasciate sbollire le sale, all'"America" in compagnia di Gianna e del Prof.: per mettere all'esame storico l'autore inglese? Per nulla. Consapevoli del suo cinema che attraversa la "storia monumentale", cogliendone e amplificandone lo spettacolo, per goderci il suo ultimo kolossal, che "è grandioso!", come ciascuno può esclamare. Dove l'eroe si gode la parabola, prima di appassire sul piatto terreno. "Napoleon".
Libertà dai tribunali
Devo anche concludere con la mini-rassegna di "Mondovisioni 2023", che propone alcuni documentari sponsorizzati e distribuiti dalla rivista Internazionale. Area progressista, quindi, democraticamente impelagata in stagnanti diritti, che restano rapporti di forza non da pretendere, ma da distruggere. Si finisce nella paradossale isteria di un tribunale occidentale, colonialista, che giudica un genocida, una pedina attiva di un massacro, per poi allestire lo spettacolo del recupero, di sé. Carnefici coscienziosi. "Theatre of violence" del polacco Lukasz Konopa e del danese Emil Langballe.
Nel mezzo
Questo è stato anche l'anno del ritorno di Kennet Charles Loach, Ken per tutti. Il regista inglese dalla parte degli ultimi che non saranno i primi, perché non sono beati, ha realizzato "The Old Oak". Sotto la semplicità dei grandi autori (tre i maestri nelle sale), si nasconde una limpida maturità. "Terza marcia" che, preciso, apprezzo, ché adoro andare piano (in auto), consona a riflessioni cocenti e approfondite.
Ora te le suono
A questo punto chiudiamo la trilogia de "Il Cavaliere Oscuro" di Christopher Nolan. "Il ritorno" è il sottotitolo dell'ultimo episodio. Ricordate? Il demone buono alato, interpretato, e diciamolo!, da Christian Bale convincente, statico alienato come sempre, era finito ostracizzato. Ma Rocky dalle ali nere tornerà per lottare contro il Drago di turno, invero cazzuto oltremodo.
Arrivar dove?
Prima di concludere il 2023, vorrei recuperare qualche metro di celluloide persa lungo il tragitto. Tra cui una curiosa commedia sentimentale nostrana, con la stessa passione che attanaglia bramanti e frustrati di cuore e d'onore. "Mio dio, come sono caduta in basso!", di Luigi Comencini, è l'esclamazione di una nazione, posta anche a chi ha contribuito a tal umiliazione.
Uomo Limite
Non ho resistito all'idea di sgrassare, al photo-finish annuale, un po' della filmografia di Christopher Nolan. Il TV propone il tour de force della trilogia dedicata all'eroe pipistrello della DC Comics, quindi avanti con "Il cavaliere oscuro". Le stesse impressioni di quando, con Elena, lo vedemmo all'uscita nelle sale, nel 2008. Sfavillante e profondo; nella splendida cornice dark, i crucci amletici di un buono cattivo.
Fuga A/R
Ultimo botto. Mentre sul piccolo schermo impazza "Sissy", mi imbatto in Romy Schneider trentacinquenne, splendida e ferita, diretta da un regista poco noto ma che, in "Noi due senza domani" (t.o. "Le train", 1973), mostrò ottime capacità e sensibilità: il parigino Pierre Granier-Deferre (1927-2007) sfruttò a pieno la superba coppia di protagonisti, immergendoli nell'ancor vivo dolore dell'occupazione tedesca.
Io c'ho rabbia!
Febbricitante in sala Negri, mi affido al TV che propone un fumetto d'autore, trasposto da un altro, con l'eroe così incazzato da avere seri dubbi sull'origine della propria rabbia. E chi se non Christopher Nolan, "il regista di drammi centrati su personaggi" crucciati, "antieroi", poteva cimentarsi in "Batman begins"? Pretese misurate, il film del 2005 fa il suo, intrattenendo spettacolarmente col romanzo di formazione di un Uomo Pipistrello.
Strofinar la fantasia
Ancora una volta la TV mi fa recuperare un Mario Bava da co-re-gi-a. Chicca colorata e zuccherina per i conoscitori del regista ligure, "Le meraviglie di Aladino", del 1961, permette anche di entrare nel 'Rofum ad Henry Levin (1909-1980). Regista del New Jersey specializzato in commedie e avventure, sapeva circondarsi di tecnici che reggessero le fantasie proposte...
