Strumentale

Ripartiamo da quando, con Elena e Marigrade, entrammo all'ombra dell'ultima Palma. D'Oro, assegnata al Justine Triet, normanna del 1978 al 4° lungometraggio. "Anatomia di una caduta" parla di questo, di un'indagine psicologica, ancor prima che giudiziaria, che esuli dal dogma romano di dimostrare di non aver commesso, ponendo sul letto operatorio la persona.Un incipit folgorante potrebbe non bastare a reggere le successive ore di legal movie se non vi fosse un punto di vista differente. La regista sta vicina alla complessità della donna (la stessa dell'uomo, ma subalternamente). Proseguendo lungo il sentiero tracciato dalla cinematografia che osserva il solco tra sistema giudiziario e individuo. La distanza tra ogni potere e l'uomo. Formine inadatte fatte passare a suon di martellate, che annichiliscono e smembrano. Altro che alcol e sesso. Sarebbero una festa. Ad ogni modo, Triet allestisce un thriller psicologico asciutto, senza scivolare sul ghiaccio dei pietismi, anzi trovandosi dinanzi, toh! chi si rivede!, i sempiterni danni del potere in tutte le sue forme (patriarcale, giudiziario, informativo), plasmabili queste sì, e spinte co disinvoltura da meschini e loschi individui nelle vite degli altri.
Indimenticabile lo scambio: "...basato su un pezzaccio di 50C e Snoop...testo sessista e maschilista", impugna il pubblico ministero. "Ma è strumentale..." controbatte  la sconsolata avvocatessa. Perché, dicevo, strumentale è il sistema matrimoniale; strumentale e assordante è il sistema giudiziario ; strumentale e oppressivo è il sistema economico.
Sulla ormai affermata Sandra Hüller, colla sua glaciale maschera, poggia buona parte della pellicola, cui la tedesca dà la profondità necessaria. Un po' insistito, rimane un film elegante quanto incisivo.
(depa)

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