Pelo bruciato

Ma, sì, diamoci dentro con un sanomasochismo cinematografico: guardiamo i film di Ron Howard. Dove lo stereotipo al servizio dell'intrattenimento racconta storie che rimangono abbozzi da non portarsi a casa. Il titolo italiano, "Fuoco assassino" (1991, t.o. "Backdraft"), (am)mette in tavola il piatto encefalogramma del regista e il contorno OGM di Hollywood. 
I pompieri col loro spirito di corpo, pure gli hippy li salutano, palesando non solo la loro miope visione, quanto quella del regista degli "Happy Days". Giornalisti famelici voyeuristi, detto dal più appiccicaticcio dei cineasti, con le sue fastidiose musiche, risolutive o celebrative. Forse il peggiore alla prova del rallenti.
Il dramma è scritto con attenzione, tutti appaiono al momento giusto, col cipiglio corretto. Ultimi apprezzabili fugaci De Niro. Notevole il piromane di Donald Sutherland. Ma poveri "mangiafumo", tinteggiati col celodurismo del "fottuto tenente Bull" di Kurt Douglas ("oggi saranno cazzi acidi!", "si balla!", ma tenero dentro "Io e Shawn potremmo farci cullare dalle onde"). Oltre ai consueti tagli ai fondi, devono sorbirsi il Brian portasfiga. Spettacolarissimo (pirotecnico) sino al finale, strappalacrime (defibrillatore, parata e funerale), quando tutta la retorica di cui è intriso il cinema di Howard può esplodere assieme ai bidoni infiammabili.
(depa)

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