Altri sonante
Paul Schrader come Paganini. Con Elena, ci siamo fiondati a vedere il suo ultimo lavoro, alla ricerca di rigorosa eleganza e disperata ossessione. Abbiamo ritrovato la prima, nella seconda un'artificiosa costruzione. Parecchio vuoto, piuttosto, che stritola chi indossa, e ahimè chi racconta, svastiche, SS e altri simboli privi di vita. Senza sesso né violenza, una presunzione che si zittisce da sé. "Il maestro giardiniere" sfoggia una scatola sopraffina, con fiocco e tutto. Poi apri e aspetti.
Disfida in sfiga
Professionista delle commedie e dei comici, Pasquale Festa Campanile (1927-1986) dimostrava di ottenere il massimo dai caratteristi che la scena italiana offriva. "Il soldato di ventura", del 1976, mostra le capacità del regista di Melfi, con una storia che una volta guardata, si scorda difficilmente. S'apra il sipario sul condottiero Ettore Fieramosca da Capua (1476-1515): che ridere le buffe ricostruzioni di una caricaturale Italia del passato, tra meschinità latenti e dignità da salvare.
Il Capital puzzle
Torna Michael Haneke al Cinerofum. Una firma che mancava da dieci anni. E con cui ci confronteremo spesso, a legger "Foglio". Il regista austriaco è stato distribuito anche dall'"Anonima Santa Brigida", sempre attenta nei suggerimenti: "Storie" (t.o. "Code inconnu - Récit incomplet de divers voyages") è quasi un capolavoro, per spietata eleganza e fresca originalità. Deve aver fatto scuola, "magari superato!" (come dice Elena mai convinta), questo freddo dramma sull'incomunicabilità dell'uomo.
Sbanda cuore
Semplicemente e magistralmente Woody Allen. L'ottantottenne newyorkese, re della commedia divertente, torna nelle sale con la vivacità di un ragazzino stupito e la maestria dell'artista scafato. Il caso, le coincidenze, quella consunta probabilità su biliardi di venire al mondo, sempre percepita dal regista come un dono inestimabile, continuano ad affascinarlo. "Un colpo di fortuna" per noi.
Ragion d'affari
Volenti e nolenti, ci troviamo spesso lì. Nel cuore del cinema hollywoodiano, senza menate (l. scrupoli), di fine millennio. Coi fratelli inglesi Scott, per esempio. Ieri col minore, Tony, quello dei "gialli raffinati e drammi d'azione" e "dalla fotografia patinata" che, nel 2001, sfruttò il consueto "alto budget" per addentrarsi nei giochi omicidi dei servizi segreti: "Spy game".
Disumana mente
Più di un anno che non vedevamo Werner Herzog. Grazie ai DVD apocrifi della Santissima Brigida, abbiamo scoperto che anche il regista di "storie di uomini alla mercé delle forze della natura; quindi sull'arroganza dell''uomo" non è rimasto immune dagli affabulanti eroismi bellici. Prigionia e fuga in "Rescue dawn", del 2006, con l'assurdo della guerra, e il suo portato di morte, che prova a truccarsi, ma alla grande, coi segni della lotta per la vita.
Allestire è morire
Due anni più giovane del collega venuto da Emden, ma scomparso alla stessa età, anche Joel Schumacher è regista che non dà preoccupazioni ad investitori per produzioni che non stiano lì a pensarvi troppo. Vedere per credere "Bad Company" (s.it. "Protocollo Praga"), spy commedy con Anthony Hopkins che ci prova, sfoderando la sempiterna maschera del venerando tenebroso, svezzando pure il cabarettista Chris Rock. Ma l'intreccio si perde tra le immagini luccicanti.
L'amore è inverso
Domenica post festas, vengono in soccorso onde di leggera pellicola, coi registi che debbono molto alla TV. Come Wolfgang Petersen (1941-2022), il "regista di film d'azione pieni di star e di gialli colmi di suspense dall'alto budget e dagli abbondanti effetti speciali" che, nel 1991, ne realizzò uno dallo schema elaborato e, tutto sommato, riuscito. "Prova schiacciante" (t.o. "Shuttered") è un thriller identitario, intricato ed elegante: il regista tedesco metteva a proprio agio spettatori e produttori.
"Sebben donne..."
