Lili dutch

Grazie al ciclo "Il lunedì è sempre un dramma" presentato dal canale "Cielo", l'occasione per approfondire la multiforme filmografia di Paul Verhoeven. Successone in patria nel 2006, colla resistenza antinazista olandese ripercorsa in chiave rosa, "Black book" è emblematico della cifra da moitié auteur del regista di Amsterdam. Hollywood lascia solchi indelebili.
1956, Israele, un pullman turistico discende verso un kibbutz...ricapitoliamo...1944, Olanda. In fuga dalla persecuzioni crucche. Costumi, fotografia, ogni cosa come il remunerativo cinema americano insegna.
Depravazione nazi. La bellezza classe 1976 di Carice van Houten ispira scoppi repentini.  Perché il Müntze del romano Luca di non conferma l'ordine di esecuzione? Perché con Verhoeven la m.d.p. corre, la testa non troppo.
Nell'apprezzabile quanto scontato soggetto, scritto dal regista con Gerard Soeteman, le svolte della vita. Della guerra e della folla. Il caso e le apparenze possono infondere "paura della liberazione". A rotta di collo, in direzione illogica, i nazisti finiranno il carburante. In guerra, i piccoli diventano grandi e i grandi son fatti fuori. Filmetto coi suoi crismi per un'appassionata Marlene dei mulini a vento.
(depa)

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