Febbricciattole e sviste postmoderne han fatto sì che Ridley Scott restasse con noi. Col suo film più amato, a tenere calda, con immagini e passioni vivide, la nostra vicinanza. "Thelma & Louise" va oltre gli Ottanta (è del 1991), pronunciando le parole più scarne delle disilluse dell'epoca, suicidi sorridenti all'assalto frontale, "di fronte a tanta M".
Miss Celie
Con Elena travolti dal cinema americano di fine XX° Secolo. Dall'anno 1985, dopo i grandi i piccoli, gli schermi sono stati ripetutamente coperti da "Il colore viola". Film drammatico senza pudore, che il patriarcato non ne ha, né lo merita. Anche in questo di Steven Spielberg, come nell'ultimo Scorsese, il razzismo viene dopo, innestato in valori di dominio e prevaricazione già ampiamente istituzionalizzati. L'emancipazione di ciascuno passa dalla propria lotta.
Agli amici!
Tempo addietro, la TV mi diede una mano a stringere sulla filmografia del "nostro" Pietro Germi. Per il 'Rofum, un regista amico. Nel 1968, il genovese scrisse e diresse una commedia popolare con la consueta sensibilità, immediata. Sulla gloriosa strada dei Comencini, Scola e...Castellani: "Serafino". Senza dimenticare i sassolini.
Ricchezze di Dio
Avanti con Ridley Scott. Con Elena immersa nel suo personale corso di Storia, una particolare pellicola insisteva nello Studio Negri: "Le crociate" (t.o "Kingdom of Heaven"), del 2005, è un kolossal concepito, diretto e interpretato solennemente. Come un turbine di violenza, la storia attraversa valli e deserti, lasciandosi dietro miserabili eroismi, bieche leggende.
Esercitati
Avanti con Clint Eastwood. Tra i suoi film probabilmente dimenticati, ma inamovibili dalla filmografia del californiano, monumenti di una vena artistica mai percorsa. "La recluta", del 1990: sbirro scafato incattivito, novellino figlio d'arte da svezzare. Ecco quale scadente celluloide tocca attraversare...
Reyhaneh Jabbari VIVE
In coda per un film. Uno sguardo al monitor della programmazione può condurre, nel giro di pochi gg, alla stessa fila, per altro film. In questo caso, il "Sivori" ci ha convinti con la consueta mini-rassegna "Mondovisioni - I documentari di Internazionale" (ed. 2022-23). "Seven winters in Tehran", della tedesca classe 1981 Steffi Niederzoll, è testimonianza di denuncia sulle condizioni in cui versano le donne iraniane. Quando Stato e Tradizioni stringono il patto di morte, per gli spiriti liberi non v'è salvezza, che non sia lotta.
Strumentale
Ripartiamo da quando, con Elena e Marigrade, entrammo all'ombra dell'ultima Palma. D'Oro, assegnata al Justine Triet, normanna del 1978 al 4° lungometraggio. "Anatomia di una caduta" parla di questo, di un'indagine psicologica, ancor prima che giudiziaria, che esuli dal dogma romano di dimostrare di non aver commesso, ponendo sul letto operatorio la persona.
O uno, o l'altro
Con Marigrade a inseguire i compagni di sala più scattanti, recuperando l'ultimo film di Martin Scorsese, fieramente nella parabola anagrafica a coefficiente negativo. "Il Regista" prosegue lungo la storia di violenza con cui Civiltà e Progresso si sono imposti. Marcia di denuncia rintracciabile nella sua lunga filmografia. Spesso minoranze, qui cortocircuitate dall'Oro Nero dei loro oppressori, o dal ragionamento bianco, che prende piede (e terreni). Forma della mente che non le lascerà scampo: "Killer of the flower moon".
Alex Bella Tenacia
Tre giorni fa, altro martedì di "Post modern", nel cinema americano degli anni '80 (del XX° secolo). Con Elena al "Sivori" per capire quanto provocatorio fosse stato il "capolavoro" pronunciato dal curatore apropos "Flashdance". Pellicola cult del 1983, patinata come i primi videoclip, se non un'opera d'arte, s'è dimostrata solida e coinvolgente, grazie alla scrittura, nonostante gli scrosci d'acqua (e sudore) su cosce scapole e altri contorni, più asciutta e attenta di quanto appaia. Entri nel 'Rofum il regista e produttore inglese, classe 1941, Andrew Lyne, al cui smaccato mestiere non si può rimproverare di essere solo colonna sonora (anche se mitica).
Guaio vero
Con un ruolino di marcia particolare, avanziamo lungo il Cinema tutto, compreso quello italiano, ritrovandoci accampati nel 2001. Anno in cui Ermanno Olmi pose al servizio della storia il suo cinema realista e popolare, dall'atmosfera di autentiche nebbie e cupe polveri. Da sparo, quando il soldato incontrò cannoni e nazioni. "Il mestiere delle armi".
Svolta per piacere
Da un'email del Prof, la segnalazione che il "DIRAAS" dell'Università di Genova ha in programma il ciclo "Post Modern" dedicato al "Cinema Americano Anni Ottanta". Con Elena siamo già lì, in coda al "Sivori", perché la visione si prefigura a tutti gli effetti lezione del corso di "Analisi del film": con "Vestito per uccidere", del 1980, Brian De Palma insegnò a girare, col cipiglio suadente e dispettoso di un autentico discepolo di Sir Suspense, "Hitch".
Quartiere sparito
Tra i "Da non perdere" che la nostra "Bibbia" elenca di Barry Levinson non compare il film "Avalon", del 1990. Eppure il titolo è esemplare della linea artistica del regista del Maryland. Temi semi-autobiografici, spesso ambientati nella nativa Baltimora, drammi intimistici con attenzione all'effetto rigoroso delle immagini. Ottima pellicola.
Valori in cassaforte
Terza serata che abbiamo trascorso con Joel Schumacher. Il regista newyorkese ribadisce un suo vizietto, quello di approntare pellicole, nonostante o proprio a causa di soggetto e cast sommari e squilibrati, cestinate poi all'home video: una foga che non rende. "Trespass", del 2011, il testamento che Schumacher ci ha lasciato: col mestiere si può puntare al salario minimissimo.
Il coraggio della pistola
A due mesi dalla scomparsa di Giuliano Montaldo, il Cinerofum ha tributato una serata al regista genovese quasi sempre "impegnato". Attenzione al sociale ed alle sue derive, nel 1979 sondò gli effetti psicomagnetici delle armi. "Il giocattolo" non è tale, ma può dare alla testa come le prime (e ultime) esperienze.
Lili dutch
Grazie al ciclo "Il lunedì è sempre un dramma" presentato dal canale "Cielo", l'occasione per approfondire la multiforme filmografia di Paul Verhoeven. Successone in patria nel 2006, colla resistenza antinazista olandese ripercorsa in chiave rosa, "Black book" è emblematico della cifra da moitié auteur del regista di Amsterdam. Hollywood lascia solchi indelebili.
Worst Glam
Mai seguire consigli sputati dopo rossesi e ormeaschi. D'altro canto Ridley Scott ha trafitto parecchi cuori inconsapevoli e torna ciclicamente con titoli roboanti, imperiali, nelle sale. Vale la pena ricercare donde nasca tanta fedeltà. Ma non cominciate da "Black rain" (s.i. "Pioggia sporca", 1989), action movie senza passione, ché rischiereste di cestinare senza indugio la cartella del regista inglese. Il peggio del cinema americano di quegli anni grezzi e trastullanti.
Venditrici di cavallette
Con qualche salto lungo il, comunque ricco, percorso del cinema Sud Coreano, grazie a "Foglio" con Elena ci siamo imbattuti in So Yong Kim, autrice indipendente di Busan, classe 1968, recentemente dedita alle più remunerative serie TV. Al secondo lungometraggio, nel 2008, girò un'intensa pellicola sulla sfera infantile. Affettuosa ode all'età delle mute osservazioni, dei primi tentativi. Angoscianti i balzelli, su di una "Montagna senza alberi".
Guerra seria
Inerpicato sulla filmografia di Spike Lee, più sfiancante del previsto, giungo causa TV alla miliare del 2007, quando "Miracolo a Sant'Anna" condusse il regista newyorkese, con tutta la sua troupe e idea di cinema, in terra lucchese. Spettacolare melò bellico, con lo sfondo dell'eccidio nazista di Stazzema (12 agosto 1944), dove gli afroamericani mandati a morire trovarono i modi per raccontarsela.
Standing For
Qualche sera fa, tra i due fratelli Scott abbiamo scelto Ridley. Vuoi perché tra i due inglesi c'è un quid che separa le rispettive, non rispettabilissime, filmografie; vuoi perché la storia che il "maggiore" racconta questa volta, non viene dallo spazio, né dalla guerra, ma in paraggi tutti nostri. Dove la brama di ricchezza e fama travolge senno e dignità. Ridley Scott nel 2021 ha diretto "House of Gucci", speditamente ché lo spettacolo, ridicolo e impietoso, stava già lì.
Fede contro Amore
A conclusione della triplice serata trascorsa con Éric Rohmer, questi ha eluso con eleganza l'ultima mia questione, compiendo un salto nella letteratura (francese seicentesca): "Gli amori di Astrea e Céladon", del 2007. Dopo generazioni di fisime sessuali, più borghesi che platoniche, la poesia del tempo sospeso e incontaminato. Ancor d'amor si può parlar.
Vivere così
Il ciclo dedicato a Sidney Lumet si è concluso con "Sono affari di famiglia". Pellicola del 1989, tra le più note del regista americano, grazie a cast e soggetto dall'appeal garantito, mostra le approssimazioni della foggia (sceneggiatura e non solo) affrettata, di rapido consumo. Commedia disimpegnata, non il luogo dell'autore mosso da ben altri stimoli.
Capri Respiratori
Poi la Elena legge cosa danno in televisione e dice "peplum", o qualcosa di simile, seguito da "Raoul Walsh" e "Mario Bava". Il newyorkese bendato, nel 1960, diresse una pellicola storica ambientata ai tempi di Assuero aspirante sfidante d'un tale della Macedonia. Tra le luci del sapiente direttore ligure, gli intrighi politici e amorosi di ogni corte: "Ester e il re", l'intolleranza della Civiltà ha una storia lunga quanto la sua.
Eroi Musei
Una nuova conoscenza per il Cinerofum. Stringo la mano a John Frankenheimer, newyorkese sulla terra dal 1930 al 2002. "Il treno", del 1964, è un film bellico di produzione franco-americana per rimandare a casa, con eleganza, nazisti ladri e assassini.
Stressa Lotta
Ho ancora dei Sidney Lumet in canna. Il penultimo, sul DVD dedicato al regista più politico e sociale di Hollywood, proponeva "Vivere in fuga" (t.o. "Running on Empty"), del 1988. Quando la lotta non gira a vuoto ha conseguenze su famiglia e affetti: sì può rallentare e dipingere una parete di rosa.
Colpa del senso
Cinque anni dopo la sua ultima apparizione, Nanni Moretti riesce a reinfilarsi nel Cinerofum. Ce la fa causa gratia "Foglio", che adora poggiare sugli intrecci delle Palme d'Oro. Quella del 2001, "La stanza del figlio", viene considerata la pellicola della maturità del regista-attore di Brunico. Senescenza, piuttosto, quando il cipiglio della sferzante ironia sul presente cede il passo all'elaborazione del tutto. Filmettino su apparenze e buoni sentimenti, cantare assieme come palliativo (artistico?).
Maschere civili
Saltellando sul sentiero del cinema americano indicatoci da "Foglio", con Elena, abbiamo riaccolto nello "Studio Negri" Nicholas Ray. Siamo giunti al 1950, quando "Il diritto di uccidere" (t.o. "In a lonely place") impresse un agghiacciante sguardo nero sulle ipocrisie e devianze della civiltà a regime patriarcale. Uomini contro le donne, ed altri uomini.
Adios Macho
Dopo la "buona la prima" (con riscontri pure dalla Giamaica) e la seconda disfatta (...), la rassegna in piazza della Stampa "Al secondo sguardo - La società, la violenza, le donne" ha chiuso cogli sfavillanti, sporchi e vivi, colori di Pedro Almodóvar. "Che ho fatto per meritare questo?", del 1984. Altro gesto di violenza/giustizia da parte d'una donna oppressa, "stavolta risolutore", consegna il cinema autenticamente popolare, politico, gioiosamente vendicativo del regista madrileno. Irraggiunto nei decenni successivi.
Pelo bruciato
Ma, sì, diamoci dentro con un sanomasochismo cinematografico: guardiamo i film di Ron Howard. Dove lo stereotipo al servizio dell'intrattenimento racconta storie che rimangono abbozzi da non portarsi a casa. Il titolo italiano, "Fuoco assassino" (1991, t.o. "Backdraft"), (am)mette in tavola il piatto encefalogramma del regista e il contorno OGM di Hollywood.
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